“Sono nata nel ’68, per questo sono una guerriera”: intervista esclusiva a Maria Grazia Cucinotta

Grazie a film come "Il postino" e "007 - Il mondo non basta", Maria Grazia Cucinotta è diventata una star internazionale, conosciuta in tutto il mondo: l'abbiamo intervistata per conoscerla più a fondo, oltre i red carpet e le copertine patinate

Foto di Andrea Bertolucci

Andrea Bertolucci

Giornalista esperto di Lifestyle

Classe 1990, Andrea Bertolucci è un giornalista e autore specializzato in cultura giovanile, lifestyle, società ed economia dell’intrattenimento. La sua attività professionale lo ha avvicinato negli anni ad alcune tra le principali redazioni televisive e web nazionali. Andrea è considerato uno dei maggiori esperti di cultura Trap nel nostro Paese.

“Sembra di stare in uno di quei film, nei quali ti svegli ed è sempre lo stesso giorno. Ogni giorno arrivano aggiornamenti su cosa sta succedendo attorno a te, senza che tu lo viva direttamente. Ho deciso di staccare perché diventa alienante”. E’ così che Maria Grazia Cucinotta ha deciso di trascorrere questo difficile periodo – alla larga dai pesanti bollettini che si susseguono nei telegiornali – ma piena di creatività e progetti, che sta portando avanti anche se rimane chiusa nella sua abitazione a Roma, dove ha trascorso una quarantena allargata con i propri parenti, otto in tutto.

E’ proprio durante una di queste mattinate da lockdown – mentre sua figlia Giulia svolge i suoi compiti d’inglese, intervenendo ogni tanto nella conversazione – che l’abbiamo raggiunta telefonicamente per farci raccontare come sta passando questo momento, ma soprattutto la sua carriera, lunga ormai più di trent’anni.

A febbraio di quest’anno, durante la tournée teatrale, ti è capitato un brutto episodio: come stai adesso?
Molto meglio, sono finita nel Pronto Soccorso di Castellammare di Stabia per colpa di una reazione d’intolleranza ad un farmaco, dato che non prendo quasi mai medicine. I medici sono stati bravissimi: eravamo già in piena allarme e mi ricordo che anche al Pronto Soccorso si stava iniziando a mettere in atto una serie di protocolli anti Covid. Al di là degli ospedali – però – al sud era ancora tutto aperto, compresi i teatri. Per cui, dopo quell’episodio sono riuscita a finire la tournée giusto in tempo: tre giorni dopo è iniziato il famoso lockdown.

Fra l’altro questa emergenza sanitaria ti ha coinvolta in prima persona negli aiuti: di recente hai fatto arrivare un carico di mascherine.
Grazie ai miei amici cinesi e soprattutto al mio produttore Fang Li, sono arrivate 100 mila mascherine direttamente da Hong Kong. Abbiamo decise di darle alla Croce Rossa Italiana perché ci ha aiutato sia con la logistica, che a destinarle poi dove vi era più necessità. Contemporaneamente, c’è un’altra fantastica realtà con la quale collaboro, l’associazione “Ridiamo”, che ha comprato oltre mezzo milione di euro di attrezzature per vari ospedali. Al Policlinico di Messina hanno fatto arrivare in una sola settimana ben due ecografi, che in questo momento sono strumenti fondamentali per analizzare i polmoni.

Mr Fang Li e Maria Grazia Cucinotta
Mr. Fang Li e Maria Grazia Cucinotta


Riesci invece anche in questo periodo a portare avanti l’attività della tua Onlus, “Vite senza paura”?

In questo periodo è un dramma, perché queste donne si ritrovano chiuse in casa con degli uomini violenti. E non sono solo loro a rischiare, ma anche i bambini che non vanno scuola. Tu immagina lo strazio di questi ragazzini costretti a subire o a vedere la violenza sulla pelle delle proprie madri, che si ritrovano ancora più sole. All’inizio non chiamavano proprio, forse anche per paura. Poi ho fatto qualche annuncio e hanno iniziato ad arrivate tantissime chiamate: anche in questo momento abbiamo un team di psicologi e avvocati, con i quali stiamo cercando di aiutarle.

