Jonas Edward Salk, la storia del medico che sconfisse la poliomielite

Jonas Edward Salk è il medico che è stato capace di sconfiggere il virus della poliomelite grazie a un vaccino rivoluzionario

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Redazione

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Lontano dai riflettori e dalla notorietà, ci sono persone che dedicano la loro vita alla ricerca: stiamo parlando dei medici. Nella storia dell’umanità ci sono state epidemie e malattie che hanno colpito indistintamente gli uomini, tra cui anche la poliomielite, che nel secolo scorso ha ha reso invalide migliaia di persone, soprattutto bambini. Essendo altamente contagiosa, la poliomielite è stata una delle malattie infettive più temute del XX secolo. In tutto l’arco del novecento, le epidemie di polio erano eventi regolari. E proprio queste ondate epidemiche hanno fatto nascere i reparti di terapia intensiva degli ospedali.

Questo virus ha avuto il suo apice negli anni ’50. Colpendo il midollo spinale e i polmoni la poliomielite causava la paralisi di braccia e gambe e nei casi peggiori la morte. Proprio per questo trovare una cura era diventata una priorità. Tra i medici che dedicarono tutta la loro vita alla ricerca di un vaccino che potesse debellare il virus c’era Jonas Edward Salk.

I primi studi di Salk

Jonas Edward Salk nasce nel 1914 a New York da genitori emigrati russi di origine ebraica e fin da subito capisce che il suo destino è quello di aiutare l’umanità. Si laurea a 25 anni alla Scuola di medicina dell’Università di New York, dove si appassiona alla batteriologia. Proprio per questo decide di realizzare il suo tirocinio al fianco di Thomas Francis Jr. che da tempo aveva orientato le sue ricerche sull’isolamento del virus dell’influenza.

La collaborazione tra i due è proficua, tanto che nel 1943 riescono a creare il vaccino antinfluenzale utilizzando un virus inattivo che avrebbe stimolato gli anticorpi a difendersi. Questa ricerca è fondamentale per i suoi studi futuri, in particolare quando nel 1947 viene messo a capo del laboratorio dedicato ai virus della poliomielite presso l’Università di Pittsburgh. A sostenere le sue ricerche arriva anche la Fondazione nazionale per la paralisi infantile, creata dal presidente degli Stati Uniti, Franklin Delano Roosevelt, colpito dalla poliomielite a 39 anni.

Il successo del vaccino anti-poliomelite

Con i fondi e con un ampio quantitativo di virus della polio prodotti in laboratorio da alcuni colleghi di Salk, quest’ultimo può iniziare la sua sperimentazione. Riesce a disattivare il virus della poliomielite con la formaldeide e testa il vaccino sulle scimmie, mentre nel 1952 lo sottopone a un gruppo di volontari, tra cui i suoi figli. I risultati sono incoraggianti tanto che nel 1954 viene sperimentato su larga scala con un riscontro sorprendente, il vaccino è efficace nel 90% dei casi. Oltre al successo ottenuto dalle sue ricerche, quello che sbalordisce di più di Salk è la sua decisione di non brevettarlo ma lasciarlo a disposizione di tutti rinunciando a ingenti guadagni.

Il brevetto del vaccino contro la poliomielite appartiene alla gente, si può forse brevettare il sole? (Jonas Edward Salk)

La “rivalità” con Sabin

In quegli anni, Salk non è l’unico medico che si dedica alla ricerca di un vaccino contro la poliomelite. Albert Bruce Sabin, un medico di origine polacca, sperimenta un vaccino che si basa sul virus attivo, ma con carica virale più bassa e da assumere per via orale. I successi e la popolarità di Salk impediscono però a Sabin di sperimentare il vaccino negli Stati Uniti, tanto da spingerlo a rivolgersi all’allora Unione Sovietica. Anche questa cura ha successo, ma a differenza di quella di Salk non ha bisogno di un richiamo e assicura un’immunità duratura. Questo spinge gli Stati Uniti a utilizzarla al posto di quello di Salk. Solo dopo la sua morte a causa di un infarto nel 1995, sia in Europa che negli Stati Uniti si è tornati a utilizzare il vaccino del medico americano perché considerato più sicuro.

Dopo aver scoperto il vaccino, Salk ha dedicato il resto della sua vita alla ricerca tanto da fondare nel 1963 un istituto per le ricerche biologiche in cui si sono formati numerosi scienziati dei giorni nostri. L’eredità che ha lasciato non è solo scientifica, ma anche morale e può essere racchiusa in una frase che amava ripetere: “La speranza sta nei sogni, nell’immaginazione e nel coraggio di coloro che osano trasformare i sogni in realtà“.