L’adolescenza in quarantena

Come più volte ho detto, e anche scritto, oltre ad essere una giornalista, sono una mamma e una moglie

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Irene Vella

Giornalista televisiva

Scrive da sempre, raccogli emozioni e le trasforma in storie. Ha collaborato con ogni tipo di giornale. Ha fatto l'inviata per tutte le reti nazionali. È la giornalista che sussurra alle pasticcerie e alla primavera.

Come più volte ho detto, e anche scritto, oltre a essere una giornalista, sono una mamma e una moglie, e non una di quelle “se ami qualcuno davvero lascialo libero, se torna sarà tuo per sempre”, sono una maniaca del controllo. Cioè in teoria predico l’allontanamento “figliesco” quando torneremo alla normalità, mando mail per sperimentare il quarto anno del liceo all’estero di Gabriele (il secondogenito), prendo informazioni per quando Donatella (la primogenita che studia lingue orientali alla Ca’Foscari a Venezia) dovrà passare sei mesi in Giappone, dall’altro ringrazio (segretamente) il Covid19 per aver rimandato la loro fuga.

Certo è un’adolescenza fortunata, la loro, perché se è vero che sono costretti a casa, è anche vero che hanno a disposizione ogni genere di compagnia e distrazione, dalla tv allo smartphone, passando per il pc, ognuno dei nostri figli vive in un micromondo interrotto solo dagli appuntamenti per il sostentamento alimentare, almeno i miei. Il sedicenne che frequenta la seconda liceo scientifico gode di un sonno talmente profondo che la mattina per essere sicuri di averlo svegliato dobbiamo interrogarlo sui sistemi quantistici e fargli ripetere la terza declinazione latina, altrimenti riuscirà ad ingannarvi con il suo, sono sveglio sì sì, ora mi alzo, per poi ricadere tra le braccia di Morfeo quasi a ridosso della campanella virtuale. Il liceale ai tempi della quarantena non si veste, almeno il mio, quando può rimane in pigiama tutto il giorno se non ha l’obbligo della webcam, in caso contrario indossa una maglietta a maniche lunghe e al di sotto della cintura il pigiama di cui sopra, che ormai vive di vita propria.

Il maschio adolescente mangia una quantità indicibile ed indegna (per chi come la suddetta madre è a dieta), di cereali ripieni di cioccolato a colazione (rimanendo magro), il tutto inserendo il pilota automatico, che tu ci parli pensando ti stia ascoltando e invece sta dormendo con la bocca aperta continuando a trangugiare biscotti e latte.

La femmina ventenne scende più tardi per il primo pasto della giornata e l’unica cosa che richiede è l’assoluto e totale silenzio, almeno per i primi quindici minuti, facciamo venti, facciamo per tutta la mattina che “mamma tu hai un tono di voce troppo alto ed io ancora non mi sono svegliata”, ma dopotutto Donatella fa colazione con la camomilla (trovatemene un’altra) e io con i Metallica. Giochiamo per due campionati diversi.

E poi spariscono, che io dico vabbè guarda che cari studiano come se non ci fosse un domani, ma in realtà si faranno anche quello eh, ma la camera è il loro mondo, che anche io alla loro età per carità, ma mi avessero rinchiuso per quaranta giorni in una stanza mi sarei lesionata la qualunque pur di uscire, ma dopotutto io sono CRINGE.

La scoperta di questo sostantivo ha cambiato tutta la mia quarantena, in pratica mi domando, ma prima come facevamo? Di seguito vi esemplifico l’utilizzo di tale aggettivo. “Ragazzi che ne pensate di questo testo che ho scritto, vi piace?” “Mamma è cringe”, “Mamma ma ti rendi conto che scrivere sotto la foto ciao amica mia è cringe?”, “Mamma ti prego non mi venire più a prendere a scuola con il pigiama che poi se ne accorgono ed è troppo cringe.”

Oppure l’ultima volta in collegamento per la riunione con i professori mi stavo commuovendo in diretta e il maschio dal corridoio mi ha urlato “Mamma non piangere che è cringe”. Ho scoperto di essere CRINGE a mia insaputa, e se anche voi che state leggendo vi state chiedendo il significato – battete la mano sorelle! – probabilmente lo siete anche voi per i vostri figli, in breve tutto quello che può essere indicato come imbarazzante viene sostituito con l’epiteto Cringe, che è come INVORNITO per i Romagnoli.

Sta bene su tutto, in particolare sulle mamme. 

Durante il rituale del pranzo il “come è andata stamani” riceve la medesima risposta antecedente il Coronavirus “tutto ok” con mugugni e all’incalzare della domanda specifica la risposta dei puelli varia dal “mamma sono stanco”, al più secco ed efficace “mamma sei troppo cringe con le tue domande” che in pratica conclude la discussione (senza che fosse iniziata) e si passa ai loro discorsi, che posso sintetizzare così Oh ma hai visto che tizio ha killato Caio, in modalità pro, prima che il sito laggasse troppo e sono riuscito a scaricarmi le skill nuove” prima che entrambi si dileguino nelle loro stanze fino all’ora di cena. Momento di massima aggregazione dove per la gioia mia e del loro padre ci è dato giocare con loro con la Wii, io sono cintura nera di Le so tutte, ma sono costretta nel ruolo di tennista di doppio in Wii Sports, dove ancora non sono riuscita a vincere nemmeno un gioco, figuriamoci un set.

Dopotutto io sono cringe anche quando tengo il telecomando della consolle perché indosso il laccetto.

Ma è quando entrambi se ne vanno a letto che tornano ad essere di nuovo i miei bambini, quando nel sonno tiro su le coperte, li accarezzo e li guardo dormire e penso a quanto abbiano cambiato le loro abitudini senza farcelo pesare più di quanto. A quanta vita abbiano rinunciato in questi quasi due mesi, quanti abbracci, quanti baci. Donatella non vede il suo ragazzo, Leo, dal 28 febbraio, e non si è mai lamentata. Gabriele non sta con i suoi amici dal 7 marzo. Hanno imparato a videochiamarsi e a sostituire il contatto fisico con le facce sul pc. E forse per alcuni sarà poco, ma io riconosco a questa generazione di ragazzi una forza e uno spirito di adattamento eccezionale. Adesso smetto di scrivere e vado a commuovermi in pace.

Tanto sono cringe.