Sofia bambina occhi cielo

Sofia ha gli occhi azzurro cielo di sua madre, il sorriso grande di suo padre, e aspetta i polmoni di un donatore per tornare a vivere

Foto di Irene Vella

Irene Vella

Giornalista televisiva

Scrive da sempre, raccogli emozioni e le trasforma in storie. Ha collaborato con ogni tipo di giornale. Ha fatto l'inviata per tutte le reti nazionali. È la giornalista che sussurra alle pasticcerie e alla primavera.

Sofia ha gli occhi azzurro cielo di sua madre, il sorriso grande di suo padre, e aspetta i polmoni di un donatore per tornare a vivere, che i suoi non funzionano più e per respirare ha bisogno di una bombola d’ossigeno portatile. Sofia ha dodici anni e quando è felice le vengono le fossette nelle guance, si sistema i tubicini nel naso e continua a sorridere anche quando le manca il respiro, che la sua mamma le dice di stare attenta, ma come fai a smettere se la tua amica ti racconta le cose buffe?

Sofia lotta da quando aveva un anno e mezzo, ancora non parlava bene ma aveva imparato ad allungare il braccio per la puntura delle analisi del sangue e a dire “mamma bacio passa la bua”, che io i lettini di oncoematologia pediatrica me li ricordo, quella stanza luminosa ed accogliente che provava a fare finta di essere una camera come le altre, con i lettini con le sbarre e l’asta per la chemio messa di fianco, buttata là con nonchalance, come fosse un tutt’uno con l’ambiente.

Sofia lotta da quando per sopravvivere le hanno dato poche possibilità, tumore aggressivo, che io non capivo ma papà e mamma non hanno smesso di piangere per un giorno, poi è arrivata la biopsia, la chemio, non ho fatto in tempo a farmi i codini, che mi sono caduti i capelli, e poi a due anni mi hanno tolto il mostro dal pancino e anche un rene, perché io le cose le faccio o per bene o per niente, e ho vinto.

Che io pensavo di aver già dato, perché mamma mi ha insegnato che mica può piovere per sempre, e invece a volte sì, che c’è chi nasce fortunato e chi deve lottare anche per respirare, ma io mica mollo eh, e se devo portarmi uno zaino con una bomboletta d’ossigeno dietro lo farò, e magari me lo sistemo come dico io, ci disegno un bruco, che tutti dipingono le farfalle perché sono più belle, ma mica lo sanno che prima di trasformarsi erano dei bruchi? Perché esiste sempre un prima e un dopo, e io so che tutti la chiamano trasformazione, ma io la chiamo magia.

Mi chiamo Sofia e dieci anni fa sono stata rinchiusa in una camera sterile per un mese che voi vi lamentate quando siete rimasti chiusi in casa a vedere le serie tv, a cucinare e a giocare con la Playstation, che io camminavo a stento e mia mamma per venirmi a trovare si vestiva che sembrava un astronauta ed aveva la mascherina quando ancora non andava di moda, trenta giorni di muri bianchi, tre metri per quattro, solo noi due, che la tv non la capivo ero troppo piccola.

Che poi è stato tutto bellissimo, ho scoperto di avere un fratello che aspettava il mio ritorno con i giochi messi da parte apposta per me, che io non me lo ricordavo fosse così buffo e pure strambo eh, che all’inizio aveva paura anche solo a toccarmi, che poi alla fine i baci me li ha dati lo stesso, e mi ha abbracciato forte, una volta mi ha pure chiamata guerriera, che io non lo sopporto nemmeno, io sono un bruco, aspetto il mio momento, combatto e quando nessuno se lo aspetta divento una farfalla.

Mi chiamo Sofia ho dodici anni e pensavo di aver finito di lottare otto anni fa, che insomma dico io, un tumore non era abbastanza? Ma si vede che la farfalla in cui dovrò trasformarmi deve essere una gnocca da paura altrimenti tutto questo casino non si spiega.

