Non servono mezzi termini: il taglio a Report è un terremoto. Una scossa improvvisa che attraversa l’informazione televisiva italiana e che lascia senza parole i telespettatori più affezionati, oltre a chi crede nel ruolo critico del giornalismo d’inchiesta. A essere colpito non è infatti un programma qualsiasi, ma una delle colonne di Rai3, guidata con determinazione da Sigfrido Ranucci che non si è mai lasciato intimidire. Ed è proprio lui, a dare voce alla delusione che sta provando. Lo fa senza giri di parole, con l’onestà di chi scopre una decisione non comunicata, ma appresa per vie traverse “dalle agenzie”. “Non hanno avuto ancora il coraggio di comunicarmelo”, scrive sui social, come se l’affondo più doloroso non fosse il taglio in sé, ma il silenzio che lo ha preceduto.
I tagli della Rai, colpita anche Report
Lunedì 23 giugno, è DavideMaggio a dare la notizia. La Rai ha avviato una profonda ristrutturazione dei palinsesti per la stagione 2025-2026. Una manovra che, dietro la facciata di razionalizzazione, nasconde tagli che non possono passare inosservati. E non solo per chi viene colpito. Perché i nomi cancellati – o ridimensionati – non sono secondari. Si va infatti da Presadiretta di Riccardo Iacona a Lo Stato delle Cose di Massimo Giletti, da FarWest di Salvo Sottile fino a Petrolio, che sparisce del tutto.
E poi c’è Report. Non eliminato, ma ridotto, perché dalle 28 puntate canoniche a si passa a 24. Un mese in meno di trasmissione, che in tv significa molto. Una sforbiciata che, in un altro contesto, si potrebbe definire ordinaria. Ma qui, dove il bersaglio è un simbolo del giornalismo investigativo, appare come una scelta profondamente strategica.
Gli altri programmi cancellati dai palinsesti
Tra i programmi che lasciano la scena, quello che sorprende di più è Petrolio, il format di approfondimento curato da Duilio Giammaria. Nonostante l’identità forte e un seguito sempre stabile, è stato rimosso dai palinsesti senza appello. “Siamo rattristati”, ha dichiarato il conduttore. E non è il solo caso inspiegabile. A saltare è anche Agorà Weekend, che navigava con una media del 4% e picchi superiori al 6%. Numeri più che regolari, soprattutto nello scenario frammentato del fine settimana televisivo. La soglia del 3% è però quella che determina oggi la sopravvivenza, eppure la trasmissione – evidentemente colpevole solo di costare troppo o di essere fuori linea – viene sacrificata. Al suo posto dovrebbe allungarsi Mi manda Rai3.
Le bozze dei nuovi palinsesti Rai, consegnate ai consiglieri il 19 giugno e in via di approvazione definitiva il 27 a Napoli, parlano di rinnovamento. Ma sotto la superficie, si agitano scelte difficili da decifrare. Molti programmi chiudono, spesso contro ogni logica editoriale o di ascolti. E la linea della Rai sembra piegarsi non più alle esigenze del pubblico, ma a criteri che restano da capire.
L’Usigrai, sindacato interno dei giornalisti Rai, ha già avuto modo di esprimere “forte preoccupazione”. E non è solo una questione di contenuti ma si teme un progressivo impoverimento dell’offerta informativa, oltre a una marginalizzazione dei professionisti interni a vantaggio di figure esterne, scelte con logiche che ora appaiono lontane dalle intenzioni iniziali della tv di Stato. Nel frattempo, anche Enrico Mentana ha lasciato intendere un possibile addio al Tg di La7. Coincidenze, forse. Ma il clima che si respira nel mondo dell’informazione televisiva è di profonda instabilità.