Ottobrata. E temperature sempre più elevate. Anche in autunno. Il risultato è che anche in questo periodo si rischia di incontrare (ovviamente sotto l’aspetto dell’allergia) pollini di varie specie. Magari fuori stagione. Al rilascio abbondante legato a piante che concentrano la fioritura tra la primavera e l’estate, con un rilascio di carico pollinico sempre più abbondante, si aggiungono fioriture primaverili anticipate e pollinazioni invernali prolungate.
A dirlo è una ricerca apparsa su Nature Communications, secondo cui in pochi decenni la stagione critica per le allergie, inizierà fino a quaranta giorni prima in primavera e si prolungherà di 3 settimane in autunno. Cosa fare? “A causa del riscaldamento globale, la stagione critica delle allergie è dunque destinata a divenire sempre più lunga e massiccia, con ondate di pollini in contemporanea nelle stesse settimane. Effetti ci saranno anche sulla quantità totale dei pollini che in pochi decenni potrebbero aumentare del 200%. A dirlo è Gianenrico Senna, presidente della Società italiana di Allergologia, Asma e Immunologia Clinica (SIAAIC) e professore di Malattie Respiratorie all’Università di Verona.
Niente più “basse stagioni” per l’allergia
Dagli esperti riuniti a convegno emerge chiaramente che i mutamenti del clima hanno anticipato la pollinazione primaverile, prolungato quella invernale e soprattutto determinato la diffusione di allergeni ‘fuori stagione’. “A causa delle sempre più ricorrenti anomalie climatiche stiamo registrando un aumento delle richieste di aiuto anche in periodi in passato insoliti, da parte di chi soffre di allergie solo in primavera – fa sapere Senna.
Se si aggiungono fioriture primaverili anticipate e pollinazioni autunnali prolungate, il risultato è che a causa del riscaldamento globale moltissimi italiani rischiano di soffrire di allergie da pollini praticamente tutto l’anno, con sintomi peggiori e terapie che devono essere protratte nel tempo”.
In effetti, le rilevazioni effettuate dalle reti di monitoraggio dei pollini aerodiffusi nell’atmosfera, negli ultimi 30 anni, mostrano evidenti cambiamenti. Ad esempio, la parietaria, in Italia e in tutto il Mediterraneo, e l’ambrosia, nel Nord Italia e in tutto il Centro Europa, mostrano un allungamento della loro stagione di pollinazione. In particolare, a causa dell’aumento delle temperature, la parietaria rimane quasi tutto l’anno e continua a liberare polline fino a tutto settembre e ottobre. L’ambrosia, invece, comincia a fiorire a luglio e, complice il caldo, continua anche in autunno.
“Questo comporta che le stagioni dei pollini delle diverse piante sono destinate sempre più ad emergere in contemporanea: se una volta si iniziava ad esempio con i pollini di cipresso e solo in un secondo momento arrivava la betulla, in futuro le ondate di pollini avverranno contemporaneamente nelle stesse settimane” conclude Senna. Lo evidenzia una ricerca pubblicata sulla rivista Nature Communications, condotta negli Stati Uniti, che ha studiato l’effetto dei cambiamenti climatici su una quindicina tra piante erbacee e alberi, particolarmente allergenici.
Il peso dell’inquinamento e il ruolo delle muffe
“Lo studio mostra uno scenario in cui la stagione critica per questo tipo di allergie, oltre a iniziare fino a 40 giorni prima in primavera, si prolunga anche di 19 giorni in più rispetto ad ora a fine estate o in autunno – spiega l’esperto“. Se non ci decideremo a dare un taglio drastico alle emissioni di CO2, entro pochi decenni registreremo un aumento del 200% nella quantità totale di pollini rilasciata dalle piante. E’ ormai innegabile che i cambiamenti climatici stanno avendo effetti non solo sulla durata delle malattie allergiche da pollini ma anche sulla loro intensità, con un più abbondante carico pollinico e sintomi peggiori”.
La produzione di polline è infatti strettamente legata alla crescita delle piante e le massicce quantità di CO2 in atmosfera incoraggiano la fotosintesi. Le piante così crescono di più e rilasciano più polline e intanto le temperature più elevate allungano la finestra utile per la crescita delle piante, che hanno più tempo per liberare il polline e per riprodursi.
Non dobbiamo dimenticare, infine, che l’autunno è notoriamente la stagione “nera” per gli allergici agli acari e alle muffe, la cui proliferazione è incentivata dalle prime piogge e dall’accensione dei riscaldamenti. “Le muffe come per esempio l’Alternaria, l’Aspergillus o il Cladosporium, sono le principali responsabili – conferma Senna – dello scatenarsi di allergie in questo periodo. Gli acari invece sono piccolissimi insetti, della famiglia degli aracnidi, che non sono visibili ad occhio nudo. Si riproducono nella polvere ed è comune trovarli per esempio nelle camere da letto tra i cuscini o il materasso, oppure nei tappetti o scaffali. Negli spazi chiusi diventano quindi prioritari l’igiene, la pulizia e l’aerazione degli ambienti e altre procedure di prevenzione ambientale, soprattutto nelle fasi di allergia più acuta, per ridurre al massimo la presenza degli acari”.
Come comportarsi? Gli allergologi raccomandano di rivolgersi sempre allo specialista prima di procedere con i farmaci. “Sia le terapie con gli antistaminici, efficaci per gli starnuti e il naso che cola, sia quelle con i cortisonici per via inalatoria contro le ostruzioni nasali, non presentano – conclude il presidente SIAAIC – particolari controindicazioni. Ma è comunque fondamentale che a prescriverli sia il medico con cui valutare anche la possibilità di ricorrere all’immunoterapia allergene specifica”.