È uno dei grandi dubbi delle neo mamme che si trovano costrette a subire un intervento chirurgico: dopo l’anestesia generale necessaria per operare, potrò allattare di nuovo senza rischi per il bebè? A
questa domanda rispondono, per fortuna in modo positivo, le linee guida dell’Associazione degli Anestesisti del Regno Unito, recentemente pubblicate sulla rivista Anaesthesia.
Attenzione solo ad alcuni farmaci
Il documento è di grande interesse pratico e invita chiaramente a non togliere dall’alimentazione del neonato il latte materno per la paura che attraverso il prezioso liquido nutriente possano passare nell’organismo del piccolo anche tracce di farmaci impiegati per “addormentare” la mamma.
Stando a quanto riportano gli esperti d’oltre Manica, infatti, i classici anestetici, così come gli antidolorifici che non contengono derivati oppioidi, passano in quantità minime nel latte materno e, di conseguenza, non creano problemi.
Il risultato dell’analisi è che nella stragrande maggioranza dei casi l’allattamento è quindi sicuro, perché per la maggior parte di queste misure terapeutiche impiegate nel trattamento anestetico non
ci sono evidenze di impatto sulla composizione del latte materno. Gli stessi scienziati britannici, riuniti nella U.K. Association of Anaesthetists, ricordano però che gli oppioidi e le benzodiazepine, farmaci mirati rispettivamente a limitare il dolore e l’ansia oltre che a facilitare il rilassamento, dovrebbero essere impiegati con grande cautela nelle donne che allattano, specie se il neonato ha meno di sei settimane.
In questi casi, si legge sempre sulla pubblicazione scientifica, bisognerebbe controllare il benessere generale del piccolo per valutare se sono presenti segni di sonnolenza anomala o addirittura di depressione respiratoria: queste condizioni vanno indagate con grande attenzione soprattutto se anche la mamma presenta segni di sedazione profonda.
Per tutti questi motivi, sarebbe importante ridurre i farmaci oppioidi nelle donne che devono essere sottoposte a intervento chirurgico e potrebbero passare tracce dei farmaci al piccolo durante l’allattamento. In tutti i casi, come ribadiscono gli studiosi britannici, quando possibile sarebbe meglio puntare su interventi che limitino la permanenza in ospedale ad una sola giornata, ricordando che nel proseguire l’allattamento la mamma potrebbe non essere pronta come al solito dopo un’anestesia e quindi dovrebbe avere un’assistenza mirata in questo senso.
Anestesia su misura
Lo specialista può ovviamente proporre, in base al tipo d’intervento e alle necessità del chirurgo, il miglior approccio in termini di anestesia generale. In genere questa prevede la combinazione in un cocktail farmacologico di tre principi attivi, associati nel modo ideale tra loro per assicurare i migliori risultati.
Il primo è un ipnotico, che ha il compito di indurre il sonno, il secondo è un miorilassante, quasi sempre un derivato del curaro, che invece fa sì che i muscoli si rilascino e quindi il chirurgo possa operare su tessuti “facili” da trattare. Infine si somministra un farmaco contro il dolore, cioè un analgesico, per ridurre dall’inizio la sensazione di dolore indotta dall’operazione.
Medicinali di questo tipo vengono impiegati nella fase dell’induzione dell’anestesia e poi possono essere somministrati a dosi “piccole”, come una sorta di richiamo, per fare in modo che l’effetto combinato prosegua nel tempo fino al momento in cui è necessario.
Con il contributo non condizionante di MSD Italia