Il cancro a 24 anni non le ha tolto la voce: Gaia racconta la vita

“Avevo un sogno e una diagnosi: ora ho una voce che può cambiare le cose”. Gaia, 24 anni, combatte il cancro parlando di libertà.

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Irene Vella

Giornalista, Storyteller, Writer e Speaker

Scrive da sempre, raccogli emozioni e le trasforma in storie. Ha collaborato con ogni tipo di giornale. Ha fatto l'inviata per tutte le reti nazionali. È la giornalista che sussurra alle pasticcerie e alla primavera.

Pubblicato: 5 Maggio 2025 16:48

Le hanno tolto i capelli, non la dignità, le hanno bucato la pelle, non l’anima. Le hanno detto “hai un tumore”, e lei ha risposto: “Ho anche una laurea da prendere”. Gaia Mela, 24 anni, originaria della Gallura, non ha scelto la malattia, ma ha scelto come affrontarla: a testa alta. Letteralmente. Nella sua terra dorata tra le rocce di granito e il profumo di mirto e di mare, Gaia ha sempre coltivato un sogno, quello di laurearsi in Beni culturali con indirizzo archeologico. Aveva gli occhi pieni di storia e i piedi saldi sul suolo della sua Sardegna. Nel 2024, però, quella terra le si è rovesciata addosso: a soli 23 anni ha scoperto un carcinoma mammario, ma non si è lasciata abbattere. Ha raccolto le lacrime come petali di fiore e le ha trasformate in ali; così ha iniziato a ricostruirsi giorno dopo giorno.

Raccontaci la tua storia
Sono Gaia Mela, ho 24 anni, vengo da un piccolo paesino della Gallura, Trinità d’agultu, la mia famiglia era composta fino al 2024 da mio padre, me e mia sorella Greta, anche in nostri genitori son separati da anni. Ora ho anche una nuova bellissima sorellina da parte di babbo che mi ha portato un po’ di gioia in questo anno malandato. Mi sono diplomata al liceo classico, e ho intrapreso gli studi di scienze dei beni culturali curriculum archeologico in cui mi son laureata quest’anno. Ho sempre fatto la stagione estiva, da quando ero minorenne a l’anno scorso, faccio l’assistente bagnante, ho il brevetto da sub, infatti la mia passione per il mare mi ha portato a scegliere gli studi di archeologia e magari fare la magistrale in archeologia subacquea. Perché dico magari? Perché questo è l’anno. L’anno della svolta, in tutti i sensi, quest’anno ho scoperto di avere un carcinoma mammario, quindi oltre a mettermi in moto per quella che si pensava dovesse essere la mia realizzazione personale, quest’anno mi impegno e lavoro anche per guarire. La mia vita in questo preciso momento è in modalità aereo che si prepara a poter tornare online, guarita e realizzata. Il 2025 vero e proprio anno di cambiamenti per me.

Hai mai avuto un momento in cui hai pensato di mollare tutto?
Ho pensato di mollare a febbraio, quando ancora facevo le chemio bianche una volta a settimana in day hospital. Stavo più male del solito. Stavo troppo male. Ho visto il mio corpo fare cose che non pensavo possibili. Ho provato dolori inimmaginabili. Ho creduto di non farcela, e nella disperazione forse, ho avvertito mio padre e il mio fidanzato Mario che non sarei mai più andata a fare una chemio, volevo interrompere le cure. Prima delle cure non avevo mai pensato di mollare neanche lontanamente, anzi volevo fare tutto velocemente e passarla come una brutta influenza. Quando ho iniziato le cure ho realizzato di essere malata. Purtroppo la chemio, che ti salva dal tumore, è come però un veleno per molte altre cose, e ti fa stare molto molto male. C’è stato un momento in cui non sapevo quanto il mio corpo avrebbe retto ancora. E invece ho potuto scoprire e sto ancora scoprendo che il corpo è davvero fenomenale, non so come, ma si riprende sempre. Tutto prima o poi passa, anche il dolore più grande, poi passa, è vero. Non ho proprio cambiato idea, non mi sono messa a riflettere, devo essere sincera, ero molto abbattuta quel periodo, semplicemente non ho mollato perché mio padre come se avessi 10 anni, quando ho detto che non sarei più andata, mi ha detto “tu non comandi niente” e semplicemente continuavo ad andare. Un po’ “obbligata”un po’ menomale che ancora non comando niente. Perché oggi sono alla mia quartultima chemio e devo ringraziare anche il fatto che ancora, a volte, anche se siamo grandi, facciamo comandare i nostri genitori. Chissà se mi fossi ascoltata in quel momento. Menomale esistono persone che ci amano e non ci lasciano soli.

