Un braccialetto elettronico, non per monitorare un detenuto fuori dal carcere o una persona con divieto di avvicinamento per una denuncia per stalking o molestie, bensì per proteggere il personale medico. È l’iniziativa innovativa lanciata a Treviso, dove si sta assistendo a un boom di aggressioni nei confronti di medici e infermieri.
Un braccialetto elettronico per proteggere medici e infermieri
I dispositivi messi a disposizione del personale medico del Pronto Soccorso della città veneta sono dotati di Sim e monitorano i parametri vitali. La loro utilità sta nel fatto che sono in grado di rilevare anomalie, come nel caso di perdita di conoscenza o cadute in seguito, per esempio, a spintoni e aggressioni. Se dovesse accade il braccialetto invia in automatico una chiamata d’allarme. Per chi lo indossa è anche possibile premere un tasto rosso di Sos che consente di mettere in contatto con una centrale operativa della società di gestione dell’apparecchio, che a sua volta può avvertire le forze dell’ordine dell’emergenza. Il fatto che il dispositivo sia dotato di Gps.
Come saranno usati i dispositivi
Come ha spiegato Francesco Benazzi, direttore generale della Usl della Marca nel presentare la novità, i dispositivi “entreranno in funzione in modo mirato quando gli operatori schiacceranno il pulsante Sos – spiega Benazzi – così sarà possibile riprendere la scena e avere anche una fotografia degli aggressori“. La sperimentazione inizierà dal Pronto Soccorso dell’ospedale di Treviso, ma potrà essere un modello per altre strutture sanitarie analoghe in differenti zone del Paese. Le aggressioni al personale sanitario, infatti, sono aumentate e non interessano soltanto la provincia veneta, dove comunque i dati sono preoccupanti.
Aggressioni in aumento, non solo in Veneto
Solo nel 2025 si contano già circa 1.000 casi di aggressioni, in crescita del 20% rispetto allo scorso anno. Per questo la Usl ha pensato di correre ai ripari, iniziando dal reparto più delicato, quello dove le liti e le intemperanze di alcuni pazienti e familiari sono diventate in alcuni casi pericolose. “Purtroppo le aggressioni stanno crescendo. Ma il nostro personale deve poter lavorare in sicurezza e con serenità – ha sottolineato Benazzi – ci si gioca molto: c’è il rischio che nessuno voglia più venire a lavorare in pronto soccorso”. Le rinunce a coprire incarichi presso il Pronto Soccorso, infatti, hanno già costretto a fare affidamento ai medici di libera professione. Da qui la decisione di introdurre i primi 120 dispositivi di Sos portatili, in distribuzione ai 6 Pronto soccorso della Marca. Se il periodo di prova darà risultati positivi, i braccialetti potranno essere introdotti anche al personale di altri reparti, come quello psichiatrico, dei pronto soccorso pediatrici e dei consultori familiari. Non è neppure escluso di coinvolgere il servizio di assistenza domiciliare integrata.
I costi del servizio di protezione
Come spiegato dalle autorità sanitarie, la gestione dei dispositivi è di 20 euro al mese. Si tratta, però, della soluzione al momento migliore individuata dai responsabili, dopo che lo scorso mese la Usl aveva chiesto a Prefettura e Questura di poter attivare di un posto di polizia fisso nel pronto soccorso di Treviso, aperto almeno 12 ore al giorno, soprattutto nelle giornate e negli orari considerati più a rischio, come tra le 20 e la mezzanotte, nei giorni festivi.
Le ultime aggressioni
Tra i casi più critici che hanno spinto a trovare una soluzione c’è stata l’aggressione dello scorso 9 settembre, quando nella sala d’attesa del pronto soccorso dell’ospedale Ca’ Foncello un uomo di 40 anni con disagi psichici aveva malmenato un 70enne, che accompagnava un paziente suo familiare, per poi scagliarsi anche contro un infermiere intervenuto nel tentativo di fermarlo. “Ringrazio il consiglio comunale di Treviso, che si era fatto carico della questione, ma il posto di polizia fisso con orario esteso non è previsto dalla normativa e avrebbe riguardato solo il pronto soccorso di Treviso. Si sarebbe anche posto un problema di equità. Con i braccialetti, invece, è possibile dare una risposta a tutti i nostri pronto soccorso”, ha spiegato Benazzi, nel confermare che la presenza delle forze dell’ordine rimarrà solo fino alle ore 14. Su disposizione di Prefettura e Questura, però, saranno attivati corsi di formazione a favore dei vigilantes dell’Usl, in caso di aggressioni, che si uniranno a quelli attivati dalla stessa azienda sanitaria.
Boom di aggressioni in tutta Italia
La situazione è preoccupante anche nel resto d’Italia. Secondo i dati ufficiali, il personale sanitario è stato vittima di 18.000 episodi di violenza, ai danni soprattutto degli infermieri e in particolare donne (70,3% delle aggressioni è segnalato da professioniste). Tra i casi più gravi, da nord a sud, quello del 30 aprile 2025, quando un’infermiera del Pronto Soccorso della Spezia, in Liguria, che era stata vittima della rabbia di un aggressore e che aveva spinto il sindacato CGIL locale a chiedere interventi urgenti. Iniziative analoghe a quella di Treviso sono state adottate anche a Verona ed è prevedibile siano seguite da altre in Regioni differenti.