Mindfulness: moda del momento o efficace pratica per recuperare il benessere?

E' importante affidarsi a persone competenti e non ai maestri dell'ultimo minuto che cavalcano l'onda della sua fama

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Massimo Vidmar

Psicologo, Psicoterapeuta

Pubblicato: 7 Marzo 2019 16:30Aggiornato: 7 Marzo 2019 16:45

Di Mindfulness si parla sempre di più in Italia negli ultimi anni. Questa rapida diffusione, può far nascere confusione e interpretazioni non corrette su cosa essa sia.

L’articolo Mindfulness: falsi miti da sfatare permette di sciogliere alcuni dubbi, tuttavia nelle righe che seguono, cercherò di fare ancora più chiarezza e analizzare il fenomeno criticamente, dal mio punto di vista di Psicologo.

Cosa significa Mindfulness

Letteralmente Mindfulness si traduce come pienezza della mente, ma il termine che meglio la descrive è consapevolezza, o pienezza della consapevolezza.

Jon Kabat-Zinn, il medico che ha iniziato ad applicare i benefici della mindfulness nei suoi programmi terapeutici, la ha definita come:

la capacità di porre l’attenzione, al momento presente, in modo non giudicante

Mindfulness è uno stato di grande ricettività ed attenzione rispetto a quello che accade in un dato momento. Una condizione in cui siamo completamente presenti a quello che stiamo vivendo.

Mindfulness: stato della mente e del Sé

Facendo una ricerca internet che ha mindfulness come parola chiave, troverete spesso un corso, o la spiegazione di tecniche, o un video che ha come sottofondo una musica rilassante.

Tuttavia la Mindfulness, prima di essere una tecnica, è un’attitudine, un modo di porsi rispetto alla realtà esterna:

essere presenti, momento per momento alla realtà, come essa si presenta

Concetto non sempre facile da capire se non si sperimenta direttamente. In genere noi siamo portati a vivere qualsiasi cosa ci succeda, in modo cognitivo: ragioniamo, valutiamo e, basandoci sulle nostre esperienza passate, creiamo una nostra immagine della realtà.

Il continuo flusso di pensieri ci impedisce di apprezzare la realtà come essa è. Per capire meglio questo aspetto vi invito a leggere il mio articolo sul dialogo interno. Per entrare in uno stato di mindfulness, bisogna uscire dagli automatismi dei nostri pensieri e dei nostri vissuti (sensazioni fisiche ed emozioni), così da accorgersi di quello che accade fuori e dentro di noi.

L’atteggiamento di mindfulness ci permette di vedere le cose con gli occhi di un bambino: senza troppe sovrastrutture e giudizi, ma in modo aperto e immersivo. Questa attitudine ci fa vivere la vita in modo sereno, senza ansia, preoccupazioni, o paure.

Questa è l‘attenzione non giudicante di cui parlavo prima: vivere il momento presente così come accade, ed accettarlo per come è. Naturalmente per raggiungere questo stato di apertura mentale, ricettività e attenzione non giudicante, è necessario imparare delle tecniche e praticarle in modo continuativo.

Origini e diffusione

La pratica della mindfulness, viene dal buddismo, dalle meditazioni basate sulla consapevolezza del respiro (per es. Vipassana, ma anche altre). La sua diffusione nel mondo occidentale si fa risalire al medico Kabat-Zinn, che applicò queste pratiche ai pazienti con malattie croniche, per cercare di attenuare i loro dolori fisici. Egli strutturò un programma, che chiamò MBSR (mindfulness-based stress reduction),  che poi si è diffuso in modo esponenziale, dalla fine degli anni 70 ad oggi.

Il successo degli interventi basati sulla mindfulness è dovuto al fatto che, anche se provengono da pratiche millenarie, sono stati svincolati da valenze religiose e mistiche, potendosi così rivolgere ad un pubblico più ampio.