Oltre a questa serie di attività, mi risulta che il virus non abbia fermato neanche la tua voglia di recitare?
Per niente: in questo momento sto partecipando ad un film da casa, che fa parte di un progetto dal titolo “Il cinema non si ferma”. Si tratta di una serie di episodi scritti da ragazzi e il cui ricavato andrà in beneficienza alla Protezione Civile.

Non dev’essere facile aver speso la propria vita professionale nel creare socialità, attraverso il teatro e il cinema, per poi vedere le persone costrette al distanziamento sociale e un futuro ancora poco chiaro per il mondo dello spettacolo.
La nostra categoria è quella più schiacciata in assoluto da questa situazione e non sto parlando soltanto di noi attori, ma anche di tutti i tecnici e delle loro famiglie che lavorano e campano attraverso il teatro. Non abbiamo proprio imparato nulla dagli americani, che hanno scoperto da noi come fare il cinema e il teatro, prima di averlo reso poi un’arma mediatica con la quale influenzano il mondo intero. Tutta l’arte e in particolare il cinema sono degli incredibili mezzi di comunicazione ma soprattutto – in questo momento – dei potenti strumenti di distrazione.

Cosa ne pensi delle nuove modalità di distribuzione dei film sulle varie piattaforme di streaming?
Trovo che sia fondamentale che questo accada, perché altrimenti i film resterebbero oggi chiusi in un cassetto fino a chissà quando. Naturalmente sarà necessario rivedere il piano degli introiti e una serie di clausole, ma in generale penso sia una nuova grande possibilità. Un film ha bisogno del pubblico, qualunque esso sia: l’importante è che sia visto e che viva di un ritorno economico. Certo le sale non devono assolutamente morire, ma spero che questa rimanga anche in futuro un’opportunità in più per i registi e i produttori.

A te personalmente cosa manca di più del cinema?
E’ la seconda volta che mi fermo così a lungo, la prima è stata durante la gravidanza di mia figlia, che è stata a rischio e mi ha costretta a letto per cinque mesi. Due settimane dopo che è nata Giulia ero già al lavoro e non mi sono più fermata, lavorando in giro per tutto il mondo. Quello che mi manca è vedere oggi una stabilità e un futuro per il cinema: le notizie che arrivano sono tutte molto confuse e servono solo a prendere tempo, ma non a dare delle reali risposte.

Visto che abbiamo iniziato a parlare di cinema, facciamo un passo indietro al 1994, l’anno in cui è uscito un film che ti ha resa una star internazionale: come mai hanno scelto proprio te per “Il Postino”?
E’ successo grazie alla fidanzata di Massimo Troisi – Nathalie – che è una mia amica ed è stata lei a insistere affinché Massimo mi scegliesse. Quando abbiamo saputo che Massimo se n’era andato poche ore dopo la fine delle riprese, siamo rimasti tutti molto spiazzati. Soprattutto io, che avevo ventiquattro anni ed era la mia prima produzione così rilevante. Non sapevo bene come avrei dovuto comportarmi, ma ero consapevole di aver preso parte ad un film davvero importante, che non è stato solo un film. E’ stato un insieme di esperienze di vita, che durano tutt’ora. Di recente – per esempio – mi hanno chiamata da Salina per dirmi che, nonostante fossero passati 25 anni, un gruppo di turisti che non avevano mai visto la pellicola, dopo avere assistito alla sua proiezione hanno deciso di cambiar vita e rimanere lì. “Il postino” è un film che – nella sua semplicità – lascia il segno: parla di sentimenti veri, gli stessi che questo momento storico ci ha portato nuovamente ad apprezzare.

Di Massimo Troisi che ricordo hai?
Era una persona molto sincera, non recitava. Così come lo vedevi nella vita, allo stesso modo era nel cinema. E questo è stato il segreto del suo successo: un uomo che ti spiazzava con la sua semplicità e con il suo umorismo, qualità che l’hanno accompagnato anche quando stava male.

