Ci sono tante coppie che lavorano insieme senza avere grossi motivi di frizione o di insofferenza. Ma non tutti siamo uguali. E per una persona che adora vedere 24h il partner davanti al naso, ce ne sono dieci che rabbrividiscono al solo pensiero. Non si tratta di non-amore, ma dell’esigenza naturale di mantenere una sfera di vita autonoma. E il lavoro è quell’area di “separazione positiva” che permette di coltivare identità individuali e ambizioni distinte, ma anche amicizie e relazioni umane proprie.
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La distanza diventa vicinanza
Sembra paradossale, ma la distanza aiuta la vicinanza. Tutti amiamo i nostri partner e la famiglia, ma senza una pausa proprio da chi condivide con noi la quotidianità e l’intimità, il nostro cervello non riesce più a “ricaricare” la percezione affettiva verso quella persona. Immaginiamo di ascoltare la nostra canzone preferita 200 volte al giorno: inizieremmo a odiarla.
Al lavoro siamo due persone diverse
La vita di ufficio tira fuori aspetti che nel privato rimangono in ombra: vederli senza filtro può confondere le idee. Magari lui è più aperto, più perfezionista, più vanitoso – e noi ci sorprendiamo a pensare “Ma davvero questo è il mio fidanzato?”. E se il nostro partner può apparirci un po’ diverso, anche noi possiamo sembrare differenti da come è abituato a vederci: più assertive, più cordiali, più carismatiche. “Ma chi è questa qua?”, può chiedersi lui.
Se da partner si diventa bersagli
Quando lavoro e relazione si intrecciano tanto, ogni piccola tensione rimbalza da un ambito all’altro, amplificandosi. Il nostro partner, da sostegno emotivo, può trasformarsi in bersaglio, oltretutto disponibile 24/7. Così una discussione con un capo diventa fonte di screzio nel tragitto casa-ufficio. Un invito a pranzo da un collega con cui lavoriamo a stretto contatto si trasforma nella scusa per una raffica di battute acide dettate dalla gelosia e sparate al mattino davanti al caffellatte. Vedere il nostro partner alla macchinetta del caffè con i dirigenti ci fa pensare che lui sia più benvoluto e stimato di noi. E glielo rinfacciamo a cena, davanti a un minestrone.
Questo sì che può diventare l’innesco di una dinamica esplosiva: la competizione mixata al rancore.
Mistero, novità e desiderio
A soffrine è anche il desiderio: l’attrazione e la complicità hanno bisogno di mistero e novità. Se sappiamo già cosa lui ha mangiato (ci siamo visti alla mensa, stesso tavolo) , a quali call ha partecipato (c’eravamo anche noi) e quanto era nervoso per alcune scadenze su cui era in ritardo (mentre noi siamo perfettamente nei tempi), può succedere che, alla sera, abbiamo solo voglia di stare in silenzio davanti a una serie tv. E poi a nanna.
Sarà la fine della storia?
Questa situazione non è un presagio di fine. Non vuol dire che in realtà non ci sopportiamo o non siamo fatti per stare insieme. È invece una specie di test. A volte il malessere è solo un segnale di adattamento, non di rottura: se la stessa persona è partner, collega, coinquilino, confidente e amante, non resta più spazio per le individualità che si sono piaciute e amate per le loro differenze e peculiarità. Molte coppie che lavorano insieme, o nello stesso posto, attraversano una fase di squilibrio, ma ritrovano un nuovo modo di capirsi quando imparano a separare i livelli della vita.
Qualche idea per gestire il nuovo modo di vederci
- Recuperiamo la distanza: creiamo spazi separati – pause diverse, abolizione delle reciproche visite “casuali”, pranzi mai insieme ma ognuno con i colleghi che preferisce.
- Evitiamo di fare i “fidanzatini”: sul lavoro siamo colleghi e basta. Quindi niente smancerie, nomignoli, baci, ma anche discussioni su problemi di relazione o di gestione domestica. La vita di coppia non passa il badge all’ingresso.
- Stabiliamo “zone orarie” senza lavoro: dopo una certa ora, niente conversazioni su file, riunioni, persone dell’azienda. L’ufficio resta fuori dalla porta di casa. All’inizio sarà difficile, ma è necessario. E ci aiuta recuperare la serenità e l’intimità delle nostre vite: la camera da letto non è una sala riunioni!
- Riserviamoci hobby personali e separati: noi facciamo yoga, lui va a calcetto. Noi guardiamo un iconico film degli anni 2000, lui legge il nuovo libro del suo giallista preferito. Noi usciamo con i nostri amici del liceo, lui con quelli del suo quartiere. Dobbiamo ricostruire quella parte di vita che ci permette di mancarci. E di poterci raccontare cose che non sappiamo.
- Ritroviamo abitudini “di coppia”: cuciniamo insieme, andiamo a vedere una mostra, facciamo una passeggiata nel parco con pranzo al sacco, organizziamoci un viaggio nel weekend (anche solo un giorno fuori città). Piccoli gesti che ci ricordano che siamo molto di più di due colleghi. Siamo partner, compagni di strada, persone innamorate che stanno condividendo le loro vite ancor prima che la location di lavoro.
Comunicare è fondamentale
Se nonostante i tentativi, la sensazione di insofferenza si trasforma in rifiuto costante, è il momento di riflettere su cosa fare della nostra storia. E soprattutto di parlarne. Confrontiamoci con il nostro partner su ciò che stiamo provando, con calma e obiettività. Continuare a provare disagio senza comunicare nulla è controproducente e alimenta il rancore. Diciamoci tutto, insomma, se vogliamo ritrovarci come eravamo prima.
Se la relazione è importante, ma il lavoro la sta soffocando, consideriamo la soluzione più drastica: uno dei due può provare a cambiare lavoro. È un’impresa difficile, ma a volte l’amore ha bisogno di spazio per respirare, e la stabilità del lavoro non vale la felicità della coppia. Ma se il rapporto continua a soffrire e a incespicare, forse è il caso di darsi uno stop.