Questa è una storia che somiglia di più a una favola oscura, è il racconto di una donna straordinaria e complessa che è diventata un’icona negli anni ’70 e ’80, simbolo di una generazione e musa per l’arte.
Stiamo parlando di una delle figure più emblematiche della controcultura americana, che ha ispirato la celebre fotografa americana Nan Goldin con la sua personalità magnetica e il suo spirito indomabile. Il suo nome è Cookie Mueller.
Le fotografie che la ritraggono raccontano storie di bellezza e dolore, di amore e perdita, di una vita vissuta con passione ardente e senza compromessi. Un’anima luminosa e allo stesso tempo una creatura molto fragile. Tuttavia, la sua vita fu bruscamente spezzata da una malattia spietata, che ha strappato via troppo presto innumerevoli vite durante quegli anni bui: l’AIDS.
Chi era Cookie Mueller
Dorothy Karen “Cookie” Mueller, nata nel 1949 a Baltimora, nel Maryland, era una donna poliedrica, un diamante grezzo, icona americana che ha lasciato un segno indelebile nel mondo dell’arte e della cultura.
Ha Iniziato a recitare in numerosi film del regista John Waters, diventando una figura prominente nel mondo cinematografico alternativo con la sua presenza irresistibile e il suo stile unico che non sarebbe certo passato inosservato.
Oltre alla recitazione, nel suo cuore ardeva anche un’intensa passione per la scrittura, un amore per le parole che aveva coltivato fin dalla tenera età. Quando si trasferì nella vibrante New York, Cookie si immerse nella vivace scena artistica underground della città e divenne la voce di “Ask Dr. Mueller“, una rubrica dell’East Village Eye, in cui dispensava consigli con una saggezza arguta e uno spirito spesso giocoso, diventando una sorta di guida spirituale per i lettori.
I suoi scritti, raccolti in libri come “Walking Through Clear Water in a Pool Painted Black“, offrono uno sguardo sul mondo selvaggio, spensierato e spesso caotico in cui abitava.
Cookie Mueller era anche una vera e propria “It Girl“, indipendente, anticonformista, un’icona di stile e attitudine che ha definito un’epoca. Con il suo look audace, il suo atteggiamento spensierato e la sua capacità di navigare con disinvoltura tra i mondi dell’arte, della moda e del cinema, Mueller incarnava l’energia ribelle e l’eccentricità creativa degli anni ’80.
Ma il suo talento letterario non si fermava qui: scriveva anche per diverse riviste d’arte, mettendo in mostra tutta la sua creatività. Era un vero spirito libero in una New York vibrante di energia, ma anche di eccessi, droghe e sperimentazioni.
In questo periodo, Cookie incrocia il suo cammino con la fotografa Nan Goldin, che stava allora creando quello che sarebbe diventato il suo lavoro più famoso, “The Ballad of Sexual Dependency“, un ritratto crudele e allo stesso tempo affascinante della vita ai margini della società.
Cookie Mueller e l’ombra dell’AIDS
Nonostante la sua vivacità e un’innegabile attrazione per la vita, l’esistenza di Cookie Mueller è stata sempre costellata da un oscuro presagio di morte. Sul suo percorso sembrava sempre aleggiare un’ombra sinistra, come una tragica premonizione del destino che l’attendeva.
Nel 1983 incontrò a Sorrento il talentuoso creativo Vittorio Scarpati. Fu un incontro che cambiò la loro vita e che unì due anime artistiche in un legame profondo e indissolubile. Si sposarono ma nonostante la loro unione fosse forte e stabile, il futuro che li attendeva si rivelò tragico.
Entrambi furono colpiti dall’AIDS, una malattia fatale che all’epoca era poco compresa e molto temuta. Vittorio morì nel settembre 1989. Lei solo due mesi dopo di lui, una perdita che ha colpito il mondo dell’arte con la forza di una tempesta, lasciando dietro di sé solo silenzio e nostalgia.