Altro che bambola, la Barbie è una vera e propria icona femminista

Dallo stereotipo di femminilità a icona femminista. Barbie, il nuovo film di Greta Gerwig, cambia le carte in tavola, sfidando le critiche e promuovendo l'empowerment delle donne

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Miriam Tagini

Giornalista e Lifestyle Editor

Giornalista pubblicista, in passato ha lavorato come web editor, content creator e social media manager. È bilingue e collabora con testate online nazionali e magazine internazionali. Per DiLei scrive di Lifestyle nella sezione GirlZ.

Il film Barbie è già un vero e proprio successo. Secondo la nota ufficiale della Warner Bros, Barbie ha registrato un incredibile incasso di 2.178.000 euro nel suo primo giorno di programmazione, segnando così la migliore apertura al box office del 2023. D’altronde, avevamo già spiegato perché ne siamo tutte ossessionate. Ma ancor forse più incredibilmente, Barbie sta cercando di portare a termine un compito apparentemente impossibile: prendere una bambola nota per rafforzare gli stereotipi convenzionali delle donne e ribattezzarla come simbolo del femminismo.

L’attesissimo film, che vede la fashion doll e il suo fidanzato Ken lasciare Barbieland per il mondo reale, abbraccia la bambola Barbie come un’icona femminista. Ma si tratta della stessa Barbie che è stata a lungo attaccata dalle femministe stesse per aver presentato un ideale impossibile, irresponsabile e dannoso del corpo delle donne? La risposta è più difficile di quel che sembra, ma andiamo con ordine.

Come è nata la bambola

La storia della bambola più famosa al mondo ha inizio il 9 marzo 1959, quando venne presentata al New York Toy Fair dalla co-fondatrice dell’azienda Mattel, Ruth Handler. Ruth notò come sua figlia, Barbara Handler, amasse giocare con delle bambole cartacee ispirate ad adulti, piuttosto che con i tradizionali bambolotti che incoraggiavano la cura e la maternità, e perpetuavano l’idea che il futuro di una bambina fosse definito dall’essere madre e casalinga.

Questa osservazione portò Ruth Handler a sviluppare l’idea di una bambola adulta, più realista e glamour; qualcosa che potesse rappresentare a pieno i sogni e le ambizioni delle bambine. È nata così Barbie, il cui nome derivava proprio da quello della figlia della sua creatrice.

Il parere del pubblico all’epoca

Barbie fu una novità senza precedenti nel mondo dei giocattoli. Era la prima bambola ad avere un aspetto adulto, con una figura snella e proporzionata; molto diversa dalle tradizionali bambole con fattezze di bambina.

Quando fu presentata per la prima volta, la sua accoglienza fu controversa e suscitò sia apprezzamenti che critiche. Da un lato, molti genitori furono entusiasti di avere finalmente una bambola adulta e alla moda, con abiti eleganti e una vasta gamma di accessori, che avrebbe permesso alle bambine di sognare e immaginare un mondo di possibilità. D’altra parte, alcune critiche riguardarono principalmente il suo aspetto fisico. La figura snella di Barbie e il suo aspetto di donna adulta generarono preoccupazioni riguardo all’influenza che avrebbe potuto avere sulle bambine riguardo agli standard di bellezza irrealistici.

Le critiche

La famosa bambola è stata oggetto di svariate critiche nel corso degli anni. Molti, infatti, ritengono che rappresenti un ideale impossibile, irresponsabile e dannoso del corpo delle donne. La bella donna bionda, dal seno prorompente e la vita snella, ha suscitato preoccupazioni riguardo agli standard di bellezza irrealistici che potrebbe promuovere tra le bambine. Sono in molti, infatti, ad aver sostenuto che questa rappresentazione del corpo femminile possa contribuire a creare aspettative irreali riguardo all’aspetto fisico, mettendo pressione sulle donne per raggiungere una figura perfetta.

Le critiche si sono incentrate anche sulla mancanza di diversità nel design di Barbie per molti anni, con una rappresentazione limitata di etnie e caratteristiche fisiche diverse.

La reinvenzione di Barbie

Nonostante le incessanti lamentele che criticavano il marchio per aver promosso l’essere carina piuttosto che intelligente, Mattel è rimasta ferma sul fatto che in Barbie c’era di più oltre al suo aspetto. Mattel ha però affrontato queste critiche introducendo una maggiore diversità nella linea di Barbie, creando una gamma più ampia di modelli di corpo, etnie e carriere – anche perché nel 2014, le vendite di Barbie erano drasticamente scese sotto il milione.

L’anno successivo, il marchio ha così iniziato a reinventarsi con l’introduzione di due nuove forme del corpo: curvy Barbie e tall Barbie. Poco dopo, Mattel ha lanciato la gamma Fashionistas, che mira a rappresentare un’idea più ampia della bellezza. Le bambole erano disponibili in sette nuove tonalità della pelle, 24 nuove acconciature in 30 colori e 14 forme del viso. Infine, nel 2022 è stata rilasciata la prima Barbie sorda (con un apparecchio acustico sopra l’orecchio) e all’inizio di quest’anno è stata rilasciata una Barbie con la sindrome di Down.

Il cambiamento culturale e la nascita di un’icona femminista

A riscrivere una volta per tutte la complicata storia di Barbie è stato sicuramente il nuovo film della regista Greta Gerwig, che si rivolge proprio alle generazioni di donne che sono cresciute ascoltando le critiche a questa bambola.

Per certi aspetti, questo non è un film pro-Barbie prodotto da Mattel per ristabilire il suo posto nella storia femminista. Presenta infatti bambole fuori produzione che sono state ritirate dai rivenditori a causa delle lamentele dei genitori e trascina fermamente Barbie fuori dal suo “mondo dei sogni” in una realtà sessista, imperfetta e patriarcale.

Il nuovo film è destinato a consolidare la nuova era di Barbie come icona femminista. Grazie al suo slogan “Puoi essere tutto ciò che desideri”, Barbie non è più infatti confinata a un aspetto specifico; il suo valore deriva invece da chi è e da ciò che fa, che coesiste con il suo guardaroba stereotipicamente tutto rosa con accessori sontuosi.

È un messaggio essenziale che gli standard di bellezza e i valori basati sull’aspetto attribuiti alle donne appartengono al passato, poiché persino Barbie non si conforma più a loro.