La rete è un mondo infinito in cui navigano le buone intenzioni ma anche le intenzioni peggiori, quelle più pericolose e illegsali
Dobbiamo farci i conti, perché dalla rete passano tossiche ideologie sessiste (che si basano su convizioni discriminatorie contro le donne, sostenendo la loro inferiorità) e misogine (che promuovono l’atteggiamento di odio e avversione verso le donne), diffuse in gruppi aperti o community private che condividono contenuti umilianti e commenti degradanti su immagini private di donne, pubblicate senza consenso. E dobbiamo stare in guardia, perché i bersagli potremmo essere noi. Lo choc di fronte al coinvolgimento inconsapevole in questi siti può suscitare diverse reazioni. E la prima è quella più pericolosa.
Indice
Una reazione controproducente
Potremmo cedere alla tentazione di pensare “Non è poi così grave” , “Lo fanno tutti”, “Magari è solo curioso, forse non partecipa attivamente” o peggio “Sono cose che fanno i maschi, si divertono così”. Minimizzare o negare gli eventi è un passo falso contro noi stesse. Perchè?
Perchè le ideologie che degradano e umiliano le donne, ricoprendole di insulti e commenti volgari che spesso inneggiano allo stupro, non restano confinate nel web. S’insinuano nella vita reale e influenzano il modo in cui una persona pensa, agisce e tratta gli altri, incluse le persone che dice di amare.
Questi gruppi non sono un gioco
Sottovalutare la partecipazione del partner a un gruppo sessista equivale a concedergli potenzialmente tutti gli atteggiamenti di controllo, potere, svalutazione e violenza che potrebbe avere nei nostri confronti. Attenzione: potremmo aprirci la strada all’infelicità.
Questi gruppi non sono un gioco, e le loro convinzioni non sono innocue. La misoginia e il sessismo sono il motore di queste comunità che condividono e si compiacciono e di una cultura di possesso e sopraffazione che si fa beffe del consenso delle donne oltre che della loro dignità. Se il nostro partner ne fa parte, è perché in qualche modo ne approva le basi.
Il problema non siamo noi
È fondamentale capire che non è colpa nostra. Non abbiamo fatto niente di sbagliato. “Forse non sono abbastanza divertente o sexy – pensiamo – Forse sono troppo sensibile e intransigente”. No, il punto focale non siamo noi, ma le insicurezze e le frustrazioni del nostro partner che lo hanno spinto a cercare conferme in un gruppo che gli consente un senso di potere senza regole, in cui è ammesso trovare eccitante e divertente commentare pesantemente immagini femminili rubate senza alcun consenso.
Se uniformarsi al branco che irride e calpesta la dignità altrui lo fa sentire forte, maschio e figo (eccetto che poi commenta come utente anonimo o con un nickname), è lui che ha un problema. Che però ricade su di noi, perché finora ci siamo fidate di qualcuno che si è dimostrato pronto ad aderire a un modo di pensare aberrante.
Che fare con lui?
Possiamo provare a confrontarci con lui, affrontando la questione direttamente, ma con calma e self control. Osserviamo le sue reazioni: molti uomini scoperti reagiscono negando (“Ma quale gruppo maschilista, ti sei sbagliata!”), minimizzando (“Era solo per ridere!”) o contrattaccando (“Come ti sei permessa di guardare il mio telefono!”).
Attenzione: un partner che tiene davvero a noi si mostrerà sinceramente colpito dal nostro dispiacere, chiederà scusa e farà tutto il possibile per rimediare. Se invece ci dice cose tipo “Non capisco perché la prendi così male” o “Piantala di fare la femminista moralista”, è chiaro che non riconosce nemmeno il problema. E questo è forse ancora più grave della partecipazione stessa ai gruppi.
Un errore che pesa (molto)
Tutti possono commettere errori, è chiaro, purché poi si rendano conto di ciò che hanno fatto e siano disposti a voltare pagina.
Se lui decide di cambiare, pretendiamo azioni concrete. Deve cancellare tutti i gruppi sessisti in cui si è infilato e dimostrare con i fatti di aver capito. Se minimizza o rifiuta, consideriamo seriamente che la nostra storia sia compromessa. Una relazione sana si basa sul rispetto reciproco: partecipare a gruppi che denigrano le donne è incompatibile con il rispetto verso di noi.
Analiziamo i fatti
Leviamoci dalla testa quella vocina lagnosa che continua a ripetere “Era solo per divertirsi! Sopporta! Fai finta di niente!”. Piuttosto, facciamoci qualche domanda:
- Cosa aveva in testa il nostro partner quando ha fatto quei commenti pesanti e offensivi a una foto rubata di una ragazza inconsapevole?
- E cosa gli è tanto piaciuto dei post violenti e oltraggiosi degli altri utenti, tutti d’accordo a dare addosso alla vittima di turno?
- Avremmo potuto essere noi al posto di quella donna mortificata e umiliata. Come ci saremmo sentite?
No, non dovremmo nè sopportare nè far finta di niente.
Conflitto prevedibile ma utile
Il conflitto che può sorgere in seguito a una scoperta simile può essere scioccante, ma dolorosamente utile a svelare i reali atteggiamenti mentali di chi stiamo chiamando “amore mio”. Può anche costituire l’occasione per riconoscere il nostro valore e pretendere una relazione basata sulla chiarezza, la gentilezza, il rispetto. Non accontentiamoci di meno.
- Senza esitazioni, facciamo una segnalazione alla piattaforma dove si trova il sito perché ha la responsabilità di intervenire soprattutto se è regolata, come Meta, dal Digital Services Act europeo. Coinvolgiamo altre donne e gruppi femminili, perchè le segnalazioni siano tantissime e non trascurabili.
- Se abbiamo paura della reazione del partner o se lui ci minaccia, contattiamo i centri antiviolenza della nostra zona oppure rivolgiamoci al 1522, il numero nazionale gratuito antiviolenza e antistalking. Non siamo sole: se ci sentiamo a disagio, confuse, intimorite, facciamoci aiutare da chi sa come farlo.
Come scoprire se ci siamo anche noi
Non è facilissimo e il risultato non è garantito, però possiamo provare a cercare noi stesse nel grande oceano del web. Possiamo partire da dati basici come nome e cognome, indirizzo mail o altre informazioni personali e usare gli strumenti dei principali motori di ricerca come gli “Alert” che ci avvertono quando qualcosa con quelle parole compare in rete. Oppure possiamo partire da una nostra foto: sulla “Ricerca Immagini” basta caricare una propria foto o incollare l’URL di un’immagine per scoprire se esistono copie uguali o molto simili su altri siti.
Una ricerca possibile
Ci sono browser ancora più precisi (come TinEye) progettati proprio per trovare copie identiche o versioni modificate della stessa immagine che forniamo loro. Altri motori (come PimEyes) procedono con il riconoscimento facciale analizzando i tratti del viso in cerca di volti simili online. Ci sono infine altri metodi ancora più sofisticati le cui procedure sono piuttosto complesse ma il cui funzionamento è illustrato in diversi siti affidabili e autorevoli. Se ci ritroviamo coinvolte in un gruppo sgradevole, offensivo o sessista, non esitiamo a rivolgerci alla Polizia Postale, che possiamo contattare sia per una segnalazione online che per fare una denuncia.
Cosa rischia chi usa foto rubate