Il mondo del giornalismo perde Ettore Mo, morto lunedì 9 ottobre a 91 anni dopo una vita dedicata a raccontare e documentare i momenti più bui e dolorosi dell’ultimo secolo. Nato a Borgomanero, in Piemonte, nel 1932 ha assistito agli scontri più cruenti e cruciali di quei anni usando la sua penna per riportare la realtà delle guerre che hanno colpito il mondo negli ultimi 50 anni.
Seguì la rivoluzione iraniana dell’Ayatollah Khomeini e trascorse gli anni ’80 in Afghanistan per la guerra contro l’esercito sovietico. Poi i conflitti mondiali in Cecenia, in Jugoslavia, intervistando anche alcuni tra i maggiori protagonisti della storia.
5 libri di Ettore Mo da leggere assolutamente
Un cronista “vecchio stampo”, che credeva nel valore di raccontare i fatti senza troppi fronzoli, con crudo realismo. Dai suoi scritti traspare una profonda conoscenza del mondo e dell’umanità, frutto delle esperienze vissute da cameriere a Parigi, da barista nelle isole della Manica, da bibliotecario ad Amburgo, da insegnante di francese a Madrid (senza averne titoli).
Gaetano Afeltra, suo ex direttore, raccontava che a volte potevano passere intere settimane senza che avesse notizie dell’inviato, poi tornava senza preavviso, si sedeva e scriveva una storia indimenticabile. “Noi dobbiamo scegliere le parole con una purezza incredibile, ritrovare la castità verbale”, diceva.
Lontani da qui. Storie di ordinario dolore dalla periferia del mondo
Se ci sono parole in grado di arrivare dritte al cuore con dolorosa chiarezza sono quelle contenute in Lontani da qui. Storie di ordinario dolore dalla periferia del mondo. Ettore Mo, tornato nei luoghi in cui iniziò il suo lavoro da inviato, ci restituisce racconta della povertà in Moravia. La popolazione festeggia Natale e Capodanno al cimitero, bevendo, mangiando e dormendo accanto alle tombe dei defunti. Poi gli emigranti messicani alla conquista del sogno di raggiungere l’America che si fanno mozzare le gambe dai treni merci e gli abitanti di La Oroya avvolti da un’apocalittica polvere di piombo, zinco, zolfo e arsenico emessa dalla “fonderia della morte” al centro della cittadina e molte altre storie disperate. Una narrazione vivida del dolore umano dei paesi martoriati da guerre e crisi.
Sporche guerre
Ettore Mo in Sporche Guerre cerca di far luce sulle guerre dimenticate dal mondo. Queste si sono svolte e si svolgono in luoghi periferici rispetto all’interesse dell’Occidente. Dal “Vietnam” sovietico dell’Afghanistan alla guerriglia peruviana, dal “cimitero dei vivi” delle carceri turche al mattatoio balcanico, dall’inferno della Cecenia alle terre dell’integralismo islamico alla Birmania, alla Colombia e alle città disperate dell’India.
Diario dall’Afghanistan
L’Afghanistan ha sempre occupato un posto “speciale” nella vita di Ettore Mo. Una terra sanguinante, distrutta da decenni di guerre interne e interessi armati delle potenze mondiali. Un amore sofferto quello che lo ha legato alla sua popolazione e al suo dolore. Ci arrivò nel ’79, appena diventato corrispondente per il Corriere della Sera e ci tornò in momenti diversi della sua vita. Diario dall’Afghanistan raccoglie gli scritti quotidiani di un viaggiatore perenne, italiano tra gli afghani e afghano tra gli italiani. Un confronto continuo e aperto sul rispetto delle differenze, per costruire un’idea frastagliata e mai fissa di umanità.
I dimenticati
La peste la fame la guerra
Afghanistan, Kurdistan, Iran, Irak, Medio Oriente, Cambogia, India, Centro America: questi sono i luoghi dai quali Ettore Mo, questo volume edito da Hoepli che raccoglie le corrispondenze che vanno indicativamente dal 1978 al 1986. Capitolo dopo capitolo, uno per ogni zona geografica, l’autore racconta non solo storie di re e di generali o di strategie globali, ma anche le storie dei piccoli smarriti protagonisti, altrimenti anonimi, di un grande globale martirio.