Creativa, combattiva e visionaria, Fernanda Wittgens fu la prima donna italiana a gestire un museo di grande prestigio come quello di Brera. Gran parte dell’eredità della pinacoteca, alla quale oggi il mondo ha accesso, è ora disponibile grazie a lei, dall’eroica battagliera che ha messo in salvo i più grandi capolavori dell’arte, come il Cenacolo, ma anche la vita di molte persone.
Non dette quasi all’usciere il tempo di annunciarla. E mi vidi davanti una donna diversa da tutte le altre. Un erudito avrebbe immaginato in lei Pallade – Athena: io pensai a una walkiria. Il nome me lo ripeté lei, allungandomi la mano: “Sono Fernanda Wittgens”
Antonio Greppi, primo sindaco di Milano dopo la liberazione, ha raccontato così il primo incontro con l’eroina di Brera. Una donna elegante e ben vestita con il suo filo di perle appena uscita dal carcere di San Vittore dopo l’arresto per la più nobile della cause: aiutare gli ebrei a fuggire.
Fernanda Wittgens
Figlia di un professore di lettere, Fernanda si appassiona sin da bambina all’arte scegliendo, poi, di iscriversi proprio alla Facoltà di storia dell’arte. Dopo la laurea inizia a lavorare a Brera come operaia avventizia, ma la sua forte dedizione nei confronti del lavoro la trasforma, presto, nell’assistente del direttore Ettore Modigliani. Il loro sarà un sodalizio lunghissimo, capace di resistere anche ai traumi della guerra.
Nel 1940, Fernanda viene nominata direttrice dalla Pinacoteca di Brera, è la prima donna italiana alla quale viene riconosciuto un incarico così prestigioso. Ma la guerra incalza e il suo unico pensiero è quello di proteggere e preservare il grande patrimonio artistico e culturale che gli è stato affidato.
Tra il 7 e l’8 agosto del 1943 Brera viene colpita e distrutta, ma Fernanda riesce a mettere in salvo gran parte del patrimonio della Pinacoteca. Tradita da un collaborazionista, viene però arrestata insieme alle sue amiche: l’accusa è quella di aiutare i concittadini ebrei a fuggire.
Dopo sette mesi viene liberata grazie a un falso certificato di malattia: è il 24 aprile del 1945 e Fernanda può festeggiare, insieme al resto della città, la Liberazione di Milano dal nazifascismo. La città è libera ma distrutta e Brera è completamente rasa al suolo, ma ispirata, forse, alla storia della Fenice, Fernanda la fa rinascere, sollevandola dalle sue ceneri.
L’eroina milanese
Il museo viene ricostruito è nasce la nuova Brera che si trasforma ben presto nel simbolo della resilienza milanese. Tutte le opere che Fernanda aveva fatto trasferire in posti sicuri durante il conflitto tornano a casa loro: l’arte è salva. Insieme alla Pinacoteca si occupa anche di salvare il museo Poldi Pezzoli e il Palazzo Reale, colpiti entrambi duramente dai bombardamenti.
Riesce a convincere Pablo Picasso, personalmente, a portare Guernica in Europa per esporla a Milano, nel Palazzo Reale, e combatte con il Comune di Milano per acquistare la Pietà Rondanini di Michelangelo Buonarroti. Ci riesce, come sempre e la scultura diventa milanese il 1 novembre del 1952.
Muore a soli 54 anni, stroncata da un male incurabile, ma combatte fino alla fine per Milano e per i suoi cittadini, per l’arte e per il suo libero accesso.