Maria Grazia Cucinotta e Massimo Troisi nel Postino
Maria Grazia Cucinotta e Massimo Troisi ( Il Postino, 1994)


Parliamo di un altro uomo importante nella tua vita: il prossimo ottobre festeggerai le nozze d’argento con tuo marito Giulio Violati.

Già arrivarci è stato un successo. (ride)

Qual è il segreto del vostro matrimonio?
La pazienza, ce ne vuole davvero tanta. E poi ritagliarsi i propri spazi, non precludere la vita dell’altro. Il matrimonio non è un possesso, una gabbia dentro la quale le persone vengono rinchiuse. Dev’essere un terreno su cui condividi delle emozioni, delle esperienze e cresci assieme. Ma ognuno deve avere una propria vita autonoma, altrimenti si rischia di creare delle vittime. Quando passi una vita intera a vivere l’esistenza della persona che ami, precludendo le tue scelte e le tue attività, rischi di trovarti poi insoddisfatta.

A te è mai successo?
Ci vediamo talmente poco che non abbiamo neanche corso il rischio, ogni volta sembra sempre la prima. Ancora ci sorprendiamo ogni volta che ci vediamo, proprio perché ho passato 25 anni nei quali ho viaggiato più di un pilota di aerei.

Com’è nato il vostro amore?
Tra me e Giulio si è innescato un litigio immediato, perché siamo due persone completamente diverse. All’inizio ci siamo un po’ scontrati e poi ad un certo punto gli ho detto “ricordati che ci unisce solo l’amore e quindi accetta i miei difetti”. Quando inizi a criticare ogni aspetto dell’altro, è finita. Molto meglio partire dal presupposto che nessuno è perfetto e accettarsi reciprocamente. Quello che è stato più difficile – nel mio caso – non è tanto l’inizio del rapporto, ma il matrimonio. Non sono una donna che ama particolarmente il matrimonio e convincermi a sposarsi non è stato semplice. Vedo alcuni miei amici americani che si sposano anche 12 volte, per me è già stato faticoso farlo una. Sono arrivata all’altare che guardavo Giulio e pensavo: “Ma questa non è la scena di un film, questa sono veramente io!”. (ride)

Rimanendo in famiglia, c’è la tua bellissima figlia Giulia che ha già lavorato con te a un progetto cinematografico: pensi che seguirà le tue orme?
Assolutamente no, non ci pensa proprio. Quando ho girato “Il maestro” l’ho costretta io ad entrare nel cast assieme alla sua classe. In questo periodo stiamo girando assieme anche un’altra web series, la cui idea è venuta a lei e a delle sue amiche. Però no, non vuole fare questo mestiere: si è iscritta all’università, ad Economia e Finanza, e io sono felice così.

Perché?
Sembra una banalità, ma non esiste più il cinema di una volta. Giulia è una ragazza che ama molto l’arte e la cultura in generale. Però è anche una persona concreta, ha capito che questo è un mondo veramente difficile e competitivo. Oggi per fortuna esistono le varie piattaforme e quindi c’è una maggior richiesta di prodotto audiovisivo, ma c’è stato finora un momento di grande stallo. Io mi auguro che nella vita faccia ciò che la rende felice, troppe persone seguono la propria voglia di fama o di una posizione, dimenticandosi completamente della felicità. Pensa che la figlia di mia sorella, un altro genio laureata con tutti 30, ha deciso di fare l’impiegata e mi ha detto: “Io voglio godermi la vita, mi rende felice avere il minimo per vivere bene”.

Quando il lavoro diventa preponderante su altri aspetti, viene inevitabilmente meno una serie di libertà.
Me ne sono accorta anche io, che mi ritrovo a casa per la prima volta dopo tanto tempo. Guardo Giulia, che ormai ha 18 anni e penso: “Quanti momenti mi sono persa della sua vita”.

Fonte: Getty Images
Maria Grazia Cucinotta assieme alla figlia Giulia (Foto Getty)


Forse tra i pochi aspetti positivi di questo virus, ci sarà quello di capire che abbiamo corso troppo.

