La sindrome di Brugada è una rara patologia cardiaca che espone chi ne è affetto a improvvise aritmie cardiache che possono anche essere fatali. Si tratta di una patologia che colpisce in maniera clinicamente evidente più frequentemente gli uomini che le donne, in particolare i soggetti di sesso maschile tra i 30 e i 40 anni e, indicativamente, riguarda in USA e UE circa 2-3 persone ogni 10.000. Nei paesi orientali, la prevalenza è più elevata. Può essere sporadica o famigliare e ha una trasmissione autosomica dominante, ovvero esiste il 50% di probabilità che venga trasmessa alla prole da un genitore che ne è affetto.
È stata descritta per la prima volta nel 1992 e da allora sono stati fatti enormi progressi nella diagnosi e nel trattamento di questa pericolosa patologia.
Indice
Cos’è esattamente la sindrome di Brugada?
La sindrome di Brugada rientra tra le malattie cardiache ereditarie, che si caratterizza per un’alterata funzionalità di una componente della membrana che avvolge le cellule cardiache. L’alterazione fisiopatologica nella sindrome di Brugada è rappresentata da una durata ridotta rispetto al normale di una delle fasi del ciclo cardiaco. Questa problematica può essere causata da una disfunzione dei canali che regolano il passaggio di ioni (principalmente sodio ma anche calcio e potassio) a livello delle cellule cardiache.
Questo squilibrio può portare a sviluppare aritmie ventricolari come la fibrillazione ventricolare che possono indurre un arresto cardiaco. Tali alterazioni elettriche dipendono da specifiche mutazioni genetiche tra cui, la più comune, (presente in 2 pazienti su 10 con sindrome di Brugada) è quella del gene SCN5A. Il compito di questo gene è quello di fornire le informazioni necessarie per la creazione delle strutture che trasportano il sodio attraverso la membrana delle cellule del cuore.
Un’alterazione nell’attività di questo complesso meccanismo causa un problema nella gestione degli ioni all’interno degli ambienti intra ed extracellulari che possono, infine, scatenare potenziali aritmie ventricolari maligne.
Quali sono i sintomi della Sindrome di Brugada?
Nella maggior parte dei casi la sindrome di Brugada non presenta sintomi e la morte cardiaca improvvisa può essere la prima manifestazione del problema. Esistono, tuttavia, alcuni segnali che potrebbero fungere da campanelli d’allarme per la presenza di una sindrome di Brugada: tachicardia, palpitazioni o episodi di svenimento, provocati da una contrazione rapida e inefficiente dei ventricoli, che dura qualche istante prima di rientrare nei livelli di norma.
Cardiopalmo, malessere, sincopi frequenti e di origine ignota e anche enuresi notturna, ossia un involontario rilascio di urina durante il sonno causato dal rilascio sfinteriale generato dalla sincope notturna, sono altri segnali che possono suggerire la presenza di un problema che potrebbe essere legato alla sindrome di Brugada. In ogni caso, in presenza di questi campanelli d’allarme, è bene consultare il proprio medico di fiducia.
Generalmente la sintomatologia si presenta a riposo, durante la notte o nelle fasi di recupero dopo uno sforzo fisico. Invece, l’attività fisica o lo stress non rappresentano fattori di pericolo per chi soffre di sindrome di Brugada.
La manifestazione è più grave della patologia è la morte cardiaca improvvisa, dovuta a una fibrillazione ventricolare che provoca arresto cardiaco, un’eventualità che di solito si manifesta nei pazienti giovani tra i 25 e i 50 anni, ma può avvenire anche in giovanissima età o più avanti. La perdita di coscienza è immediata e di solito non fornisce segnali specifici, manifestandosi durante la notte e causando traumi da caduta quando accade nelle ore diurne.
Nonostante la pericolosità della sindrome, la maggior parte dei pazienti che presenta un elettrocardiogramma con caratteristiche compatibili con la patologia non ha nessun tipo di episodio nel corso della vita e spesso non si accorge di essere portatore di questa rara malattia cardiaca.
Come si diagnostica la sindrome di Brugada?