Il nuovo mostro ha un nome più lungo si chiama fibroelastosi polmonare, che chissà cosa vuol dire penserete voi, ma io ve la faccio facile, è come avere i sintomi del Covid-19 in maniera perenne, che già non bastava essere immunodepressa, adesso devo spostarmi con la carrozzina per andare a scuola, perché mi viene il fiatone e rischio di collassare, che non mi pare proprio il caso di farlo davanti ai miei compagni, non sono così egocentrica.

Mi chiamo Sofia e ho dodici anni, da grande voglio diventare maestra, mi piace leggere e scrivere, quello lo faccio già tanto, è un modo per sfogarmi e raccontare i miei pensieri a qualcuno che possa capirli veramente, il mio diario devo dire lo fa benissimo. Quest’anno sono andata in prima media ed è successo un casino perché in classe c’erano due ragazzi che non erano vaccinati, e mia mamma ha dovuto far uscire un articolo perché i miei diritti fossero rispettati, che io mi sono pure arrabbiata, che vorrei dire incazzata ma poi i miei genitori si straniscono se dico le parolacce, ma e che cavolo me ne succede una al giorno, avrò ogni tanto pure io il diritto dirle? Io non volevo cambiare compagni, ma se voglio continuare a vivere devo farlo.

Caro diario mi chiamo Sofia ed ho scoperto che il ragazzo che mi piace e che ha passato l’ultimo mese dell’estate in casa mia non è vaccinato, ho pianto tutte le lacrime che avevo in corpo, che io pensavo di averle finite e invece sono continuate a uscire per un giorno intero. Dai diciamolo almeno tra di noi: sono proprio sfigata, di tutti quelli che potevano piacermi un no vax doveva capitarmi, ma io penso al bruco, alla farfalla e a quanto sarò gnocca e vado avanti.

Mi chiamo Sofia ho dodici anni ho vinto un tumore, respiro con la bombola e il dottore mi ha appena detto che l’unica mia speranza sarà un trapianto di polmoni. Che io appena me lo ha detto sono stata zitta per un po’ perché ho capito che la mia vita è appesa alla morte di un altro bambino, ma poi ci ho pensato bene e ho capito che lui non muore per salvare me, ma dalla sua morte (inevitabile) può rinascere la vita, e ho pianto lo stesso, ma c’è una bella differenza tra le due cose.

E comunque io l’ho detto che da grande sarò una super mega gnocca perché adesso oltre alla bombola, alla carrozzina e al giramento di maroni si è aggiunto il Coronavirus, che io l’ho detto se dobbiamo fare le cose allora facciamole in grande, ma così si esagera eh. Siamo tutti rinchiusi e siamo tutti uguali adesso, anche i miei compagni hanno le mascherine, a scuola non va più nessuno, facciamo le videochiamate, rido fino quasi a sentirmi male con le mie amiche, e aspetto. Mi mancano tutti.

Mi chiamo Sofia ho dodici anni e la mia amica del cuore ha detto che vorrebbe darmi un polmone visto che ne ha due, ma le ho spiegato che non si può fare, che tanto mi hanno messa in lista d’attesa, prima o poi tornerò ad essere una bambina che può correre senza rischiare di morire.

Che adesso anche basta di soffrire.

Mi chiamo Sofia, ho dodici anni e voglio diventare una fottutissima farfalla.

Me lo merito.

Dedicato a tutte le Sofie del mondo che aspettano un trapianto per tornare a vivere, quella che allego è una poesia scritta dalla bambina occhi cielo quando aveva dieci anni.

LA PAURA
ti corre dietro,
Non si ferma mai
Ti perseguita,
Ti lascia nei guai.
È come un drago,
Ha tre teste
Cocciute
E maldestre.
È bugiarda
Furba assai,
Molto antipatica,
Non te la dimenticherai.
È una strega,
Brutta e arrabbiata,
Dentro la testa
Si è inoltrata.
Io so cos’è
Lo saprete anche voi
È la Paura
Inventata da noi