Addio a Lydia Butticchi: staffetta partigiana e madre che ha subito il dolore più atroce

Si è spenta a Milano Lydia Butticchi, staffetta partigiana, insegnante e donna che ha lottato per scoprire la verità sull'omicidio del figlio

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Redazione

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Ha insegnato il coraggio, Lydia Buticchi Franceschi. Ha insegnato non solo ai suoi alunni, ma anche a chi le stava intorno e la ammirava, ad avere forza e a trasformare il dolore in una spinta propulsiva, in un moto perpetuo che rende instancabili. E lo insegna anche ora, pur essendosi spenta, pur essendo andata lontano.

Lydia Buticchi è morta a Milano a 98 anni. La sua è stata una vita letteralmente all’insegna della resistenza: era una delle staffette partigiane che hanno segnato la storia del nostro Paese. Era una di quelle donne forti e coraggiose, determinate e con il cuore grande che si battevano per sconfiggere un regime totalitario che minacciava la loro libertà e che le rendeva sempre più schiave di una società patriarcale, maschilista e annichilente.

Lydia ha vissuto la sofferenza del nazifascismo, cercando di aiutare chi le stava intorno e chi lottava. Finito quel periodo nero si è dedicata all’insegnamento, che amava. Ma per lei, la strada, era ancora in salita. Era il 23 gennaio del 1973 quando ha dovuto subire il più atroce dei dolori: la perdita del figlio Roberto Franceschi, ucciso nel cuore della notte.

Ma le donne forti, si sa, rimangono forti anche nel cuore della tempesta, rimangono salde anche se i venti più forti e prepotenti si scatenano intorno a loro. Per Lydia è stato così. La morte di Roberto, causata da un colpo di pistola sparato dalla Polizia fuori dall’Università Bocconi, l’ha messa in ginocchio ma non l’ha atterrata.

E quando si è rialzata, Lydia era ancora più forte e determinata: ha dato vita a una Fondazione intitolata al figlio, e per mezzo di questa ha iniziato a lottare, ancora e ancora. Se prima aveva combattuto contro il nazifascimo, dalla morte di Roberto la sua lotta ha cambiato obiettivo senza perdere forza: bisognava ottenere verità e giustizia, in tutti i sensi possibili e per farlo bisognava costruire una generazione di menti aperte, illuminate, contrarie alla discriminazione.

L’obiettivo della Fondazione Roberto Franceschi è proprio questo: un modo per avvicinarsi ai giovani, tanto cari alla Lydia docente, e per incoraggiarli a battersi per la giustizia. Perché Roberto non ne ha avuta (chi sparò non fu mai trovato), ma le prossime generazioni devono inseguirla, ottenerla, esaltarla. La Butticchi è stata un esempio di impegno umano, politico e civile. E anche adesso che non c’è più, le sue impronte restano, chiara e luminose, pronte per essere seguite.