La diagnosi non è banale, dal momento che le aritmie si manifestano in modo improvviso e non è automatico che le indagini diagnostiche che vengono consigliate riescano a rilevare anomalie legate alla malattia. Dal momento che il cuore di chi ne soffre non presenta evidenti difetti strutturali, può essere indicato fare dei controlli regolari e, in caso di sospetto, approfondire con alcuni specifici esami, quali:
- elettrocardiogramma;
- elettrocardiogramma dinamico con Holter delle 24 ore a 12 derivazioni, che valuti l’attività del cuore e rilevi eventuali aritmie;
- test da sforzo.
Nell’esecuzione delle indagini elettrocardiografiche, si ricerca un pattern specifico, ossia un’alterazione caratteristica del tracciato rilevato dallo strumento. I pattern evidenziati possono essere sufficienti a diagnosticare la sindrome di Brugada oppure rendere il quadro sospetto per la possibile presenza della patologia.
In questo secondo caso possono essere prescritti ulteriori esami che possano confermare o escludere la presenza del problema. Tra questi il più diffuso è il test alla Flecainide o all’Ajmalina: effettuato in day hospital, l’esame prevede un’infusione controllata di uno di questi due farmaci, i quali accentuano un preciso profilo elettrocardiografico in presenza di sindrome di Brugada.
Possono essere prescritti al soggetto anche alcuni test genetici, eseguiti tramite un semplice prelievo di sangue e determinanti per capire come gestire al meglio il paziente e in quali casi consigliare un’indagine più approfondita nei familiari. Essendo la sindrome di natura genetica, è possibile, infatti, che siano presenti più casi nello stesso nucleo familiare, e che potrebbero necessitare di cure mediche e attenzioni particolari. Spesso è utile approfondire la storia medica dei parenti più stretti del soggetto, per comprendere se ci sono casi sospetti di sindrome di Brugada, compresi quelli che non sono stati correttamente diagnosticati come tali.
Fungono da campanello d’allarme la presenza, ad esempio, di morti improvvise in giovane età (sotto i 50 anni) per cause poco chiare, parenti con frequenti episodi sincopali o aborti tardivi.
Avere una diagnosi certa di sindrome di Brugada è indispensabile per iniziare fin da subito a introdurre nella quotidianità alcuni specifici accorgimenti, che possono limitare l’esposizione al rischio.
In ogni caso è bene sottolineare che un pattern elettrocardiografico compatibile con la sindrome di Brugada non significa per forza avere la malattia, che si può certificare solo quando esistono più elementi sovrapposti, quali i segni tipici nell’ECG, sintomatologia specifica o familiari affetti o sospetti tali.
I fattori di rischio nella Sindrome di Brugada
La familiarità genetica per la patologia è il più importante fattore di rischio e chi ha nell’albero genealogico più stretto (genitori, fratelli etc) un caso di sindrome di Brugada è molto più a rischio di presentare la stessa alterazione genetica.
Inoltre, tra i principali fattori che espongono a una maggiore probabilità di manifestare sintomi clinici nei pazienti con sindrome di Brugada ci sono:
- l’appartenenza al sesso maschile;
- la presenza di squilibri elettrolitici;
- alcune condizioni di salute, come la febbre, che causa un importante incremento del rischio per i pazienti con Brugada;
- l’uso di alcuni tipi di farmaci associati a un aumentato rischio di aritmia.
Se in famiglia sono presenti casi accertati e/o persone che hanno avuto episodi sospetti, è importante contattare il proprio cardiologo di fiducia, che potrà proporre una serie di indagini e individuare quanto prima la presenza di questa alterazione genetica potenzialmente letale. Quando non conosciuta e trattata adeguatamente, infatti, la sindrome di Brugada può sfociare in episodi rischiosi per la sopravvivenza.
Il trattamento della sindrome di Brugada
I pazienti affetti da sindrome di Brugada non hanno una progressione clinica prevedibile o standardizzata. Infatti, gli individui con un ECG compatibile con questa patologia, possono presentare un livello di rischio moderato per tutta la loro vita, senza mai presentare manifestazioni cliniche.
Lo stato di salute potrebbe modificarsi nel corso del tempo e, per questo, è bene che i soggetti portatori dell’alterazione genetica eseguano controlli cardiologici periodici e programmati, in modo da monitorare da vicino l’eventuale l’evoluzione della patologia.
