La carbonara è una poesia, semplice e complessa al contempo: tra tutte le specialità italiane, questa è quella che più è stata soggetta a critiche, varianti e rimaneggiamenti nel corso del tempo. Per i romani, è un vanto: non c’è niente come la carbonara, in grado di sollevare persino la giornata più funesta. Pochi ingredienti, tanto amore: oggi la facciamo con un tuorlo a testa, guanciale, pecorino e macinata di pepe fresco. Un tempo, però, questo piatto ha conosciuto ingredienti che oggi – per fortuna? Chissà – non usiamo più per prepararla, come l’aglio o la groviera. Andiamo alla scoperta delle origini della carbonara.
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Come e dove è nata la carbonara
Non è una ricetta antica: questa è la premessa. E, no, non è nemmeno una ricetta al 100% romana. Oggi lo è, ovviamente, ma, come è accaduto a tante ricette prime di lei, la carbonara non ha una storia lineare nel tempo. Sappiamo, infatti, che c’è un periodo storico in cui la specialità ha iniziato ad affermarsi, fino a diventare leggenda, lasciandosi alle spalle un (bel) po’ di mistero: quello della Seconda Guerra Mondiale, nel momento in cui le truppe angloamericane hanno iniziato a mischiare spaghetti, uova e bacon in un unico piatto, insieme al parmigiano o al pecorino.
Di fatto, la carbonara è nata nel Novecento: inutile tornare indietro nel tempo e cercare di immaginare quello di cui nessuno ha lasciato traccia. C’è, però, una ricetta della carbonara pronta a lasciare a bocca aperta i puristi del piatto, in particolar modo quelli che non approvano nemmeno un singolo cambiamento: qualcuno ha mai provato la ricetta della carbonara con aglio e gruviera?
È il 1944 quando i soldati americani, dopo l’assaggio della pasta cacio e ova in Abruzzo, iniziano a essere incuriositi dalla possibilità di aggiungere il bacon, un grande classico. C’è poi la storia della famosa razione K, che potrebbe essere stata aggiunta da un soldato agli spaghetti, ovvero un composto a base di uova, pancetta e panna. La carbonara non è solo una semplice pasta, è di più: è un mito, una leggenda.
E lo dimostra il fatto che tutt’oggi, pur non avendo una paternità certa, si è insediata nelle case dei romani praticamente a macchia d’olio, fino ad arrivare a Chicago nel 1952, in un libro di cucina americano. E, sebbene in molti siano pronti addirittura a giurare che “s’è sempre fatta così”, in verità non proprio: dall’aglio alla panna, fino allo spettro della cipolla, oggi la ricetta canonica prevede unicamente guanciale, tuorlo, pecorino romano e pepe. E va bene così.
Il formato di pasta della carbonara
L’istituzione? Gli spaghetti alla carbonara. Sono il formato ideale per rendere al meglio la cremosità della ricetta, per permettere a tutti di gustare il condimento. A Roma, si usano i famosi tonnarelli, che sembrano spaghetti ma non lo sono: una pasta di forma quadrangolare più spessa. E che si sposa benissimo con i condimenti tipici del territorio romano, quali cacio e pepe, gricia, amatriciana e carbonara stessa.
C’è chi però non rinuncia al formato corto, e in tal caso mezze maniche e rigatoni sono particolarmente indicati perché riescono a trattenere il condimento al meglio: quando poi i pezzi di guanciale si inseriscono all’interno della pasta, è subito poesia al palato. Il formato da evitare assolutamente? Secondo i romani, la pasta all’uovo. Uovo nella pasta e uovo nel condimento? Stucchevole: meglio non esagerare.
Come si fa oggi la carbonara
Tornando indietro nel tempo a quel numero di agosto del 1954 de La Cucina Italiana – che oggi desterebbe tanto clamore – non usiamo più l’aglio e la gruviera. Probabilmente il nostro cuore non reggerebbe al consiglio finale: ripassare gli spaghetti insieme alle uova in padella fino per farli rapprendere. “È come film di orrore”, direbbe Joe Bastianich, ma è una parte – inevitabile – della storia della carbonara. Ciò che l’ha resa oggi, protagonista amatissima delle tavole, tanto da essere il piatto preferito dai turisti stranieri (ma non solo).
Per il guanciale, dopo la ricetta del 1954, c’è voluto ancora qualche anno: la ricetta di Luigi Carnacina nel 1960. Di pari passo, però, ecco che all’aglio e alla groviera arriva lei, uno degli ingredienti più temuti: la panna. Per dare quel tocco cremoso, che oggi otteniamo con la “carbocrema”. Negli ultimi anni, infatti, la tendenza è di puntare a una maggiore cremosità del piatto: è in atto quasi una sfida a rendere la carbonara sempre più cremosa.
Non ci addentriamo nel merito: questo simbolo della cucina romana nel mondo invita alla convivialità, oltre che all’abbondanza. Fermo restando che la carbonara non è una frittata, c’è persino chi osa realizzando zabaioni salati a bagnomaria, così spumosi da essere delicati al palato: una carbocrema che non stucca. Oggi i puristi della carbonara hanno di certo dimenticato gli anni ’80 e la mania della panna, ma è servito anche quel periodo per perfezionare la ricetta negli ultimi decenni. Fino a farla diventare ciò che è oggi, quando si è stabilizzata negli anni ’90.
Varianti della carbonara
Il 6 aprile è il Carbonara Day, mentre il 25 ottobre si festeggia il Pasta Day: è un’occasione per scoprire qualcosa di più su uno dei piatti più amati e consumati in Italia. La Carbonara ha compiuto 70 anni nel 2024: abbiamo visto che, nel corso della sua storia, è stata più volte rimaneggiata per arrivare a ciò che è oggi. Una ricetta completa, equilibrata e che non necessita, in realtà, di ulteriori modifiche.
Ma cos’è la cucina, se non creatività? Cos’è la cucina, se non innovazione? Per esempio, c’è chi si concede un’ottima carbonara vegetariana: al posto del guanciale, di solito si usano le zucchine ed è prevista l’aggiunta delle cipolle. Qualcuno storce il naso perché non ama il guanciale? Ecco che torna in auge la pancetta: l’importante è non cucinarla così ai romani o ai puristi del piatto. Molto amata, invero, è la carbonara di mare o la carbonara di tonno, dai sapori intensi. C’è la versione Kosher della carbonara, con petto d’oca affumicata, olio, vino bianco, uovo e pepe nero. Infine, quella vegana: il seitan affumicato incontra… la panna di soia, a cui viene aggiunta la curcuma per emulare il giallo intenso del tuorlo.