Epatite C: sintomi, cause e cura

L'epatite C è un'infezione virale che causa infiammazione del fegato e può variare da una forma lieve, che dura poche settimane, a una malattia cronica, che può provocare danni gravi al fegato nel tempo.

Foto di Carlotta Dell'Anna Misurale

Carlotta Dell'Anna Misurale

Medico

Laureata in Medicina, appassionata di neurologia. Vanta esperienze in ricerca, con focus sui misteri del cervello e l'avanzamento scientifico.

Pubblicato: 4 Aprile 2024 12:02

L’epatite C è un’infezione virale che provoca un’infiammazione del fegato, scatenando a volte gravi danni a quest’organo. È causata dal virus dell’epatite C, il virus HCV, che si diffonde attraverso il sangue contaminato. Fino a poco tempo fa, il trattamento dell’epatite C richiedeva una cura a base di iniezioni settimanali e farmaci da prendere per via orale che molti malati non potevano assumere a causa di altri problemi di salute o di effetti collaterali molto pesanti.

Oggi, invece, le opzioni di cura sono migliorate. Tuttavia, occorre sapere che circa la metà delle persone con HCV non sa di essere infetta, principalmente perché non ha sintomi. Per questo motivo, si consiglia che gli adulti di età compresa tra i 18 e i 79 anni vengano sottoposti a screening per l’epatite C. Il gruppo più a rischio comprende tutti i nati prima degli anni ‘80-‘90 del secolo scorso, una popolazione con molte più probabilità di essere infettata rispetto ai nati in altri anni.

HCV: cos’è il virus che provoca l’epatite C

L’epatite C è una malattia infettiva che interessa il fegato ed è provocata da un virus, il virus HCV. Causa un’infiammazione, acuta o cronica, del fegato, e una distruzione, più o meno estesa, delle cellule epatiche. A livello globale, l’HCV esiste in diverse forme distinte, note come genotipi. A oggi, sono stati identificati sette genotipi HCV distinti e più di 67 sottotipi.

In Italia si stima che ci siano tra 600mila e 1,2 milioni persone con l’epatite C.

In genere, l’epatite C esordisce in forma acuta (fase iniziale), che non sempre diventa cronica. Alcune persone, infatti, riescono a eliminare l’HCV dai loro corpi dopo la fase acuta: in questo caso si parla di eliminazione virale spontanea. Nel 75-85% dei casi, invece, l’epatite acuta si trasforma in epatite cronica, cioè in una forma duratura in cui il virus persiste per più di sei mesi.

Epatite C: quali sono sintomi

Nella maggior parte dei casi, l’infezione acuta non causa sintomi evidenti. Quando sono presenti, segni e sintomi possono includere: ittero (colorazione gialla della parte bianca dell’occhio e della pelle), affaticamento, nausea, febbre e dolori muscolari, urine scure, feci chiare, dolore al fianco destro, che può irradiarsi alla schiena. I sintomi acuti compaiono da uno a tre mesi dopo l’esposizione al virus e durano da due settimane a tre mesi.

Anche se la malattia è asintomatica non significa che sia innocua: già poco tempo dopo l’infezione (tra due e otto settimane) iniziano a prodursi i primi danni alle cellule del fegato.

La forma cronica di epatite C

Anche la forma cronica, spesso, rimane silente per molti anni, finché il virus non danneggia il fegato in maniera così severa da causare la comparsa di segni e sintomi, che possono includere:

  • facile sanguinamento;
  • sensazione di stanchezza e affaticamento;
  • maggiore vulnerabilità ai lividi;
  • scarso appetito;
  • colorazione gialla della pelle e degli occhi (ittero);
  • urina di colore scuro;
  • pelle pruriginosa;
  • accumulo di liquidi nell’addome (ascite)
  • gonfiore alle gambe
  • perdita di peso;
  • confusione;
  • sonnolenza
  • angiomi a ragno: piccoli punti rossi luminosi circondati da capillari.

Come si trasmette l’epatite C

Esiste una sola via di trasmissione del virus dell’epatite C: attraverso il sangue infetto. In passato, il contagio avveniva soprattutto tramite la somministrazione di sangue (o suoi derivati) a scopo terapeutico e l’impiego di materiale sanitario e di strumentazioni mediche (come siringhe) non ben sterilizzate. Dagli anni ’90, però, queste pratiche sono diventate molto più sicure: il sangue usato per le trasfusioni è diventato controllato e del tutto sicuro ed è stato introdotto l’uso di materiale plastico monouso e di pratiche di sterilizzazione appropriate.