Penso che questo periodo sia servito da lezione a tutti e ci abbia permesso di intraprendere le nostre scelte. Fino a quando andava tutto bene, abbiamo sempre accettato le decisioni degli altri, anche quando hanno riguardato la riduzione della spesa per gli ospedali e per la sanità. E invece oggi abbiamo capito che siamo tutti a rischio, soprattutto quelli più grandicelli come me. Io rientro ormai nella fascia più anziana, ho superato i cinquant’anni e stanno alle statistiche sono potenzialmente a rischio.

Non ne volevo parlare, ma li hai nominati tu gli anni che passano…
Io sono felice del tempo che passa e oggi lo sono più che mai.

Non vivi con un po’ di paura lo scorrere inesorabile del tempo?
Sono andata più veloce del tempo, e questo mi ha permesso di non rendermi conto del tutto degli anni che sono passati. Mi ritrovo oggi con la mentalità di una ragazzina che sta iniziando a fare i primi passi, anche quelli sbagliati. Lo scorrere degli anni lo vedo solo attraverso mia figlia, perché mi rendo conto che lei cresce e il tempo passa.

Non c’è paura nelle tue parole, forse più accettazione.
Di alcun tipo: non ho paura della vecchiaia, delle rughe, di nulla. Più ti guardi e più invecchi. Se un po’ te ne freghi e vivi la tua vita normalmente, rendendoti conto soprattutto di quanto sei fortunata a svegliarci al mattino e a stare bene, forse eviti tante stupidaggini. Parlo soprattutto di quelle che molte donne fanno alla propria faccia: ormai esistono tutti i mezzi tecnici, basta Photoshop, se proprio vuoi vederti giovane.

Se è per questo esistono anche alcune app che ti invecchiano.
Per quello, lo sono stata in alcuni film e ho già visto come sarà la mia faccia.

Il tuo anno di nascita – fra l’altro – il ’68, un anno importante di rivoluzione, di contestazione.
Mi dev’essere rimasto nel DNA, perché sono sempre stata una guerriera in tutta la mia vita. Se pensi alle mie lotte, per esempio quella contro l’omofobia, che all’inizio mi faceva guardare da tutti in maniera un po’ strana. Ma se non sei gay, perché lotti per i gay? Non avevano capito che si combatte per la vita e per i diritti delle persone. Così come quando lotto contro il tumore al seno, non lo faccio perché ce l’ho o ce l’ho avuto, ma perché è giusto difendere la vita e la salute. Sono legata ad un profondo senso di giustizia, che mi rendo conto sia una pura utopia. Ma se non parte da ciascuno di noi, nessuno lo farà al posto nostro. Certo, non ho l’ambizione di salvare il mondo, perché non è nelle mie competenze. Ma quello che posso, lo faccio. Fosse anche solo dar voce a tante realtà che altrimenti rimarrebbero nel buio.

Un ’68 diverso il tuo, non da manifestazione in piazza.
Non serve, oggi abbiamo dei mezzi che sono molto più intelligenti e veloci. I social sono diventati le nostre piazze: sono utili ad intrattenere e a divertire, ma anche dire qualcosa di sensato e soprattutto a dare voce alla verità. La gente ha paura di dire la verità, io no. Paura di cosa, che non mi facciano più lavorare? Se anche mi dovessero chiudere le porte qui, continuerò a lavorare nel resto del mondo. Non potranno mai togliermi il pubblico, non potranno mai togliermi l’affetto delle persone: dopo trentaquattro anni, non ho più dubbi sulla mia popolarità. Non ho mai approfittato di questa, ma l’ho sempre messa a disposizione di coloro che ne hanno veramente bisogno. E lo dice una che da quando è nata Giulia ha rifiutato di fare qualsiasi tipo di copertina e rinunciato alla parte più glamour del mio lavoro, perché avrei solo danneggiato lei e la mia famiglia.

Un’ultima domanda per lasciarci: hai già pensato a quest’estate, cosa vorresti fare?
Vorrei correre da mamma e andare al mare, ma ancora non si sa niente. Al massimo andrò a Fregene o al Lido di Ostia, il mare è bello dappertutto. Siamo in Italia, abbiamo la fortuna di poter stare bene un po’ ovunque.