C’è una parola che più di tutte racchiude il senso di questa notizia: finalmente. Finalmente anche in Italia essere single non è più un ostacolo insormontabile per chi desidera adottare un bambino straniero. Finalmente non sarà più il proprio stato civile a decidere se si è in grado di amare, crescere, proteggere. Finalmente i bambini in stato di abbandono avranno accesso a un ventaglio più ampio di possibilità, di braccia pronte ad accoglierli.
Il 21 marzo 2025, la Corte Costituzionale ha segnato una svolta epocale: ha dichiarato illegittimo l’articolo che vietava ai single italiani l’adozione internazionale. La legge 184 del 1983 – un’architettura normativa costruita in un tempo che non è più il nostro – è stata finalmente scalfita da una sentenza che mette al centro non una “forma” di famiglia, ma la sua sostanza: la capacità di amare.
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La rivoluzione silenziosa di una donna determinata
Questa piccola grande rivoluzione ha un volto, e si chiama Raffaella Brogi. Magistrata, 54 anni, presidente della Commissione Adozioni Internazionali, ma prima ancora una donna con un desiderio forte e limpido: diventare madre. Nonostante i rifiuti, le chiusure, le battaglie legali durate anni, non ha mai smesso di lottare. E non l’ha fatto solo per sé.
“La cosa che più mi emoziona è pensare a quei bambini che finalmente potranno avere un papà o una mamma, una famiglia, invece di crescere in un istituto. Se potessi, li abbraccerei uno ad uno”, ha detto in un’intervista a la Repubblica. E in queste parole c’è tutto: tenerezza, forza, senso di giustizia.
Perché sì, questa non è solo una notizia di cronaca giudiziaria. È un fatto che ci interroga nel profondo: su cosa sia oggi una famiglia, su chi abbia davvero il diritto di diventare genitore, e soprattutto su cosa significhi diritto alla felicità per un bambino che ha già conosciuto l’abbandono.
Una sentenza che guarda al futuro (e forse alle pensioni)
La Consulta è stata chiara: escludere a priori i single dalle adozioni internazionali è una discriminazione ingiustificata. Non garantisce stabilità al minore, anzi, rischia di negargli la possibilità stessa di una famiglia. È la fine di un pregiudizio duro a morire: quello secondo cui solo una coppia eterosessuale sposata possa garantire amore, dedizione e stabilità.
E invece, i fatti – e ormai anche le sentenze – dimostrano che le nuove famiglie non solo esistono, ma funzionano. Genitori single, coppie omogenitoriali, famiglie ricomposte: tutte forme di amore capaci di proteggere e accogliere. La sentenza non istituisce un “diritto ad adottare”, ma riconosce che vietarlo per principio è sbagliato. È, in fondo, un invito a guardare le persone, non il loro stato civile.
Ma possiamo anche considerare un altro dato. Nel 2023 in Italia sono nati 379.890 bambini. Mai così pochi. L’anno prima erano 393.000, nel 2008 superavano ancora i 570.000. Intanto, le adozioni internazionali sono crollate: nel 2011 erano oltre 4.000, oggi appena 585. Un crollo del 90% in 13 anni. Non è romanticismo, è demografia. E forse, nel vuoto lasciato da culle spente e liste d’attesa congelate, aprire anche ai single è una scelta che guarda al futuro. E pure alle pensioni.
Non siamo i primi. Ma è un buon inizio
In Francia, Spagna, Germania, Regno Unito e altri Paesi europei, i single possono adottare da tempo. L’Italia arriva tardi, ma arriva. E se è vero che questa apertura riguarda “solo” le adozioni internazionali, è anche vero che si tratta di un primo passo decisivo, che potrà aprire la strada anche alle adozioni nazionali.
Nel frattempo, però, questo cambiamento può fare la differenza per molti bambini all’estero, oggi ancora in attesa. E per tanti uomini e donne italiani che, da soli, si sentono pronti a essere genitori, ma che finora si sono scontrati con un muro.
Oltre la sentenza, la cultura
Ma c’è un passaggio che viene dopo la legge, ed è quello più lento e profondo: il cambiamento culturale. Perché se è vero che oggi un single può adottare un bambino straniero, restano ancora tanti pregiudizi da abbattere. La narrazione del genitore single come “ripiego” o “ultima spiaggia” per chi non ha trovato un partner è uno stereotipo duro a morire.
In realtà, scegliere di adottare da soli richiede forza, stabilità, e una convinzione incrollabile. Come quella di Raffaella Brogi, che ha fatto della sua battaglia personale una conquista collettiva. E forse è questo il punto più bello della vicenda: che ogni grande cambiamento parte da un atto d’amore ostinato e solitario, capace però di cambiare la vita a tanti.
Il diritto alla felicità esiste. Ora anche in Italia
In un Paese dove spesso i diritti arrivano tardi e arrancano dietro alla società reale, questa sentenza è una boccata d’aria. Non sarà una rivoluzione che cambia tutto da un giorno all’altro, ma è un segno chiaro: la felicità, per chi cresce e per chi accoglie, non può essere regolata da una casella anagrafica.
E allora, oggi, celebriamo chi ha avuto il coraggio di non arrendersi. Ma soprattutto pensiamo a quei bambini che forse, per la prima volta, potranno pronunciare la parola “casa” guardando un adulto negli occhi. Magari sarà un uomo solo, magari una donna sola. Ma non saranno più soli.