Le storie di animali – spesso dolci, stravaganti o sorprendenti – sono diventate un pilastro dei contenuti virali che circolano sui social network. Video di gattini, cuccioli salvati, piccoli di volpe, canguri allattati fanno continuamente capolino nei feed, attirando like, commenti e condivisioni. Ma la verità è che molte di questi contenuti non sono veri: sono costruiti ad arte, con montaggi, selezioni di clip rubate qua e là, voice-over o descrizioni a effetto.
Eppure, proprio quando pensavamo di avere visto di tutto, una vicenda reale ha risvegliato l’attenzione: quella del cosiddetto procione ubriaco di Ashland. Un esemplare che, entrato di notte in un negozio di liquori della Virginia, negli Stati Uniti, avrebbe rotto alcune bottiglie, bevuto gli alcolici e sarebbe stato ritrovato steso e incosciente per terra nel bagno del locale.
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La storia apparentemente vera del procione ubriaco
La foto (e il video, poi condiviso ovunque da giornali, profili personali e pagine acchiappa-click) ha rapidamente fatto il giro del web. È diventata un simbolo: la versione moderna del classico racconto assurdo che, però, potrebbe essere vero.
Secondo la ricostruzione condivisa da vari media, l’animale — dopo quella che potrebbe essere definita una sbornia involontaria — sarebbe stato recuperato da professionisti specializzati, portato in un centro di recupero, sorvegliato fino alla completa ripresa e poi liberato nel suo habitat naturale.
Così, almeno in apparenza, la storia del procione ubriaco sembrava potesse contraddire la tendenza dominante delle altre narrazioni animali virali: quella di racconti artefatti, costruiti solo per suscitare emozioni. Ma perché anche questa, a un occhio più attento, pare l’ennesima storia costruita ad hoc per arrivare a più utenti possibili e monetizzare al massimo?
Realtà, montaggio o intelligenza artificiale: i dubbi
Eppure, soprattutto di recente, questa vicenda ha sollevato seri dubbi sul fatto che, fra le storie di animali, sia l’ennesima fake news e che nessun procione ubriaco sia stato salvato. Fonti internazionali — come un fact-check citato da Yahoo News UK — indicano che il video, pur riferendosi a un episodio reale, potrebbe essere stato generato dall’intelligenza artificiale e, quindi, non mostrerebbe realmente il negozio o il procione originale.
In sostanza, la storia sarebbe stata resa ancora più virale attraverso l’ausilio di strumenti digitali. Se tutto questo fosse confermato, saremmo di fronte a un esempio lampante della cosiddetta guerra cognitiva: una battaglia per l’attenzione, dove lo spettatore è il vero obiettivo.
Del resto, non è un caso isolato: già da tempo analisti e studiosi segnalano come sui social vengano diffusi video e immagini — anche documentaristici — che mostrano animali che non sono mai esistiti, creati da software che sfruttano l’intelligenza artificiale, oppure video reali rimontati da zero per raccontare storie inedite.

Perché queste storie sono così irresistibili
La combo emozione, sorpresa e facilità di condivisione rendono molto attraenti le storie di animali come quelle del procione ubriaco. Toccano corde profonde: innocenza, dolore, salvataggi, tenerezza. In un mondo in cui i social premiano l’impatto visivo e l’immediatezza, un video ben confezionato — reale o no — ha ottime chance di diventare virale.
Come se non bastasse, l’intelligenza artificiale abbassa drasticamente i costi di produzione. Non servono troupe, location, autorizzazioni: bastano un computer e un’idea. Il risultato? Una realizzazione low-cost che può generare milioni di click, like e condivisioni.
Cosa fare per non farsi ingannare
La vicenda del Procione di Ashland — vera, presunta o un mix di realtà e finzione — rappresenta una lezione simbolica sui rischi che si corrono quando ci si fida ciecamente di tutto ciò che circola su internet. Ecco, allora, qualche consiglio per evitare di cadere nella trappola.
Prima di condividere è bene fermarsi qualche secondo. Se la storia sembra troppo bella (o troppo assurda) per essere vera, vanno cercate delle conferme. Lo si fa verificando la fonte: esiste un video originale? Chi lo ha pubblicato per primo? Qual è il canale o il documento ufficiale?
Inoltre bisogna guardare se il video presenta artefatti, didascalie sospette, prove che ci sia stato un lavoro di editing dietro, didascalie sospette. Infine, è consigliabile cercare eventuali smentite o fact-check. In un’epoca di sovrainformazione, l’attenzione è diventata una risorsa preziosa e spesso sfruttata. Sta a noi decidere se essere spettatori passivi o utenti consapevoli.