Camminare fa bene, ma se lo si fa in modo “scientifico” e intermittente i risultati possono essere molto migliori, sia in termini di salute che di silhouette. La dimostrazione arriva dalla Japanese Walking, la camminata giapponese che fa bene al cuore e alla linea. Si tratta di un’attività adatta anche ai meno sportivi, ma che si è rivelata efficace come dimostrano gli studi.
La Japanese Walking, dalle tradizioni ai social
Il Giappone vanta un record di longevità che non ha uguali nel mondo: merito dell’alimentazione, secondo molti studiosi, ma forse anche di uno stile di vita che prevede una certa dose di movimento. Nello specifico, un contributo pare che arrivi dalla cosiddetta “Japanese Walking”, la camminata tipica degli abitanti del Paese del Sol Levante.
Pur vantando origini lontane nel tempo, di recente è stata rilanciata dai social e in particolare da TikTok, dove è diventata di tendenza nel settore fitness. Ma non si tratta solo di una moda.
Cos’è la camminata giapponese
Nata in Giappone e conosciuta anche come Interval Walking Training (IWT), la camminata giapponese è un metodo di camminata intervallata. Prevede di camminare, appunto, per 3 minuti a ritmo sostenuto (al 70% della frequenza cardiaca massima), intervallandola con altri 3 minuti a passo più lento (al 40% del battito massimo).
Questa pratica, che affonda le sue origini nella tradizione nipponica, negli anni ha attirato l’attenzione degli studiosi per verificarne i potenziali benefici in termini di salute generale.
La Japanese Walking fa bene alla salute (e al cuore)
Fin dal 2007 un team di ricercatori dell’Università di Shinshu aveva dimostrato come questa pratica, se eseguita almeno 4 volte a settimana per 30 minuti, porta a concreti benefici per la salute: non solo permette di mantenere un certo tono muscolare delle gambe, ma migliora la condizione cardiovascolare, contribuendo alla prevenzione delle malattie croniche legate allo stile di vita.
Come emerso dallo studio dei ricercatori di Matsumoto, in Giappone, dopo 5 mesi di allenamento con il metodo IWT, i partecipanti avevano aumentato la loro capacità aerobica del 9%. L’effetto sulle gambe, invece, era stato un aumento della forza delle cosce (quadricipiti) e degli adduttori posteriori fino al 17%.
Pressione e rischi metabolici più bassi
Tra gli altri vantaggi della camminata intervallata, inoltre, si erano registrati un abbassamento della pressione e una riduzione dell’infiammazione generale del corpo, con un giovamento a livello di salute cardiaca.
La Japanese Walking, inoltre, si era rivelata un toccasana anche a livello metabolico: aveva ridotto il rischio di diabete di tipo 2, di ipertensione e delle altre malattie legate allo stile di vita più sedentario.
L’alternanza tra passo veloce e ritmo più lento, infine, aveva permesso di bruciare più calorie, grazie a una corretta stimolazione sia durante l’attività fisica, sia nel periodo successivo alla camminata grazie al cosiddetto “effetto afterburn”.
Più in forma, più salute e un umore migliore
Non da ultimo, il tipo di esercizio, non eccessivamente pesante anche per chi non sia particolarmente allenato, permette di migliorare l’umore. Anche l’IWT, infatti, contribuisce a stimolare le endorfine, cioè i neurotrasmettitori prodotti dal cervello che agiscono come antidolorifici naturali: dando sensazioni di piacere, euforia e benessere, permettono di ridurre stress e ansia. Inoltre aiutano a modulare il dolore, il tono dell’umore e la motivazione.
Essendo stimolate da attività come l’esercizio fisico (oltre che da musica, sesso e alcuni alimenti) permettono di godere di una sensazione di benessere. La camminata giapponese, inoltre, stimola anche la produzione di dopamina, legata ai meccanismi di piacere e ricompensa, che porta a ripetere un’azione quando questa contribuisce a fornisce sensazioni gradevoli.
Come praticare la Japanese Walking
La camminata intervallata o intermittente si è poi rivelata un’attività adatta anche ai più “pigri”, che vi si possono avvicinare in modo graduale. Si può iniziare con 2-3 sessioni a settimana da 30 minuti ciascuna, oppure da 3 uscite giornaliere, ridotte a soli 10 minuti. In entrambi i casi vanno alternati 3 minuti a passo veloce (70% dello sforzo massimo) a 3 minuti a ritmo lenti (40% della fatica massima, che può essere valutata in base alla frequenza cardiaca).
Per meglio calibrare lo sforzo può essere utile ricorrere a un cardiofrequenzimetro, come quelli ormai in dotazione a comuni fitwatch. Oppure, per chi conosce meglio il proprio corpo, può essere sufficiente “ascoltarlo” per capire la dose di fatica che si sta affrontando, misurandola in modo più naturale.
Un trucco è quello di provare a parlare durante la camminata: se si riesce a sostenere una conversazione con facilità significa che si sta camminando a ritmo lento, mentre se compare il fiatone è segno che si è iniziata la fase più veloce e impegnativa.
Quanto camminare per ottenere risultati
Come ricordato dagli studiosi, l’obiettivo è di poter raggiungere sessioni da 30 minuti l’una, per almeno 4 volte alla settimana, anche se il target ideale è rappresentato da cinque camminate alternate sui sette giorni.
Una volta iniziati gli “allenamenti”, se si riesce ad arrivare a una durata complessiva di attività che supera i 50 minuti ciascuna, si possono ottenere risultati migliori e più duraturi. D’altra parte si tratta di una forma di movimento che permette di coinvolgere le articolazioni, stimolando anche la produzione di calcio, il cuore, la circolazione e di liberare la mente dai pensieri.