Quello che dovremmo imparare dalla storia del piccolo Nicola Tanturli

Nicola 21 mesi si è allontanato dalla sua casa riuscendo a sopravvivere per trenta ore nel bosco. È stato ritrovato in un burrone e sta bene.

Foto di Irene Vella

Irene Vella

Giornalista televisiva

Scrive da sempre, raccogli emozioni e le trasforma in storie. Ha collaborato con ogni tipo di giornale. Ha fatto l'inviata per tutte le reti nazionali. È la giornalista che sussurra alle pasticcerie e alla primavera.

La storia di Nicola è una favola a lieto fine, iniziata lunedì notte con la sua scomparsa e finita stamani con il suo ritrovamento in un burrone da parte di un giornalista della Vita in diretta, che stava partecipando ai soccorsi. I fatti riportati da tutti i media nazionali hanno raccontato quello che stava accadendo ora dopo ora, all’inizio è stato un post della trasmissione Chi l’ha visto a lanciare la notizia della scomparsa di un bambino di due anni in zona Molino di Campanara nel territorio del comune di Palazzuolo Sul Senio, chiedendo se qualcuno avesse informazioni utili.

Da lì tutte le varie social star di Facebook, giornalisti, opinionisti o presunti tali, hanno rilanciato il caso, ognuno aggiungendo qualche indizio, lanciando il sasso e nascondendo la mano, perché nessuno lo ha detto apertamente, ma ha lasciato che nella sua bacheca ogni odiatore seriale esponesse la propria opinione, che guarda caso è andata nella stessa direzione quasi all’unanimità: “Sono stati i genitori”. I commenti letti farebbero del male a chiunque. “Non mi convincono”, “Non la raccontano giusta, c’è qualcosa sotto”, “Lo hanno fatto sparire loro”.

Prima sono stati messi alla gogna perché “quale genitore sano di mente non controllerebbe ogni minuto il figlio messo a dormire alle 19 invece che a mezzanotte?” Poi le varie congetture, ho letto post di persone che hanno ricostruito la vicenda riuscendo a far impallidire i plastici di Bruno Vespa, si va da “quale genitore lascerebbe la porta di casa aperta?”, ignorando dove in effetti la famiglia Tanturli viva per scelta, un casolare isolato e difficilmente raggiungibile, collegato all’esterno con una strada sterrata, un luogo quasi incontaminato, dove non prendono i cellulari.

Poi è stata messa sotto setaccio la madre, ho letto commenti su come fossero vestiti male, che avessero il viso sporco, segno di scarsa igiene motivo per il quale secondo la loro deduzione logica sicuramente non pulivano nemmeno i bambini, che, sempre a detta di queste persone, erano abbandonati a se stessi. Una volta ritrovato il piccolo Nicola, il popolo del web un po’ stranito dal fatto che tutte le varie congetture fossero cadute nel vuoto, ha visto bene di accusare i genitori di anaffettività, e sapete perché? Perché la madre non ha urlato e nemmeno si è strappata le vesti quando suo figlio le è stato messo in braccio, dando per scontato che ognuno di noi di fronte alle tragedie o alle forti emozioni reagisca allo stesso modo.

Mi dispiace darvi una brutta notizia. Non è così. E sapete perché? Non siamo tutti uguali. C’è chi non riesce a piangere di fronte a un lutto, c’è chi nasconde i propri sentimenti perché è abituato così da sempre, o perché non glielo ha insegnato nessuno, c’è chi invece si commuove per tutto. Sono reazioni indipendenti dalla nostra volontà, si chiamano emozioni proprio per questo, e non ce n’è una giusta ed una sbagliata, ognuno reagisce a suo modo, non per questo deve essere messo sulla pubblica gogna, come invece è accaduto a questo papà e a questa mamma, che quasi da subito sono stati indicati come i colpevoli della scomparsa di loro figlio.

Sapete qual è la verità? che ormai siamo talmente assuefatti alla televisione del dolore e alla brutte notizie che è più facile pensare male, che sperare in un lieto fine, siamo così abituati a leggere notizie di padri che uccidono i figli per vendetta nei confronti delle ex mogli, o di genitori che preferiscono uccidere la loro figlia piuttosto che essere colpiti dal disonore per il rifiuto di un matrimonio combinato, che ci aspettiamo sempre il peggio. Ed è un’analisi che fa davvero riflettere.

Quando Alfredino cadde nel pozzo artesiano e la Rai mandò la prima diretta infinita della storia televisiva italiana, tutte le famiglie rimasero alzate per vedere la “fine” della storia, anche i bambini, ed io ero tra quelli, e sapete perché? Perché tutti noi credevamo che alla fine il piccolo ce l’avrebbe fatta, perché forse eravamo ancora terribilmente ingenui o puri, forse eravamo abituati prima a pensare bene e solo successivamente abbiam iniziato a pensare male. Adesso è tutto l’opposto, figuriamoci poi se i genitori appaiono così “diversi” dall’immaginario collettivo, da quella che per noi è la normalità, come se quest’ultima fosse uguale per tutti.

Perché nel 2021 scegliere di andare a vivere in un posto sperduto per fare gli apicoltori è equiparabile a essere dei serial killer secondo il popolo di Facebook, lasciare i propri figli liberi di crescere in mezzo ai campi è sinonimo di trascuratezza, andare da mangiare ai propri animali lasciando la porta aperta è sintomo di abbandono. Vi svelo un’altra tremenda verità, questo è il lavoro di ogni contadino che abbia degli allevamenti di bestiame, vanno fatti mangiare, altrimenti muoiono.

Ho letto persone che chiedono l’intervento degli assistenti sociali perché insomma va bene tutto, ma signora mia il bambino è stato messo a letto con una maglietta invece che con il pigiama, considerando che il giorno c’erano stati quasi 40 gradi in effetti mi sembra troppo anche la maglietta, fosse per quello io intendo segnalarmi perché quando i miei figli erano piccoli e dormivano a stento, li mettevo a letto anche con la tuta dello stesso giorno se per caso si addormentavano sul divano, pur di non svegliarli, anche con le scarpe, se non riuscivo a toglierle. Ci rendiamo conto che qua stiamo facendo un processo alle intenzioni? Un processo a un diverso modo di educare i propri figli? Se ci sono dei dubbi o dei punti oscuri su questo ritrovamento non sta al popolo dei social scioglierli, c’è una procura che indagherà, per i carabinieri, che conducono le indagini, il bimbo di neanche due anni si sarebbe allontanato da solo dal casolare, vagando per i boschi nei pressi della casa, per circa 30 ore, sarebbero escluse altre ipotesi.

Mi dispiace per tutti i giudici social dei processi sommari, ma i genitori non sono indagati per nessun tipo di reato, se non quello, forse utopico, per alcuni di noi, di voler crescere i propri figli liberi e indipendenti, lontani da un mondo che prima o poi chiederà il conto della loro vita a contatto con la natura. E la loro colpa sarà quella di saper riconoscere un animale selvatico, ma non sapere chi sia il Toro Ferdinando.

Fonte: Ansa
Il ritrovamento di Nicola (foto Ansa)