Diabete di tipo 2, come funzionano i nuovi farmaci e a chi sono utili

I casi di diabete di tipo 2 in Italia sono in aumento. Una svolta arriva dal primo farmaco di una nuova classe, tirzepatide. Come funziona

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Pubblicato: 18 Marzo 2025 18:43

Partiamo dalle cifre. I casi di diabete di tipo 2 in Italia negli ultimi trent’anni sono più che raddoppiati. Oggi soffre di questa patologia circa il 7% della popolazione generale, con picchi sopra l’8% in Calabria e Campania.

I dati rilevati dalle principali Società scientifiche e monitorati da ISS e programma ARNO, registrano 4 milioni almeno di italiani con diabete diagnosticato, oltre il 90% con diabete di tipo 2, mentre un altro milione almeno di italiani vivono con la patologia, ma non ne sono a conoscenza per mancata diagnosi. Le prospettive non sono migliori: la prevalenza nel 2040 subirà un aumento al 9-10%, i numeri saliranno a più di 7 milioni fra 15 anni.

Ci sono quindi diverse sfide da affrontare: da un lato la prevenzione della malattia, attraverso stili di vita migliori, dall’altro la diagnosi precoce. E poi, per chi fa i conti con il diabete di tipo 2, c’è bisogno di terapie mirate, con attenzione al singolo caso, anche alla luce degli sviluppi della ricerca. In questo senso, è ora disponibile per questa indicazione il primo farmaco di una nuova classe, tirzepatide.

Ovviamente va prescritto dal medico. Ma oltre le terapie che vanno indicate caso per caso, è fondamentale ricordare gli obiettivi. Solo ottenendo il controllo della glicemia si possono infatti limitare i danni cronici del diabete.

Perché occorre controllare la situazione

“I dati degli Annali di AMD rilevano che solo il 56% delle persone con diabete di tipo 2 raggiunge un valore di emoglobina glicata sotto il 7%, che è il primo grande obiettivo target nel controllo glicemico – segnala Riccardo Candido, Presidente AMD-Associazione Medici Diabetologi – I motivi sono molteplici: diagnosi tardiva e inizio del trattamento non tempestivo; inerzia terapeutica da parte dei professionisti che non intervengono in maniera precoce e incisiva nelle modifiche delle terapie qualora il diabete non sia sufficientemente controllato; difficoltà da parte dei pazienti a mantenere adeguati stili di vita in termini alimentazione e attività fisica; utilizzo di terapie fino a qualche tempo fa non del tutto efficaci e gravate dal rischio di ipoglicemia; ridotta aderenza dei pazienti alle terapie; difficoltà a livello regionale di mettere a disposizione rapidamente le innovazioni terapeutiche che oggi sono più efficaci, come tirzepatide; infine, da ultimo, la disequità di accesso alle nuove opportunità terapeutiche e tecnologiche”.

Insomma, c’è molto da fare. perché oltre a pesare sulle casse della sanità, la malattia diabetica riduce l’aspettativa di vita, a causa delle complicanze soprattutto croniche che si sviluppano negli anni quando manca un adeguato e continuo controllo glicemico.

Una persona su due non raggiunge gli obiettivi

Quando si parla di diabete di tipo 2 si fa riferimento ad una condizione che, in modo variabile da persona a persona, va a danneggiare l’intero organismo. E quindi porta ad intraprendere una traiettoria di salute non certo positiva.

“Le principali conseguenze del diabete di tipo 2 sono quelle croniche, dovute al prolungato mantenimento negli anni di elevati valori della glicemia e della tossicità legata agli zuccheri nel sangue – spiega Gianluca Aimaretti, Presidente SIE-Società Italiana di Endocrinologia, Professore Ordinario di Endocrinologia Università del Piemonte Orientale e Direttore Dipartimento di Medicina Traslazionale.

Le principali riguardano il rene, l’occhio, il sistema nervoso centrale e periferico, micro- e macro-circolo, con danni importanti che nel tempo aumentano il rischio di infarto, ictus, e problemi anche a livello epatico, della sfera genitale e del cavo orale. È necessario diagnosticare il più precocemente possibile la malattia diabetica per intervenire con adeguati trattamenti, solo così è possibile rallentare o in qualche caso prevenire le complicanze che talvolta insorgono quando ancora il paziente non sa di essere diabetico e non ha disturbi. Inoltre, gli studi dimostrano che le complicanze possono portare negli anni a gravi disabilità e ridurre l’aspettativa di vita in media di 6-7 anni”.

Nonostante un approccio terapeutico integrato con dieta, attività fisica e farmaci, quasi un paziente su due non raggiunge tutti e tre gli obiettivi attualmente raccomandati dalle più recenti linee guida internazionali, ovvero controllo della glicemia, della pressione arteriosa e del colesterolo. Inoltre, l’85% dei diabetici di tipo 2 è sovrappeso o obeso, e non riesce a ridurre il peso corporeo, nonostante gli sforzi.

