Kindertransport, il programma che ha salvato migliaia di bambini

Come circa 10mila bambini sono stati allontanati e salvati dalla furia nazista alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale

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Virginia Leoni

Giornalista e Lifestyle Editor

Nata nel 1981, giornalista, ufficio stampa e socia di una casa editrice, ha trasformato la sua passione in lavoro. Ama scrivere, leggere e raccontare.

Ci sono momenti capaci di cambiare per sempre la vita delle persone. Ogni esistenza, se ci pensiamo bene, è costellata da alcuni di quegli attimi.

E poi ci sono i fatti storici, eventi che fanno da spartiacque tra un prima e un dopo, momenti che la vita l’hanno cambiata a moltissime persone contemporaneamente. Proprio come ha fatto un’intuizione, che si è trasformata in un progetto in grado di salvare tantissime vite, durante uno dei periodi più bui della storia dell’umanità.

Per parlare del Kindertransport, il programma che ha salvato migliaia di bambini prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, bisogna fare un deciso passo indietro nel tempo e, più precisamente, a quella che viene ricordata sui libri di storia come la “notte dei cristalli”. Collocata a cavallo tra il 9 e il 10 novembre del 1938, è nota perché è stata la prima sommossa (pogrom) contro gli ebrei da parte del Terzo Reich.

Quel momento, di grande dolore e violenza, ha dato vita a un progetto che è stato capace di salvare migliaia di bambini ebrei, grazie ai Kindertransport, veri e propri treni che li hanno portati in salvo, lontani, dall’altra parte del mare. Allontanati dalle famiglie e dagli affetti, ma anche dalle feroci tensioni che erano solo il preludio dei tragici fatti che hanno segnato la Seconda Guerra Mondiale e sconvolto per sempre la storia dell’umanità intera.

Kindertransport, come è nata l’idea e come sono stati salvati i bambini

Faceva paura quello che stava accadendo nel continente, poco prima dell’inizio della Seconda Guerra Mondiale. I venti di odio e di conflitto, le violenze e le tensioni stavano crescendo in maniera esponenziale. E non stupisce che sia stato proprio all’indomani di uno dei momenti più bui, che hanno fatto da preludio alla guerra, che è nata l’idea di mettere in salvo i bambini.

Nello specifico dopo la “notte dei cristalli”, quando era andata in scena – tra il 9 e il 10 novembre – una violenta ondata di sommosse antisemite, che aveva portato anche al rastrellamento di circa 30mila uomini ebrei successivamente deportati nei campi di concentramento.

Già il 15 novembre del 1938, infatti, era stata presentata richiesta al primo Ministro del Regno Unito affinché venissero presi dei provvedimenti, nello specifico quello di dare vita a un progetto per soccorrere i più giovani. Detto fatto: già il 18 novembre era stato approvato il programma e messa in moto la macchina umanitaria.

Nelle prime fasi si era cercato di trovare subito una famiglia affidataria a ogni bambino, a tal proposito era stato lanciato anche un appello tramite la BBC, e veniva predisposto il versamento di una somma a garanzia di un ritorno a casa futuro. Per rendere operativa l’idea era stato costituito un coordinamento di volontari che aveva il nome di RCM, ovvero Movimento Bambini Rifugiati.

Se in Inghilterra si lavorava senza sosta, lo stesso veniva fatto anche nei paesi di partenza dove venivano individuati i minori a volte orfani, ma spesso anche con famiglie di varie estrazioni sociali. Il viaggio era lungo e prevedeva alcune tappe: la prima nei Paesi Bassi, dove arrivavano tramite dei treni che portavano fino a Hoek van Holland, da lì per mare fino alle coste inglesi e poi – nuovamente – in treno per raggiungere Liverpool Street, dove i bambini venivano consegnati alle famiglie a cui erano stati affidati.

Cosa potevano portare con sé

Se si pensa a quel periodo viene difficile pensare che un’operazione del genere potesse essere fatta senza tensioni o controlli. E infatti, nonostante il trasporto di bambini in Gran Bretagna fosse cosa nota, non mancavano le regole da seguire che erano state imposte da parte del regime nazista. A quanto pare, ad esempio, era vietato portare via con sé oggetti di valore. Inoltre, per ogni minore, era possibile avere una valigia, quello che oggi consideriamo un bagaglio a mano e 10 marchi.

Da dove arrivavano i bambini e le storie

Circa 10mila bambini, sono quelli che sono stati interessati da questo esodo di massa che si è ripetuto per diversi mesi e che li ha portati lontano dalla furia nazista. Se, inizialmente, partivano soprattutto da Germania e Austria, dove le tensioni si erano fatte feroci molto presto, poi si erano aggiunti altri paesi come Cecoslovacchia e Polonia.

Tra i volontari, che avevano partecipato alla realizzazione del progetto, come non citare Nicholas Winton che, a quanto pare sarebbe riuscito a salvare 669 bambini. Anni dopo (nel 2009 in occasione del suo centesimo compleanno) un treno con 22 delle persone che ha salvato è partito da Praga per rifare quel viaggio che gli ha cambiato la vita.

Ma non solo, è un video molto noto quello che lo ritrae in una trasmissione della BBC, datata 1988, mentre intorno a lui, alcuni degli ex bambini che ha salvato si alzano per applaudirlo. Nicholas Winton è morto nel 2015 a 106 anni ed è noto anche come lo Schindler britannico. La sua è una delle tante e preziose storie di coraggio e di salvezza, che il secondo conflitto mondiale ci ha lasciato e che è importante non dimenticare mai.

L’ultimo Kindertransport a partire è stato quello con a bordo un piccolo gruppo che è riuscito a salpare per la Gran Bretagna a maggio del 1940. Per tutti i bimbi i contatti con le famiglie sono stati possibili fino allo scoppio del conflitto diventando, in seguito, sempre più difficili. Così come sono stati difficili i ricongiungimenti, spesso impossibili, al termine della guerra.

Tante le storie che accompagnano queste fughe verso la salvezza, tanto coraggio, forza, ma anche dolore. Tanti di quei bambini, poi, sono diventati nomi noti nel panorama internazionale. Basta citarne due, su tutti, Walter Kohn e Arno Penzias, famosi entrambi per aver vinto il Premio Nobel.

Ma non mancano studiosi, registi e artisti. Come colui che ha realizzato delle statue che toccano il cuore nel profondo. A chi ripercorre alcune delle rotte di questi treni, infatti, non possono sfuggire le sculture che ritraggono i bambini in viaggio. Un viaggio doloroso, lontano dalla famiglia, dagli affetti, da tutto ciò che consideravano casa. Un viaggio intrapreso dopo un saluto ai propri cari che, in molti casi, è stato sì un addio, ma soprattutto una scelta che ha regalato una possibilità di vita.