Il primo passo per minimizzare il rischio nei pazienti con sindrome di Brugada è quello di conoscere le situazioni che possono scatenare gli episodi di aritmia, per evitarle. Ad esempio, esiste un elenco specifico di farmaci che i pazienti con Brugada non possono assumere perché predispongono all’insorgenza di alterazioni elettriche cardiache e possono mettere a repentaglio la vita. A questi si accompagnano anche numerose sostanze che è meglio non introdurre nell’organismo.
Nei soggetti che non presentano un rischio elevato di sviluppare episodi aritmici maligni, è possibile consigliare una terapia farmacologica con chinidina, un farmaco capace di intervenire sui flussi delle correnti di potassio e sodio. Tale terapia può essere sufficiente a mettere il paziente al riparo dal rischio aritmico, ma necessita di essere assunta sotto stretto controllo medico e inserita in un calendario di indispensabili check-up periodici.
Se il rischio diventa più alto, l’assenza di farmaci in grado di prevenire efficacemente le aritmie ventricolari che causano morte improvvisa, fa propendere gli specialisti per l’impianto di un defibrillatore automatico. Questa opzione viene consigliata a chi ha un rischio particolarmente elevato, ha già subito arresti cardiaci in passato o ha presentato seri sintomi legati alla sindrome di Brugada.
Come funzionano questi moderni dispositivi? Monitorano costantemente il ritmo cardiaco e intervengono prontamente in caso di aritmie ventricolari che si rivelano potenzialmente rischiose per la vita. Posti nelle vicinanze del muscolo cardiaco, i defibrillatori sono in grado di inviare scariche elettriche ad hoc, che aiutano il cuore a ripristinare le sue normali funzionalità.
L’impianto di defibrillatori sottocutanei, poco invasivi, è spesso consigliato ai pazienti più giovani.
In un gruppo ben selezionato di soggetti con alto profilo di rischio (ravvicinati interventi del defibrillatore o aritmie troppo frequenti) è possibile eseguire interventi chirurgici finalizzati a un’ablazione transcatetere che inattiva le cellule malate presenti sulla superficie esterna del ventricolo destro del cuore. L’intervento, però, non risolve completamente la problematica e potrebbe essere necessario intervenire nuovamente in seguito.
FAQ
L’esecuzione di elettrocardiogramma a 12 derivazioni, elettrocardiogramma dinamico con Holter e test da sforzo sono pratiche utili per valutare la presenza della sindrome di Brugada. Nei casi in cui il pattern sia sospetto, ma non si sia evidenziata la certezza della sindrome, si possono effettuare altri test diagnostici, come il test alla Flecainide o all’Ajmalina. Inoltre, è possibile eseguire indagini genetiche, sia sul soggetto, sia sui familiari più stretti.
I soggetti che presentano un quadro elettrocardiografico compatibile con la sindrome di Brugada possono risultare asintomatici e non sperimentare mai episodi di aritmie maligne o malesseri, nell’intero corso della loro vita. Inoltre, esistono trattamenti efficaci per tenere sotto controllo la patologia, anche nel caso comporti per il soggetto episodi aritmici e potenziali rischi. Tuttavia, l'andamento clinico della malattia è vario e imprevedibile e risulta impossibile, quindi, stabilire l’aspettativa di vita di un individuo con la sindrome di Brugada.
È indispensabile evitare l’assunzione di farmaci che interferiscono con l’attività elettrica del cuore e gestire prontamente gli stati febbrili, che sono particolarmente pericolosi per l’attività cardiaca di un soggetto con Brugada. Inoltre, è fondamentale non saltare i controlli periodici con il cardiologo, che possa valutare la gravità della situazione e stabilire, di volta in volta, le cure più appropriate per mantenere basso il livello di rischio.
La sindrome di Brugada è una patologia cardiaca rara, che colpisce in maniera clinicamente evidente prevalentemente gli uomini e di cui soffrono circa 2-3 persone ogni 10.000. La sua trasmissione è spesso autosomica dominante e ciò comporta un rischio di trasmettere la patologia da parte di un genitore affetto ai figli nel 50% dei casi.