Nuove risposte ai bisogni

Ci sono insomma bisogni clinici non soddisfatti fino ad oggi. Per questo risponde l’innovazione grazie alla disponibilità di un nuovo farmaco, tirzepatide, che negli studi ha dimostrato significativi risultati nel controllo glicemico dei pazienti, con una riduzione dell’emoglobina glicata e del peso corporeo grazie alla doppia inibizione di GIP e GLP-1.

Inoltre, tirzepatide ha dimostrato la sua efficacia, rispetto ai farmaci in uso, sul controllo della pressione arteriosa e del colesterolo agendo anche sulla prevenzione del danno cardiovascolare e renale. L’innovazione terapeutica, come l’utilizzo dei farmaci più efficaci e sicuri (ad esempio, GLP-1 RA e SGLT2-inibitori e ora i doppi agonisti GLP-1 e GIP), aiutando a prevenire le complicanze a lungo termine, riduce i costi legati alle cure ospedaliere e alle disabilità correlate al diabete che rappresentano una delle principali voci di spesa per i sistemi sanitari. Lo conferma Raffaella Buzzetti, Presidente SID- Società Italiana di Diabetologia.

Gli agonisti del GIP e del GLP-1 rappresentano una nuova classe di farmaci innovativi per il trattamento del diabete di tipo 2 ed offrono un approccio più completo ed efficace rispetto ai singoli agonisti del GLP-1 – spiega.   Il GLP-1 stimola la secrezione insulinica in modo glucosio-dipendente, inibisce la secrezione di glucagone, rallenta lo svuotamento gastrico e riduce l’appetito. Il GIP amplifica la secrezione insulinica e può migliorare la sensibilità all’insulina nel tessuto adiposo e muscolare. La combinazione GLP-1 e GIP crea un effetto potenziato, migliorando il controllo glicemico e il metabolismo in modo più efficace rispetto ai farmaci che agiscono solo sul GLP-1.

Rispetto ai soli agonisti GLP-1, gli agonisti GLP-1/GIP riducono in modo più efficace l’emoglobina glicata e stabilizzano i livelli glicemici, migliorano il tempo nell’intervallo target riducendo sia le iperglicemie postprandiali sia il rischio di ipoglicemia”.

Capitolo controllo del peso: i doppi agonisti GLP-1/GIP hanno un effetto maggiore. Gli agonisti del GLP-1 sono già noti per favorire la perdita di peso, grazie alla loro azione su sazietà e rallentamento dello svuotamento gastrico.

“L’aggiunta dell’agonismo GIP sembra potenziare ulteriormente la riduzione del peso, migliorando il metabolismo lipidico e favorendo un bilancio energetico più efficiente – commenta Buzzetti.  Sono, inoltre caratterizzati da una maggiore tollerabilità rispetto ai soli GLP-1. Il GIP sembra migliorare la tollerabilità del GLP-1, riducendo gli effetti collaterali gastrointestinali (nausea, vomito) spesso associati a questa classe di farmaci”.

L’importanza di coinvolgere le persone con diabete

Il diabete di tipo 2, così come quello di tipo 1, rappresenta una cronicità in cui il ruolo della persona che affronta la malattia e della famiglia è fondamentale per il raggiungimento del controllo glicemico e metabolico. Ma i pazienti devono essere motivati e hanno bisogno di risposte alle loro esigenze: sotto questo aspetto il ruolo delle Associazioni, attraverso la crescita culturale, la rappresentatività e la partecipazione attiva ad ogni livello, diventa sempre più fondamentale grazie alla formazione e alla qualificazione dei suoi rappresentanti.

“Nel diabete di tipo 2, contrariamente a quanto avviene nel tipo 1, esiste ancora poca consapevolezza della malattia tra gli stessi pazienti, le diagnosi sono tardive e quando si scopre di essere diabetici si tende a minimizzare il problema – sottolinea Stefano Nervo, Presidente Diabete Italia Rete Associativa ODV – sarebbe opportuno aumentare la consapevolezza affinché il paziente prenda in carico sé stesso, pretenda di ricevere la miglior cura possibile e sia responsabile in prima persona della sua condizione e di ciò che comporta nella gestione quotidiana convivere con il diabete.

Avere a disposizione nuove opportunità terapeutiche significa essere curati in maniera più efficace, significa prevenire le complicanze e ridurre il carico terapeutico per il paziente e il caregiver. Anche i device e la modalità di somministrazione delle terapie sono importanti e possono fare la differenza nel buon successo di una terapia, come nel caso di somministrazione settimanale che ha un impatto molto più positivo rispetto a quella giornaliera”.

Il tutto con l’obiettivo di trattare il diabete di tipo 2 al meglio. La sua gestione ha un obiettivo principale: ridurre il rischio di complicanze acute e croniche ad essa correlate. Un trattamento efficace richiede una gestione che vada oltre la semplice gestione farmacologica, con un approccio multidisciplinare e multiprofessionale inserito all’interno di un modello di cura basato su interazioni e sinergia tra team specialistico e medici di famiglia.