Cosa ti ha fatto cambiare idea?
Vicissitudini del passato, soprattutto del periodo adolescenza, mi hanno portato da grande ad essere una persona molto performante, o almeno, questo è quello che ho provato ad essere. Ci tenevo a ribaltare la mia situazione, forse alle superiori non molti credevano in me, ero una ragazzina difficile, e per questo mi son dovuta impegnare di più. Ho lavorato così tanto per riscattarmi, che non potevo crederci, dopo tutto, anche il cancro.. perché tutto a me? Dopo la fase “down”allora mi sono presa, mi sono guardata e mi sono detta: “gaia cosa vuoi fare?” “Molli tutto ora? E che cavolo hai lavorato a fare?” Ho fatto anche un discorso con Dio. Ho cercato di capire perché a me. E dopo un po’ mi sono rimboccata le maniche, per quel che possibile, mi sono messa di nuovo a lavoro, stavolta per vivere davvero, per sopravvivere forse. Non potevo mollare i sacrifici di una vita, anzi forse, ho iniziato a pensare che il tumore fosse arrivato per questo, perché io posso gestirlo, sono stata scelta? E farò vedere che vinco io, come sempre. Hanno scelto bene.

Cosa rappresenta per te il giorno della laurea e cosa hai provato nel vederti “nuda”, senza parrucca, davanti a tutti?
Secondo me, il giorno della laurea è uno dei giorni, se non il giorno, più importante nella vita di una persona. Perché è in quel giorno che vedi concretizzarsi i sacrifici di anni, quello è il tuo giorno, il giorno in cui diventi dottore in ciò per cui ti sei così tanto impegnato! Gli anni passati a faticare aspettando di prendere quel titolo sono unici, quasi difficili da raccontare a chi non ha scelto di viverlo. Nel mio preciso caso forse in pochissimi si aspettavano che mi laureassi, forse in pochi si aspettavano anche solo che mi iscrivessi all’università, e non avevano tutti i torti, proprio per questo mi sono iscritta allora per me sono stati davvero tre anni importanti in cui dovevo dimostrare a me stessa, che gli altri non avevano ragione, e con un po’ di soddisfazione volevo dimostrarlo anche a loro. All’università comunque sono rinata, oltre ad essere super coinvolta dai miei studi, perchè adoravo ciò che studiavo, ho trovato dei professori fantastici che mi hanno trasmesso in tutti i modi la passione ma soprattutto che credevano in me. Quando mi sono ammalata il mio relatore è stato la 3º persona che lo ha saputo, gli ho detto che io assolutamente volevo continuare il nostro lavoro e non sapevo come visto che avrei dovuto lasciare Sassari ma in qualche modo dovevamo riuscirci. E così è stato, lui non mi ha mai mollato. Anzi, lui, la coordinatrice di corso, e tanti altri hanno lavorato per me e insieme a me, hanno reso la mia laurea possibile nonostante tutto. Quindi per me il giorno della laurea è stato forse il più bello della mia vita perché riassume tutte queste cose; il sacrificio, la forza individuale e la forza della coesione, gli affetti, la fatica, la gioia. Il giorno della mia laurea significa _nonostante tutto_ e io non posso che essere grata a me stessa e alle fantastiche persone che mi hanno accompagnato. Il fatto della parrucca in realtà non l’ho vissuto in maniera particolarmente toccante perché io avessi vergogna nel mostrarmi pelata, anzi io adoro la mia testa, ma questo perché quando mi hanno regalato la parrucca veramente non l’ho sopportata, a me è risultata fastidiosa. Ma chissà magari per cambiare prima o poi la metterò. In generale non ho mai pensato di dover nascondere la mia testa, credo che questa cosa sia superata, siamo belle anche così e lo sappiamo. Per molti però forse è ancora un tabù, e qualcuno ha ben pensato di consigliarmi di coprirmi, addirittura scioccato dal mio no come risposta, mi son sentita dire “almeno il giorno della laurea” e allora io per rispettare il mio carattere e la mia personalità, (indossavo il turbante fuori perché comunque fa freddo)quando sono entrata a discutere la tesi, mi sono levata il turbante. Non voglio che passi che mi sono laureata nonostante il cancro, perché io non ho il cancro da tre anni. E la laurea non arriva tutta insieme. Io mi sono laureata col cancro, perché ora ho il cancro, ma la mia laurea è molto di più. E ho discusso pelata non per far vedere che sono malata, io non sono la mia malattia, la malattia ora c’è certo, ma non è lei la protagonista. Ho discusso pelata perché ora io sono così, questo è il mio look e sono bella lo stesso. E perché tutti noi malati oncologici e non, siamo esattamente chi vogliamo essere, questo era il messaggio.

