C’è un sottile filo rosso che lega la difficoltà a riposare bene, sia in termini quantitativi che qualitativi, con l’infiammazione e il dolore cronico. E se non si sa bene, caso per caso, se nasca prima l’uovo o la gallina, ovvero se è l’insonnia a favorire l’acuirsi del dolore o sono i disturbi che proprio non fanno riposare come si vorrebbe, la scienza mette in luce alcuni meccanismi che vanno conosciuti. Ed affrontati al meglio.
Perché il sonno aumenta l’infiammazione
“Nella gestione delle malattie reumatologiche occorre tenere conto anche di questo aspetto importante non solo per il benessere dei pazienti ma anche per il trattamento della malattia – spiega Serena Bugatti, del Comitato Scientifico della Fondazione Italiana per la Ricerca sull’Artrite (FIRA), professore Associato di Reumatologia Università degli Studi di Pavia e Responsabile Struttura Semplice ‘Artrite Precoce Early Arthritis Clinic’ – Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo Pavia”.
La prova di questo rapporto pericoloso tra insonnia, dolore e infiammazione viene dalla scienza. Diverse ricerche mostrano che i pazienti affetti da patologie infiammatorie croniche, tra cui l’artrite reumatoide e altri reumatismi infiammatori, presentano più spesso disturbi della sfera del sonno rispetto alla popolazione sana. A loro volta però i disturbi del sonno, tra cui la riduzione della sua durata e/o continuità, inducono uno stato pro-infiammatorio che favorisce lo sviluppo di dolore cronico muscolo-scheletrico.
“Le variazioni della durata e dell’architettura del sonno determinano l’aumento di produzione di cortisolo (l’ormone dello stress), noradrenalina e adrenalina che vanno a ‘allertare’ le cellule immunitarie – continua l’esperta. A sua volta, la scarsa quantità e/o qualità del sonno amplifica l’infiammazione e il dolore, generando così un circolo vizioso. Viceversa, una buona qualità del sonno è influenzata da vari fattori, tra cui una bassa ‘soglia’ di infiammazione”.
Perché l’insonnia favorisce l’infiammazione
Nel corso delle cicliche fasi del sonno non-REM e REM, l’organismo modula la produzione di citochine infiammatorie e dell’attività del sistema nervoso simpatico allo scopo di favorire il recupero notturno e preparare l’organismo alle attività quotidiane. Una sua alterazione, nel medio-lungo periodo, è in grado però di ‘rimodellare’ le vie del dolore, inducendo uno stato di sensibilizzazione del sistema nervoso centrale con sviluppo di dolore cronico.
Inoltre, sia nei modelli animali che in quelli umani, la produzione cronica di citochine pro-infiammatorie riduce la durata della fase non-REM, aumenta la ‘frammentazione’ del sonno e induce uno stato di eccitazione. Nonostante molti dei farmaci utilizzati nel trattamento delle artriti siano in grado, attraverso il controllo dell’infiammazione, di migliorare la qualità del sonno, la cronicizzazione dei processi immunitari può essere responsabile non solo del dolore cronico ma anche di uno stato di sonno non sufficientemente ristoratore.
“Grazie alle ultime ricerche abbiamo capito chiaramente che qualità del sonno, infiammazione e dolore sono fenomeni strettamente interconnessi, in grado di influenzarsi reciprocamente – riprende Bugatti. Nonostante gli enormi progressi nella cura farmacologica delle patologie infiammatorie muscolo-scheletriche, una gestione ottimale non può prescindere da valutazioni complessive sullo stato di salute, che includano un’attenta analisi anche della qualità del sonno”.
Come potranno modificarsi le cure
Quali sono le prospettive di cura, considerando il circolo vizioso carenza di sonno-infiammazione-dolore? “Non esistono ancora approcci terapeutici standardizzati in grado di interrompere questo circolo vizioso – spiega Carlomaurizio Montecucco, Presidente di FIRA e ordinario di Reumatologia dell’Università di Pavia al Policlinico San Matteo.
La ricerca scientifica, sia di tipo neuro-immuno-biologico di base che di tipo clinico, è molto attiva anche in questo ambito per cercare di definire con maggior precisione le relazioni causa-effetto tra disturbi del sonno, attività di malattia e dolore nelle artriti infiammatorie croniche, nonché per identificare gli approcci terapeutici più adeguati, sia di tipo farmacologico sia cognitivo-comportamentale, in grado di migliorare lo stato di salute complessivo dei pazienti. Questa ulteriore sfida sottolinea ancora una volta come gli esiti della ricerca consentano di comprendere sempre più approfonditamente i meccanismi delle malattie e spingano sempre più in là gli obiettivi di cura”.
Come mai in caso di infezione invece dormiamo di più?
Pur se non sono del tutto noti i meccanismi di questo rapporto, quando si è vittime di un’infezione come l’influenza si è portati a dormire di più, probabilmente per l’azione di alcune citochine (sostanze prodotte dal sistema immunitario in risposta all’infezione) che favorirebbero il sonno. È solo un esempio di come il sonno possa incidere sull’attività del sistema immunitario ed anche sulla modulazione dell’infiammazione, fenomeno che entra in gioco non solo nella risposta alle infezioni ma anche, ovviamente, nelle patologie reumatiche di patologie cardiovascolari come l’infarto del miocardio.
A “gestire” il delicato rapporto tra sonno e sistema immunitario sarebbe in particolare una sostanza chiave nel processo dell’infiammazione, chiamata interleuchina-1, che è attiva anche sui sui neuroni che regolano il sonno ed i neurotrasmettitori – come la serotonina – usati dai neuroni per comunicare tra loro. Quindi le alterazioni del riposo sarebbero solamente un sistema efficace dell’organismo per dare il via alla febbre e alle altre risposte che consentono di combattere adeguatamente i virus, fino ad eliminarli.
Altre prove del rapporto tra sonno e infiammazione
Lo stretto rapporto tra sonno e infiammazione trova un’ulteriore conferma in una ricerca condotta qualche tempo fa dagli esperti della Case Western Reserve University, che dimostra come chi si sposta troppo in difetto o in eccesso dalle classiche 7-8 ore canoniche di riposo notturno, infatti, vedrebbe aumentare nel proprio sangue i valori delle citochine, veri e propri “motori” dei fenomeni infiammatori.
Lo studio ha esaminato 614 persone coinvolte nel Cleveland Family Study, indagine epidemiologica sviluppata per comprendere i meccanismi genetici e non che sono alla base delle apnee notturne. In chi dorme dormiva troppo, più o meno un’ora in più rispetto a quanto percepito, si è registrata una crescita parti all’8 per cento di proteina C-reattiva, indice che viene messo in correlazione con un possibile maggior rischio per cuore e vasi, e del 7 per cento di interleuchina-6, anch’essa legata ad un incremento del pericolo di patologie cardiovascolari.
Non è andata meglio agli insonni. Per sessanta minuti di riposo in meno rispetto al dichiarato, sale dell’8 per cento il valore di TNF (Tumor Necrosis Factor) – alfa, che entra in gioco nel facilitare l’infiammazione.