#SegretiDelCuore

Cosa fare se scopri il tuo partner in un gruppo sessista o ci trovi le tue foto

Partecpare a un gruppo online che degrada, umilia e offende le donne a loro insaputa significa condividerne l'ideologia tossica. Ecco come reagire se ci trovi il tuo "lui" o addirittura te stessa, senza consenso

Marina Mannino

Giornalista esperta di Lifestyle

Pubblicato:

Parlando con il mio ragazzo di un’amica comune che si è ritrovata le sue foto su uno di quei gruppi social sessisti, mi aspettavo che lui li condannasse come me. Invece mi ha detto: “Voi donne avete alzato un polverone per una sciocchezza. Sono gruppi per divertirsi e fare commenti in libertà. Ci vado anch’io ogni tanto”. Sono arrabbiata e mi vergogno di lui... E se poi avesse postato le mie foto personali? Cosa dovrei fare?

Ely

La rete è un mondo infinito in cui navigano le buone intenzioni ma anche le intenzioni peggiori, quelle più pericolose e illegsali

Dobbiamo farci i conti, perché dalla rete passano tossiche ideologie sessiste (che si basano su convizioni discriminatorie contro le donne, sostenendo la loro inferiorità) e misogine (che promuovono l’atteggiamento di odio e avversione verso le donne), diffuse in gruppi aperti o community private che condividono contenuti umilianti e commenti degradanti su immagini private di donne, pubblicate senza consenso. E dobbiamo stare in guardia, perché i bersagli potremmo essere noi. Lo choc di fronte al coinvolgimento inconsapevole in questi siti può suscitare diverse reazioni. E la prima è quella più pericolosa.

Una reazione controproducente

Potremmo cedere alla tentazione di pensare “Non è poi così grave” , “Lo fanno tutti”, “Magari è solo curioso, forse non partecipa attivamente” o peggio “Sono cose che fanno i maschi, si divertono così”. Minimizzare o negare gli eventi è un passo falso contro noi stesse. Perchè?

Perchè le ideologie che degradano e umiliano le donne, ricoprendole di insulti e commenti volgari che spesso inneggiano allo stupro, non restano confinate nel web. S’insinuano nella vita reale e influenzano il modo in cui una persona pensa, agisce e tratta gli altri, incluse le persone che dice di amare.

Questi gruppi non sono un gioco

Sottovalutare la partecipazione del partner a un gruppo sessista equivale a concedergli potenzialmente tutti gli atteggiamenti di controllo, potere, svalutazione e violenza che potrebbe avere nei nostri confronti. Attenzione: potremmo aprirci la strada all’infelicità.

Questi gruppi non sono un gioco, e le loro convinzioni non sono innocue. La misoginia e il sessismo sono il motore di queste comunità che condividono e si compiacciono e di una cultura di possesso e sopraffazione che si fa beffe del consenso delle donne oltre che della loro dignità. Se il nostro partner ne fa parte, è perché in qualche modo ne approva le basi.

Il problema non siamo noi

È fondamentale capire che non è colpa nostra. Non abbiamo fatto niente di sbagliato. “Forse non sono abbastanza divertente o sexy – pensiamo – Forse sono troppo sensibile e intransigente”. No, il punto focale non siamo noi, ma le insicurezze e le frustrazioni del nostro partner che lo hanno spinto a cercare conferme in un gruppo che gli consente un senso di potere senza regole, in cui è ammesso trovare eccitante e divertente  commentare pesantemente immagini femminili rubate senza alcun consenso.

Se uniformarsi al branco che irride e calpesta la dignità altrui lo fa sentire forte, maschio e figo (eccetto che poi commenta come utente anonimo o con un nickname), è lui che ha un problema. Che però ricade su di noi, perché finora ci siamo fidate di qualcuno che si è dimostrato pronto ad aderire a un modo di pensare aberrante.

Che fare con lui?

Possiamo provare a  confrontarci con lui, affrontando la questione direttamente, ma con calma e self control. Osserviamo le sue reazioni: molti uomini scoperti reagiscono negando (“Ma quale gruppo maschilista, ti sei sbagliata!”), minimizzando (“Era solo per ridere!”) o contrattaccando (“Come ti sei permessa di guardare il mio telefono!”).

