Molestie sul lavoro: il sì della Cassazione al licenziamento

La Cassazione conferma il licenziamento per giusta causa per chi compie molestie sul posto di lavoro. La situazione in Italia

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Pubblicato: 5 Ottobre 2023 14:45

Cambiano i nomi e i volti, differenti sono le età e le città in cui questi episodi accadono, ma le dinamiche sono sempre le stesse e vanno a discapito delle donne. Stiamo parlando delle molestie, di tutti quegli atti compiuti con troppa leggerezza e superficialità, a volte persino per semplice goliardismo, che però intaccano in maniera pesante la dignità delle vittime abusate.

È successo davanti alle telecamere, quando una giornalista in diretta televisiva è stata palpeggiata da un passante, ed è successo di nuovo in una scuola, in un luogo che dovrebbe proteggere le nuove generazioni, quando una ragazza minorenne è stata palpata da un collaboratore scolastico, poi assolto dalla sentenza del tribunale perché “10 secondi non sono un reato, non rappresentano una violenza”. Episodi recenti, questi, che hanno spaccato l’opinione pubblica e che si sono aggiunti a tutti quei casi che vivono nell’ombra ogni giorno.

E sì perché nella maggior parte dei casi le donne che subiscono molestie in luoghi pubblici restano in silenzio. Lo fanno perché poi lo sanno che ci sarà sempre qualcuno che le colpevolizzerà per qualcosa: per essere provocanti, ambigue, ingenue. Le cose devono cambiare, e non ci stancheremo mai di ripeterlo. Ecco perché l’ultima decisione della Cassazione rispetto a licenziamento per giusta causa a seguito di molestie di lavoro merita uno spazio, uno spunto di riflessione su tutto quello che succede intorno a noi quando non ce ne accorgiamo.

La cassazione dice sì al licenziamento in caso di molestie sul lavoro

Ci spostiamo a Palermo, è qui che alcuni giorni fa la Cassazione ha emesso la sentenza che tutti auspicavamo. Lo ha fatto dopo che due giovani impiegate hanno denunciato il capo del personale della Fondazione presso la quale lavoravano.

La vicenda risale a qualche anno fa, a quando quelle carezze non volute, le palpate senza consenso e i commenti sgradevoli da parte di un superiore non potevano essere più accettati dalle giovani che alla fine hanno scelto di raccontare la verità. Dopo la denuncia, per l’accusato, è stato disposto il licenziamento per comportamento offensivo nei confronti delle professioniste. Una decisione, questa, che non era piaciuta all’imputato che aveva scelto di fare ricorso, prima in Corte d’Appello e poi in Cassazione.

Dopo due anni il Tribunale di Palermo aveva dichiarato illegittimo il licenziamento dell’uomo assolvendo la gravità delle intenzioni. Giustificandosi per il comportamento reiterato e offensivo, l’ex capo del personale aveva dichiarato di aver compiuto quei gesti in maniera giocosa e affettuosa. Eppure, qualcosa di non consensuale che reca disagi fisici e psichici non ha davvero nulla di divertente. Lo ha riconosciuto anche la Cassazione che ha confermato il provvedimento preso in precedenza. Secondo la sentenza, infatti, gli atti sono irrispettosi nei confronti della dignità personale e professionale delle due lavoratrici.

Molestie sul lavoro: la situazione in Italia

Questa storia è l’ennesima fotografia, poco edificante, di un Paese che non riesce ancora a scardinare un retaggio culturale infimo e obsoleto, lo stesso che vede le donne come un oggetto. Lo dimostra il fatto che, come sempre, la giustificazione pone l’accento sulla leggerezza dell’intenzionalità. Ma è arrivato il momento di dare il giusto peso alle parole, e soprattutto ai fatti, affinché nessuna donna venga più discriminata o lesa nella sua dignità.

La sentenza emessa dalla Cassazione ci conferma che stiamo andando verso la direzione giusta, soprattutto perché i casi di molestie sul lavoro sono tanti e spesso si consumano nell’ombra. Secondo un’indagine condotta dall’ISTAT qualche anno fa sulle violenze sui luoghi di lavoro nel nostro Paese, il quadro che ne emerge è tutt’altro che confortante.

I dati parlano di più di un milione di donne con un età compresa tra i 15 e i 65 anni che, nel corso della loro vita, hanno subito almeno una molestia fisica o un ricatto sessuale in ufficio e sul posto di lavoro. A queste, poi, si aggiungono anche tutte coloro che sono in cerca di occupazione. La stessa indagine, infatti, ha fatto emergere che il 7,5% di loro ha subito un ricatto sessuale per ottenere un lavoro, per mantenerlo o per ricevere una promozione.

I dati hanno permesso di ottenere anche un tracciamento geografico della diffusione delle molestie sul lavoro. Il fenomeno sembra più presente nel centro Italia e, più in generale, nelle città più popolose e nei grandi comuni.

Un altro dato interessante, emerso dall’indagine, è quello relativo alla denuncia. Secondo l’ISTAT, infatti, nell’80% dei casi le donne che subiscono molestie restano in silenzio. Solo lo 0,7% si è rivolto alle forze dell’ordine per denunciare e non perché si tratti di una cosa di poco peso: le donne sono consapevoli di quello che succede, il 69% di loro ritiene gravi le molestie, eppure spesso hanno paura di reagire. Lo fanno perché hanno poca fiducia nei confronti delle autorità, ma anche perché sanno che così possono perdere il lavoro.

Ma che succede, quindi, dopo le molestie? Secondo l’ISTAT molte donne, dopo aver subito molestie o ricatti, hanno deciso volontariamente di cambiare lavoro. Altre, invece, hanno rinunciato alla carriera. Il 10% di loro, secondo l’indagine, è stata licenziata oppure non assunta.

Cosa dice la legge

Dalla parte delle donne, oggi e finalmente, c’è anche la legge. Non solo come abbiamo visto nel caso di Palermo, ma anche con la sentenza n. 23295 del 31 luglio 2023. Anche in quella occasione, dopo una denuncia da parte di una lavoratrice, è stato confermato che le allusioni a sfondo sessuale a una collega, anche senza volontà lesive, sono gravi offese alla dignità e all’onore personale e professionale. Motivo per cui, in tutti questi casi, può e deve essere disposto il licenziamento per giusta causa.

Va specificato, però, che il diritto penale italiano non ha una legge ad hoc sulle molestie sessuali in ambito lavorativo (Legislatura 18ª – Dossier n. 268. Senato della Repubblica), ma che a livello giuridico queste vengono trattate a seconda della gravità e delle modalità in cui avvengono.

Si considera comunque una molestia ogni attività che arreca danno o fastidio all’equilibrio fisico e psichico di una persona. L’articolo 8 del disegno di legge A.S. n. 655 – se approvato – introdurrà nel codice penale il nuovo articolo 610-bis c.p che punisce con reclusione dai 5 ai 1o anni chiunque “Compia atti indesiderati a connotazione sessuale, espressi in forma fisica, verbale o non verbale, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo”.