Oggi i nuovi casi di malattia sono dovuti soprattutto allo scambio di aghi e siringhe tra tossicodipendenti e ad altre pratiche che possono comportare lo scambio di sangue infetto, come tatuaggi, piercing, manicure, pedicure, effettuati in luoghi poco puliti e con materiale non monouso. Anche utilizzare gli stessi oggetti per l’igiene personale (come rasoi, siringhe, forbici, tagliaunghie, spazzolino da denti) usati da persone affette dal virus è un comportamento a rischio.

La trasmissione per via sessuale non è molto comune, ma non è impossibile, specie in chi ha più partner sessuali. Anche la trasmissione da madre a figlio non è frequente, ma può avvenire.

Epatite C: quali sono i fattori di rischio

Il rischio di infezione da epatite C è maggiore:

  • negli operatori sanitari che sono stati esposti a sangue infetto,
  • nelle persone che fanno uso di droghe,
  • in chi è affetto da HIV,
  • nei soggetti che si sono sottoposti a procedure per ottenere un piercing o un tatuaggio in ambienti che non rispettano le basilari condizioni igieniche e che non utilizzano attrezzature sterili,
  • in coloro che hanno ricevuto una trasfusione di sangue o un trapianto di organi prima degli anni 90 del secolo scorso,
  • nelle persone che hanno ricevuto trattamenti di emodialisi per un lungo periodo di tempo,
  • nei bambini nati da una donna con un’infezione da epatite C,
  • negli uomini: la malattia è più frequente tra gli uomini rispetto alle donne.

Cosa significa avere l’epatite C?

L’infezione cronica da epatite C può causare complicazioni significative, come:

  • cirrosi, un’alterazione diffusa della struttura del fegato, caratterizzata dalla presenza di noduli e di fibrosi (cicatrici), associata o meno a infiammazione cellulare;
  • tumore al fegato: un piccolo numero di persone con infezione da epatite C può sviluppare un cancro al fegato;
  • insufficienza epatica: la cirrosi avanzata può far smettere di funzionare il fegato e portare a insufficienza epatica.

La diagnosi di epatite C

La diagnosi è, spesso, casuale. La malattia, cioè, viene scoperta in seguito a esami del sangue o ecografie effettuati per altre ragioni. Nella maggior parte dei casi, la diagnosi viene posta a distanza di molti anni dalla comparsa dell’infezione, quando l’epatite è diventata cronica già da tempo e il fegato può aver subito danni notevoli.

Per individuare la presenza della malattia è sufficiente sottoporsi alle analisi del sangue, con controllo dei valori delle transaminasi e ricerca degli anticorpi prodotti contro il virus (anti-HCV). Se risultano positivi, la conferma di infezione viene fatta attraverso il test HCV-RNA, ossia la ricerca del virus stesso. Il medico può richiedere però altre indagini per meglio valutare la situazione, come l’ecografia del fegato.

Epatite C: le cure

L’infezione viene trattata con farmaci antivirali che sono in grado di eliminare il virus dal corpo. I ricercatori recentemente hanno compiuto progressi significativi nel trattamento dell’epatite C mettendo a punto nuovi farmaci antivirali “ad azione diretta”, capaci di colpire proteine o enzimi necessari al virus per sopravvivere e moltiplicarsi. A volte, essi vengono usati in combinazione con quelli tradizionali (interferone peghilato e ribavirina). Grazie alle nuove cure, le persone sperimentano risultati migliori, meno effetti collaterali e tempi di trattamento più brevi, alcune fino a otto settimane.

La scelta dei farmaci e la durata del trattamento dipendono dal genotipo dell’epatite C, dalla presenza di danni epatici esistenti, da altre condizioni mediche e dai trattamenti precedenti.

Quando serve il trapianto

Nelle persone che hanno sviluppato gravi complicazioni da infezione cronica da epatite C può rendersi necessario il trapianto di fegato. Durante il trapianto di fegato, il chirurgo rimuove il fegato danneggiato e lo sostituisce con un fegato sano. La maggior parte dei fegati trapiantati proviene da donatori deceduti, sebbene un piccolo numero provenga da donatori viventi che donano una parte del proprio fegato.

Nella maggior parte dei casi, un trapianto di fegato da solo non cura la patologia. È probabile che l’infezione ritorni, richiedendo un trattamento con farmaci antivirali per prevenire danni al fegato trapiantato. Diversi studi hanno dimostrato che i nuovi regimi di farmaci antivirali ad azione diretta sono efficaci nella cura dell’epatite C pre e post-trapianto.

Vaccinazioni 

A oggi non esiste un vaccino per l’epatite C. Tuttavia, il medico potrebbe consigliare di vaccinarsi contro i virus dell’epatite A e B. Si tratta, infatti, di virus che possono causare ulteriori danni al fegato e complicare il decorso della forma cronica.

Fonti bibliografiche

  • Ospedale Maggiore Policlinico, Epatite C patologia spesso silenziosa. Coi nuovi antivirali al Policlinico di Milano guariti più di 2.700 pazienti