Gli accertamenti da parte dell’AST Città metropolitana di Milano sono scattati immediatamente, dopo la segnalazione di 11 casi di sospetta legionellosi in altrettanti abitanti del capoluogo lombardo. Al momento 8 di loro sono ancora ricoverati, mentre una persona è deceduta. Tutti sono residenti nel quartiere di San Siro, nella zona adiacente via Rembrandt. Da chiarire l’origine del contagio. Non si tratta, comunque, della prima volta che si verificano focolai di legionella in Lombardia, né in altre Regioni.
Nuovo focolaio di legionella a Milano
Come ha fatto sapere l’Agenzia di tutela della salute (AST), tutti i pazienti coinvolti nel nuovo sospetto focolaio di legionellosi, la malattia trasmessa dal batterio della legionella, “presentano fattori di rischio predisponenti per l’infezione da legionella. Una persona è deceduta e, attualmente, 8 sono ricoverate”. Dopo il primo bilancio, al momento stabile, sono scattati però gli accertamenti per identificare l’origine del contagio e della diffusione. Per questo sono stati prelevati campioni di tracce organiche nelle abitazioni dei cittadini coinvolti, per inviarli ai laboratori per le necessarie indagini. Al vaglio anche alcuni possibili luoghi considerati “a rischio” di nuovi casi di legionellosi.
I precedenti in Lombardia
Non è la prima volta che si registra un focolaio di legionellosi in Lombardia. In passato, precisamente nel 2020, si era verificato un caso a Busto Arsizio, in provincia di Varese, con 16 persone interessate da un’epidemia di polmonite batterica riconducibile al batterio e considerata all’epoca un “fenomeno inedito a livello nazionale e probabilmente continentale”. Un altro focolaio, invece, c’era stato due anni prima quando, a luglio del 2018 il batterio responsabile della patologia aveva infettato 52 persone a Bresso, alle porte di Milano. In quella occasione la legionellosi era risultata fatale per 5 di loro. Un altro caso, nello stesso anno, aveva interessato la zona della bassa bresciana e dell’alto mantovano, con 9 comuni interessati e ben 750 casi diagnosticati di polmonite batterica sovrapponibile alla legionella. In media si erano contate 16 segnalazioni al giorno nel periodo compreso tra il 25 agosto e il 10 ottobre 2018, con almeno 7 morti.
Legionella e polmonite batterica
Sette anni fa l’Istituto Superiore di Sanità, definendo la circostanza “inedita” anche a livello europeo, aveva monitorato la situazione soprattutto per il rapporto tra la media di casi attesi e registrati, le dimensioni limitate del focolaio, l’aggressività del batterio responsabile della polmonite che era andato a sovrapporsi a quello della legionella. Era anche stata identificata una “zona rossa”, quella più colpita in provincia di Brescia, che comprende Carpenedolo, Montichiari, Calvisano, Visano, Remedello, Isorella e Acquafredda, nella quale durante il picco si è superata la media di 24 contagi al giorno. Secondo gli esiti degli accertamenti, in quel frangente la legionella avrebbe provocato almeno due morti, con 56 casi diagnosticati. A dare origine al focolaio era stato, secondo le rilevazioni degli esperti, il fiume Chiese, dove sarebbe stato trovato il batterio, poi diffusosi anche tramite le torri di raffreddamento di alcune aziende produttive della zona, che avevano alimentato i propri impianti proprio con l’acqua prelevata dal fiume e dalla sua rete di affluenti. A causa della siccità, infatti, il corso d’acqua si era quasi prosciugato creando però un habitat ideale per la proliferazione dei batteri.
Cos’è la legionellosi
La legionellosi è una malattia causata da un batterio che vive proprio negli ambienti acquatici e dal quale può diffondersi tramite la rete idrica delle abitazioni e di altri impianti limitrofi o che vi attingono. Il contagio avviene attraverso l’inalazione di minuscole gocce (aerosol) di acqua contaminata. Non è possibile, invece, la trasmissione da persona a persona, né bevendo l’acqua, come ricordano gli esperti dell’Agenzia per la tutela della salute, incaricati della attività di sorveglianza epidemiologica e indagini ambientali.
La malattia del legionario
La cosiddetta “Malattia del legionario”, da cui deriva il nome di legionella e legionellosi, “è un’infezione polmonare causata dal batterio Legionella pneumophila. Come chiarisce l’Istituto Superiore di Sanità sul portale Epicentro, “Il genere Legionella è stato così denominato nel 1976, dopo che un’epidemia si era diffusa tra i partecipanti al raduno della Legione Americana al Bellevue Stratford Hotel di Philadelphia. In quell’occasione, 221 persone contrassero questa forma di polmonite precedentemente non conosciuta, e 34 morirono. La fonte di contaminazione batterica fu identificata nel sistema di aria condizionata dell’albergo”.
Cosa causa la malattia della legionella
“La legionellosi è causata nel 90% dei casi dal batterio Legionella, del quale sono state identificate più di 60 specie diverse suddivise in 71 sierotipi. Le legionelle sono presenti negli ambienti acquatici naturali e artificiali: acque sorgive, comprese quelle termali, fiumi, laghi, fanghi, ecc. Da questi ambienti raggiungono quelli artificiali, come condotte cittadine e impianti idrici degli edifici, quali serbatoi, tubature, fontane e piscine, che possono agire come amplificatori e disseminatori del microrganismo, creando una potenziale situazione di rischio per la salute umana” chiarisce ancora l’ISS
Chi è più a rischio
Nonostante possa colpire tutti, “Fattori predisponenti la malattia sono l’età avanzata, il fumo di sigaretta, la presenza di malattie croniche, l’immunodeficienza. Il rischio di acquisizione della malattia è principalmente correlato alla suscettibilità individuale del soggetto esposto e al grado d’intensità dell’esposizione, rappresentato dalla quantità di Legionella presente e dal tempo di esposizione” specifica l’ISS. Altrettanto importanti per il decorso dell’infezione possono risultare “la virulenza e la carica infettante dei singoli ceppi di Legionella”.
Rischi e precauzioni
La malattia può presentarsi in due forme: la Malattia del Legionario vera e propria, che frequentemente include una forma più acuta di polmonite; la febbre Pontiac, una forma molto meno grave. Nel primo caso, dopo un periodo di incubazione variabile da 2 a 10 giorni (in media 5-6 giorni), si manifesta come una polmonite infettiva, con o senza manifestazioni extrapolmonari. Tra i sintomi ci possono essere febbre, dolore toracico, dispnea, cianosi, tosse produttiva associati all’obiettività fisica semeiologica del consolidamento polmonare, con intensità variabile. La febbre di Pontiac, però, dopo un periodo di incubazione di 24-48 ore, si manifesta in forma acuta simil-influenzale senza interessamento polmonare, e si risolve in 2-5 giorni. La cura prevede in genere la somministrazione di antibiotico. La corretta pulizia e igiene delle condotte di aerazione, specie degli impianti di condizionamento, e il controllo delle reti idriche sono due strumenti di prevenzione.