I tatuaggi tornano al centro dell’attenzione, per i possibili rischi ai quali espongono chi scegli di ricorrervi. Questa volta, però, la possibilità di rendere più difficile il riconoscimento di nei maligni e melanomi non c’entra. Sotto la lente sono finite le possibili conseguenze dell’inchiostro utilizzato per i disegni e le scritte sulla pelle, che potrebbero migrare nel sistema linfatico, modificando la risposta immunitaria. A dirlo è il risultato di uno studio, coordinato da ricercatori svizzeri.
I tatuaggi e gli effetti sul sistema immunitario
La ricerca aveva come obiettivo di individuare possibili effetti negativi dei pigmenti utilizzati nei tatuaggi a livello immunitario. Nello specifico, la preoccupazione riguarda la possibile alterazione della risposta del sistema immunitario, a volta a contatto con gli inchiostri comunemente utilizzati per i tattoo. Questi, infatti, possono migrare dalla sede nella quale sono inoculati per raggiungere organi differenti rispetto alla sola pelle. In caso di circolazione nel sistema linfatico e di accumulo, si è visto che possono dare luogo a effetti tossici, specie nel lungo e medio periodo. I ricercatori hanno anche visto come i tatuaggi possono rendere meno efficaci i vaccini anti-Covid, proprio per i loro effetti sulle difese immunitarie.
Lo studio elvetico
Lo studio in questione, pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences o Pnas, è stato condotto da un team composto da esperti dell’Università della Svizzera italiana, in collaborazione con Università di Berna, l’Ospedale universitario di Regensburg in Baviera, il Centro di biologia dell’Accademia delle scienze della Repubblica Ceca, l’Agenzia internazionale per la Ricerca sul Cancro, l’Istituto cantonale di patologia di Locarno in Svizzera, il Laboratorio cantonale di Basilea e Hannover Medical School in Germania. “Nonostante le preoccupazioni per la sicurezza riguardo alla tossicità dell’inchiostro per tatuaggi, fino a oggi nessuno studio ha indagato le conseguenze del tatuaggio sulla risposta immunitaria. Con il nostro lavoro, abbiamo caratterizzato il trasporto e l’accumulo di diversi inchiostri per tatuaggi nel sistema linfatico, utilizzando un modello murino”, hanno spiegato gli autori dello studio riguardo agli obiettivi.
Gli effetti dei tatuaggi sui topi
Per verificare le conseguenze a livello immunitario dei pigmenti da tattoo, sono stati studiati alcuni topi ai quali è stato somministrato lo stesso tipo di inchiostro impiegato per i tatuaggi effettuati su uomini e donne. La ricerca ha mostrato come questi possono lasciare la sede dell’inoculo – fattore peraltro noto – per raggiungere i linfonodi e, una volta qui, causare un’infiammazione persistente. A sua volta questo può provocare una modifica nell’efficacia di vaccini come quello anti-Covid e antinfluenzale.
L’inchiostro non rimane inerte
L’inchiostro dei tatuaggi, dunque, anche quando soddisfa i criteri di qualità e sicurezza igienico-chimica, non rimane inerte sulla pelle. Come emerso dallo studio, infatti, può spostarsi anche in modo molto rapido tramite il sistema linfatico, raggiungendo i linfonodi, ossia quegli organi di piccole dimensioni, distribuiti in varie parti del corpo umano, che hanno la funzione di filtrare la linfa per eliminare batteri, virus e cellule anomale. Sono parte integrante del sistema immunitario e contengono al loro interno cellule come i linfociti B e T, e i macrofagi, che permettono di attivare il sistema immunitario. Il contatto con i pigmenti dei tatuaggi, secondo quanto emerso, possono alterarne il corretto funzionamento, riducendo la risposta delle difese immunitarie. In particolare nel campione di topi avrebbero reso meno efficace l’effetto di alcuni vaccini.
I pigmenti causano la “morte” di alcune cellule
A preoccupare gli esperti è l’azione che l’inchiostro dei tatuaggi ha su alcune cellule presenti nei linfonodi. Si tratta di un effetto negativo perché, come emerso dallo studio, una volta accumulatosi nei linfonodi, i pigmenti possono restarvi a lungo, senza la possibilità di essere smaltiti, e agiscono causando un’infiammazione e la successiva “morte” di alcune cellule nell’arco di un paio di mesi.
Infiammazioni che durano nel tempo
“Con un rapido drenaggio linfatico abbiamo osservato che i macrofagi catturano principalmente l’inchiostro nei linfonodi. Segue una reazione infiammatoria iniziale a livello locale e sistemico dopo la cattura dell’inchiostro”, hanno spiegato i ricercatori in una nota. L’infiammazione, però, non regredisce in poco tempo: può, infatti, perdurare nel tempo: “In particolare, il processo infiammatorio si mantiene nel tempo, poiché abbiamo osservato chiari segni di infiammazione nei linfonodi anche mesi dopo la realizzazione del tatuaggio”, aggiungono gli esperti. Le conseguenze sono appunto un indebolimento nella risposta degli anticorpi ad alcuni vaccini, come quello anti Covid di Pfizer e BioNTech – testati dai ricercatori – nei casi nei quali i campioni murini avevano ricevuto un’iniezione su pelle tatuata.
Effetto inverso sui vaccini anti-influenzali
A stupire, invece, è stata la risposta opposta dei topi ai quali è stato somministrato un vaccino anti-influenzale, il cui effetto sarebbe risultato potenziato: “Da un lato – si legge nello studio – abbiamo osservato una risposta anticorpale ridotta dopo la vaccinazione con un vaccino SARS-CoV-2. Al contrario, abbiamo osservato una risposta potenziata nel caso del vaccino antinfluenzale”. Da qui le conclusioni degli autori della ricerca: “Questo lavoro rappresenta lo studio più esteso fino ad oggi mai realizzato sull’effetto dell’inchiostro per tatuaggi sulla risposta immunitaria e solleva serie preoccupazioni per la salute associate a questa pratica di tatuaggio, e sottolinea la necessità di ulteriori ricerche sulla sicurezza degli inchiostri per tatuaggi”. Ora resta l’interrogativo sulla possibilità di estendere le conclusioni anche alle persone, alla luce dei possibili rischi che sono emersi nella prima sperimentazione. Finora si è dimostrato, in precedenti lavori (come uno studio svedese dello scorso anno realizzato su quasi 12mila persone) che chi ha un tatuaggio presenta un rischio superiore del 21% di sviluppare un linfoma maligno rispetto a chi non ha mai fatto ricorso a tattoo, con le associazioni più forti che si sono manifestate nei primi due anni dopo il tatuaggio e, successivamente, a distanza di oltre un decennio. Risultati analoghi sono emersi anche da un lavoro danese, pubblicato a gennaio 2025 e realizzato su diversi campioni di gemelli: la probabilità di andare incontro a tumori era maggiore in chi aveva tatuaggi di grandi dimensioni sul palmo della mano.