Il tuo legame con Mario è stato un pilastro durante la malattia: cosa ti ha insegnato questo amore vissuto tra ospedali e sedie scomode?
Io e Mario ci siamo conosciuti a lavoro, quasi discutendo, un amore quindi vero, non costruito da appuntamenti in cui si va preparati, ma anzi eravamo sporchi e stressati. Questo credo riassuma il nostro rapporto, sapevo che ci amavamo, forse sarò sdolcinata e banale ma non avevo mai vissuto qualcosa del genere, noi non siamo solo fidanzati, siamo migliori amici, fratelli, colleghi, complici. Quando dico che ho sempre saputo dell’amore che ci lega, intendo certo, in cuor mio, poi uno ci spera anche che duri, ma magari in silenzio. Anche perché noi non abbiamo mai avuto bisogno di dirci grandi cose. Ma da quando mi sono ammalata, ho capito che non era solo un cuor mio, che non dovevo sperare o pensare “ma chissà se ho ragione, è lui quello giusto, chissà se dura” perché è proprio così. In una situazione come quella in cui siamo capitati ora, e non perché non mi fidassi di lui o non credessi in lui, non avrei mai potuto immaginare o sapere se sarebbe rimasto, proprio per quanto difficile, e siamo sinceri, molti scappano. Invece lui non solo è rimasto, si è quasi fuso con me, sarà molto brutto quello che dirò ma lui si è davvero ricoverato con me. Ho fatto una sola chemio senza di lui in day hospital perché l’ho dovuto obbligare ad andare a fare un esame all’università, gli altri due prima li aveva saltati per stare con me. Quando sono stata ricoverata la prima volta per 26 giorni lui è stato 26 giorni nella camera di ospedale con me. Lui mi sta dimostrando ogni giorno, che a noi ci lega qualcosa di più grande di qualsiasi tipo di attrazione. E questo non può non essere amore. Ovviamente è molto fiabesco pensare all’amore per sempre, non posso sapere se esiste, ma se esiste io lo auguro a tutti così. Se dovete amare, amate così, e fatevi amare così. Se no non ha senso.

Che messaggio vorresti dare a una ragazza che oggi, come te mesi fa, scopre un tumore al seno e si sente sola e spaventata?
Vorrei dire a quella ragazza di non avere paura, che all’inizio sembra tutto così grande e difficile ma che poi viene anche un po’ tutto naturale, le persone che ci amano a volte possono sembrare invadenti con i loro aiuti, ma ci dimostrano che non siamo poi così sole, anche se tutto l’aiuto del mondo spesso  non va bene perché solo noi in realtà sappiamo ciò di cui abbiamo bisogno e non possiamo darcelo. Ci sono tante altre persone nella stessa situazione pronte ad accoglierla, abbracciarla, confrontarsi e confortarla. E queste persone faranno la differenza, perché capirà di non essere l’unica. In questo percorso si instaurano anche dei legami nuovi e fortissimi con persone simili, che affrontano lo stesso percorso. Questo è utilissimo e bellissimo. Le direi di affidarsi ai medici e infermieri e di fidarsi, di dire loro ogni cavolata che sente anche la minima, per sentirsi al sicuro e di imparare ad ascoltare il proprio corpo. E che piano piano con lo spirito giusto, tutto scivolerà via, ma d interrogarsi su quale sia la lezione, perché sicuramente abbiamo avuto da imparare e non dobbiamo dimenticarlo.

C’è stato un momento preciso in cui hai capito che non eri più solo una “paziente”, ma una donna che stava scegliendo come vivere la propria battaglia?
Il momento appunto in cui io mi sono interrogata, che ho citato anche nella 2º domanda mi pare.. li ho capito di dover riprendere la mia vita in mano e lavorarci di nuovo più di prima, e ammetto che ormai, me lo ripeto ogni giorno, perché ogni giorno sei paziente ma ti devi ricordare che uscirai da lì e devi riprendere a spaccare tutto.

Dopo questa esperienza, cosa significa per te la parola “futuro”?
Ero abituata a vivere il presente in funzione del futuro, o meglio, lavoravo in vista del futuro, quindi senza mai godermi il presente come qui e ora. Questo aspetto per me è sicuramente cambiato, in qualche modo sto sempre lavorando per il futuro, vedi per esempio la guarigione, certo che ci penso. Ma ora ho capito che devo anche godermi il qui e ora. Perché quando mi sono ammalata, e ho avuto paura che non ci fosse futuro, mi sono sentita anche come se non avessi avuto un granché come presente e ancora meno come passato. Questo non deve più succedere, ora voglio godermi le mie giornate, le voglio vivere appieno, voglio ascoltare le emozioni e soprattutto ricordare a chi amo che lo amo. Perché ho avuto paura anche di non aver amato abbastanza. Quando hai paura di non vedere il futuro, ti passa una vita davanti, in cui ti chiedi “che cavolo ho fatto tutto questo tempo?” E ti senti anche in colpa, pensi di non aver amato abbastanza perché tutto d’un tratto ti ricordi quanto importanti siano quelle persone che in genere dai per scontato. Io ora voglio vivere il presente e amare. Così in futuro sarò felice di averlo fatto, e non avrò più paura.

Non è la parrucca che fa la donna, è il coraggio. E Gaia ne ha avuto da venderne. Ha messo la chemio sotto al vestito buono, la paura sotto la corona d’alloro, e si è seduta davanti alla commissione come una guerriera fiera del suo campo di battaglia. La sua laurea non è solo un titolo, è una dichiarazione d’amore alla vita. E noi, davanti a donne così, possiamo solo inchinarci e imparare.