Va aggiunto anche un certo senso pratico, quello di utilizzare la mindfulness per risolvere specifici problemi di salute. L’attenzione degli psicologi ai processi che la mindfulness sollecita, ha permesso di sviluppare negli anni protocolli di mindfulness tarati per numerose patologie (stress, ansia, depressione, disturbi alimentari, etc.).

Un altro elemento che che ha favorito la diffusione della mindfulness è che la sua pratica porta a evidenti risultati in tempi brevi: i protocolli basati sulla mindfulness hanno una durata di circa otto sedute, distribuite su 2-3 mesi. Ogni praticante deve chiaramente prendere l’impegno di esercitarsi a casa.

La mindfulness è una moda?

Nel titolo di questo articolo mi chiedo se la mindfulness sia una moda. La mia risposta è sicuramente SI’. Come è successo in passato per altre pratiche di benessere o anche per alcune classi di farmaci, si è diffusa nell’opinione pubblica l’idea che essa possa risolvere ogni problema. Si rischia insomma di affidarle proprietà miracolose, presi dall’onda dell’entusiasmo.

Resta però il fatto che la sua efficacia è indiscussa e sostenuta da una gran mole di studi scientifici che ne verificano la validità. La mindfulness negli anni ha destato l’interesse da parte di medici, biologi, psicologi e neuroscienziati. Dopo quarant’anni di ricerche non possiamo dubitare sulla sua efficacia, ma sottolineare anche che la maggior parte degli studi che hanno monitorato gli effetti nel tempo, mostrano che questi svaniscono o si attenuano se si interrompe la pratica.

Praticare la mindfulness è di aiuto in varie problematiche psicologiche: le ricerche hanno mostrato maggiore gestione dello stress e delle emozioni, riduzione di ansia e depressione, aumento dell’attenzione e dell’intelligenza emotiva, minore aggressività e impulsività, efficacia anche nei dolori cronici e nei disturbi dell’alimentazione.

Da parte mia posso quindi dire quindi che la Mindfulness è una moda, anche perché è efficace.

La mia esperienza con la Mindfulness

Mi sono avvicinato alla mindfulness sia perché se ne parlava tanto, sia perché negli ultimi 20 anni mi sono sempre interessato alle tecniche di meditazione. Ne ho sperimentato su di me gli effetti positivi e, data la mia professione, ho compreso su quali processi psico-fisiologici certe pratiche agiscono.

Sono uno Psicoterapeuta Funzionale. Il mio modello di intervento integrato considera fondamentale l’unità mente-corpo e non separa mai i processi psicologici da quelli fisiologici. I principi veicolati dalla mindfulness, appartengono già al mio bagaglio di professionista: l’importanza fondamentale data all’ascolto della respirazione e delle sensazioni corporee, pratica base della mindfulness (il body scan), è un mio strumento di lavoro quotidiano.

Quando ho conosciuto la Mindfulness, in un corso per insegnarla ai ragazzi delle scuole italiane (Progetto Gaia – finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali), è stato quasi automatico comprenderne i fondamenti e padroneggiarne le tecniche.

La mindfulness, ha confermato quello che già sapevo grazie alla mia formazione in Psicoterapia Funzionale e alle scoperte sull’integrazione mente-corpo, di Neuroscienze e Psicosomatica.

Affidarsi al giusto insegnante

Le tecniche che si apprendono in un corso di mindfulness sono di per sé semplicissime, perché basate sul naturale ascolto della respirazione e delle sensazioni corporee. Tuttavia la pratica può aprire a dimensioni interiori anche profonde, poiché aumenta la consapevolezza di Sé, delle proprie emozioni, di pensieri e percezioni. In questi casi, la presenza di un operatore esperto che sappia guidare e sostenere il processo, è fondamentale.

Non vi affidate ad un maestro di mindfulness di primo pelo, che magari ha frequentato un corsetto on line, e non pratica la mindfulness per se stesso. Sta semplicemente cavalcando l’onda positiva della fama che questa pratica di consapevolezza sta avendo negli ultimi anni, fino a che si esaurirà.

massimovidmar.it