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Vivo ancora a casa con i miei: come riuscire a andar via

A una certa età il bisogno di staccarsi dalla famiglia si fa impellente, sia per i single che per chi ha un partner. Ma riuscire a farlo non è facilissimo, tra budget che non tornano e freni autoimposti. Ecco come si può fare

Marina Mannino

Giornalista esperta di Lifestyle

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Quasi tutte le mie amiche vivono per conto loro e io sono la sfigata che dorme ancora nella cameretta di quand’era piccola. Ho 28 anni, un lavoro in smart working, non sono fidanzata, ho un fratello più grande sposato con una figlia, due genitori discreti che non mi fanno pesare la mia situazione. Io mi sento in debito con loro ma anche con la vita perché sono sempre qua e non riesco a andare via. Aiuto.

Giulia

Secondo i dati Eurostat 2024 (Ufficio Statistico dell’Unione Europea) gli italiani tra i 25 e i 34 anni che ancora vivono in famiglia sono il 49,5 %, a fronte della media europea del 29,7% (dalla Danimarca al 3,5% , passando per la Francia al 14%, Malta con il 39,1%, fino alla Croazia che registra il 63,7 %). Insomma, Giulia è in buona compagnia, a parte il fatto che gran parte delle persone che vivono questa situazione non ne sono affatto contente.

Al di là di quello che si dice, molto spesso si resta con i genitori per necessità, non per scelta. Gli affitti, nelle città principali, possono facilmente superare 800 – 1000 euro al mese per un monolocale di 30 mq, a cui bisogna aggiungere le spese. Con uno stipendio medio di 1200 -1400 euro netti, è difficile essere indipendenti mantenendo un tenore di vita soddisfacente. Eppure, a frenarci potrebbe non essere solo la realtà economica difficile da affrontare, quanto il dubbio di non riuscire a farcela da sole. Ma allora, come se ne esce?

Evitare i confronti

Non crediamo tutto quello che vediamo sui social: cugine che sfoggiano attichetti deliziosi, amiche che salutano dal loro living luminoso, single che ostentano cucine di design dove preparano le loro cacio-e-pepe gourmet. Riflettiamo su cosa può esserci dietro: queste persone forse lavorano in settori che pagano bene, oppure i loro genitori li aiutano economicamente, o hanno un partner/coinquilino con cui dividono le spese (e che magari non si vede mai nelle foto), o anche vivono in un appartamento di proprietà della loro famiglia o acquisito per eredità…

Ok, e allora? La loro storia è diversa dalla nostra. Smettiamo di fare paragoni tra noi “sfigate” e loro “fortunelli”: ne ricaveremo solo un peggioramento del mal di stomaco.

Ragionare obiettivamente

Sentirsi perdenti perché si sta ancora con mamma non ci aiuta a superare il problema. Equivale a dire: “Non posso farci niente, tanto sono una sfigata” e quindi addio sogni di gloria. Abbandoniamo questa interpretazione autolimitante dei fatti e chiediamoci: è solo una questione economica? Ho paura della solitudine? Mi sento in colpa a lasciare i miei? Mi spaventano le responsabilità? C’è la risposta a tutte queste dimande, e inizia dalla semplificazione del problema.

Fare un passo alla volta

Non è che dall’oggi al domani possiamo trasferirci in un appartamento in centro in cui fin dal primo istante sappiamo come gestire le bollette, le spese, le pulizie, il rubinetto che perde, la muffa nell’angolo remoto del bagno. Facciamo invece un passetto per volta. Per esempio, valutiamo una stanza in condivisione: tante ragazze nella nostra situazione condividono appartamenti. Può essere un buon compromesso per iniziare, risparmiare e acquisire autonomia.

Un’altra idea praticabile è quella di considerare soluzioni temporanee come l’affitto breve o il co-living (si affitta una stanza o un appartamento all’interno di una proprietà comune, usufruendo di servizi e attività condivisi). E poi, senza imbarazzi, possiamo chiedere una mano ai nostri genitori: magari ci possono aiutare almeno per i primi mesi. Se ne hanno i mezzi, saranno felici di contribuire alla nostra crescita personale.

Dominare sensi di colpa e paure

È normalissimo essere assaliti da queste sentimenti quando si pensa di andare a vivere da soli, m accade anche se si ha un compagno/a. Sono sensazioni con cui si viene a patti, accettandole come passaggi basilari della propria trasformazione. Certo, se siamo single o comunque intenzionate a stare da sole in una casetta tutta per noi, le paure e i sensi di colpa possono diventare un freno potente.

Cerchiamo soluzioni: una robusta porta blindata e un sistema di allarme, insieme alla promessa di chiamare i genitori almeno due volte al giorno e all’utilizzo di un’app per gestire le spese domestiche possono metterci al riparo da timori organizzativi (come “Non ce la farò mai a districarmi tra bollette, spese, scadenze”), pensieri colpevolizzanti (tipo “E ora i miei come faranno senza di me?”) e paure ataviche (ad esempio “Dormire da sola mi terrorizza”).

Interpretare la solitudine come risorsa

Lasciare casa significa rompere equilibri, affrontare la solitudine, diventare la propria figura di riferimento.
E questo fa tremare i polsi. Ma si sopravvive. E anzi, si cresce. Vivere da sole è un susseguirsi di sfide e di conferme positive: ogni volta che, da sole, riusciamo a risolvere un problema o a cavarcela in una situazione difficile, avremo la riprova di quanto siamo in gamba! E saremo sole solo se lo vogliamo: invitare amiche, possibili fidanzati, mamme in fuga dal marito noioso, vicine di casa simpatiche, sono tutte opzioni per aggiungere compagnia alla nostra vita.

Vivere da sole, poi, ci permette di gestire la nostra quotidianità come vogliamo, mangiare all’ora che ci pare, dormire al centro del due piazze, guardare la serie che preferiamo, lasciare i trucchi sulla mensola del bagno, senza nessuno con cui negoziare orari e abitudini. Mica male! Se il nostro budget mensile ce lo permette, dunque, “voliamo” via dal nido di origine e diamo spazio alla nostra individualità.

Andare a caccia della casa

Iniziamo esplorando i portali immobiliari online che offrono filtri per la ricerca. Oppure possiamo interpellare un’agenzia immobiliare per un supporto più diretto. Inoltre, controlliamo i gruppi locali di affitti tra privati sui social media e le bacheche specifiche per studenti se cerchiamo solo una stanza.

Ma non sottovalutiamo il passaparola di zona: le occasioni di affitti volano veloci tra persone che s’incontrano abitualmente, e avremo più chance di “acciuffare” una casa se chi sta cercando un affittuario ci conosce di persona.

E se proprio non ce la facciamo

Se ci sentiamo bloccate da troppo tempo, se proviamo un’ansia profonda all’idea di lasciare casa, se ci reputiamo incapaci di farcela da sole, potremmo parlarne con una psicoterapeuta. Non c’è nulla di male: a volte serve una “guida” per affrontare cambiamenti importanti, soprattutto se riguardano l’idea che abbiamo di noi e la consapevolezza del nostro valore.

Ma se restare in famiglia ci appaga, non ci provoca infelicità e ci fa sentire comunque libere, va bene così. Le scelte di vita sono accettabili e legittime purché non siano causa di disagio e sofferenza per nessuno. E i giudizi sprezzanti degli altri (“Stai ancora a casa con i tuoi? Ma non cresci mai?”) non devono toccarci.