Attenzione: un partner che tiene davvero a noi si mostrerà sinceramente colpito dal nostro dispiacere, chiederà scusa e farà tutto il possibile per rimediare. Se invece ci dice cose tipo “Non capisco perché la prendi così male” o “Piantala di fare la femminista moralista”, è chiaro che non riconosce nemmeno il problema. E questo è forse ancora più grave della partecipazione stessa ai gruppi.

Un errore che pesa (molto)

Tutti possono commettere errori, è chiaro, purché poi si rendano conto di ciò che hanno fatto e siano disposti a voltare pagina.

Se lui decide di cambiare, pretendiamo azioni concrete. Deve cancellare tutti i gruppi sessisti in cui si è infilato e dimostrare con i fatti di aver capito.  Se minimizza o rifiuta, consideriamo seriamente che la nostra storia sia compromessa. Una relazione sana si basa sul rispetto reciproco: partecipare a gruppi che denigrano le donne è incompatibile con il rispetto verso di noi.

Analiziamo i fatti

Leviamoci dalla testa quella vocina lagnosa che continua a ripetere “Era solo per divertirsi! Sopporta! Fai finta di niente!”. Piuttosto, facciamoci qualche domanda:

  • Cosa aveva in testa il nostro partner quando ha fatto quei commenti pesanti e offensivi a una foto rubata di una ragazza inconsapevole?
  • E cosa gli è tanto piaciuto dei post violenti e oltraggiosi degli altri utenti, tutti d’accordo a dare addosso alla vittima di turno?
  • Avremmo potuto essere noi al posto di quella donna mortificata e umiliata. Come ci saremmo sentite?

No, non dovremmo nè sopportare nè far finta di niente.

Conflitto prevedibile ma utile

Il conflitto che può sorgere in seguito a una scoperta simile può essere scioccante, ma dolorosamente utile a svelare i reali atteggiamenti mentali di chi stiamo chiamando “amore mio”. Può anche costituire l’occasione per riconoscere il nostro valore e pretendere una relazione basata sulla chiarezza, la gentilezza, il rispetto. Non accontentiamoci di meno.

  • Senza esitazioni, facciamo una segnalazione alla piattaforma dove si trova il sito perché ha la responsabilità di intervenire soprattutto se è regolata, come Meta, dal Digital Services Act europeo. Coinvolgiamo altre donne e gruppi femminili, perchè le segnalazioni siano tantissime e non trascurabili.
  • Se abbiamo paura della reazione del partner o se lui ci minaccia, contattiamo i centri antiviolenza della nostra zona oppure rivolgiamoci al  1522, il numero nazionale gratuito antiviolenza e antistalking. Non siamo sole: se ci sentiamo a disagio, confuse, intimorite, facciamoci aiutare da chi sa come farlo.

Come scoprire se ci siamo anche noi

Non è facilissimo e il risultato non è garantito, però possiamo provare a cercare noi stesse nel grande oceano del web. Possiamo partire da dati basici come nome e cognome, indirizzo mail o altre informazioni personali e usare gli strumenti dei principali motori di ricerca come gli “Alert” che  ci avvertono quando qualcosa con quelle parole compare in rete. Oppure possiamo partire da una nostra foto: sulla “Ricerca Immagini” basta caricare una propria foto o incollare l’URL di un’immagine per scoprire se esistono copie uguali o molto simili su altri siti.

Una ricerca possibile

Ci sono browser ancora più precisi (come TinEye)  progettati proprio per trovare copie identiche o versioni modificate della stessa immagine che forniamo loro. Altri motori (come PimEyes) procedono con il riconoscimento facciale analizzando i tratti del viso in cerca di volti simili online. Ci sono infine altri metodi ancora più sofisticati le cui procedure sono piuttosto complesse ma il cui funzionamento è illustrato in diversi siti affidabili e autorevoli. Se ci ritroviamo coinvolte in un gruppo sgradevole, offensivo o sessista, non esitiamo a rivolgerci alla Polizia Postale, che possiamo contattare sia per una segnalazione online che per fare una denuncia.

Cosa rischia chi usa foto rubate

✔︎ Chi pubblica immagini altrui senza il permesso risponde del reato di trattamento illecito di dati, punito con la reclusione fino a tre anni.
✔︎ Se la pubblicazione delle immagini offende la reputazione di una persona, si può configurare il reato di diffamazione, con pene che vanno da sei mesi a tre anni di reclusione o una multa.
✔︎ La divulgazione di materiale intimo senza il consenso (revenge porn) è un reato specifico  punibile cone la  reclusione da uno a sei anni e una multa da 5.000 a 15.000 euro.