Da un improvviso rossore che appare sul volto, ad una sorta di sensazione paralizzante che coglie in alcune situazioni. Chi di noi non ha mai provato timidezza almeno una volta nella vita?
Ebbene, poiché viviamo in una società super performante, che ci vuole sempre pronti ad un’interazione brillante e spigliata, la narrazione della timidezza a cui siamo abituati è spesso associata alla “difficoltà” e ad una mancanza. Ma non è così: la timidezza esce dalle categorie per diventare qualcosa di più fluido e da accettare. Il mondo è anche dei timidi!
Ne abbiamo parlato con la Dott.ssa Chiara Alfano, Psicologa Sistemico Relazionale.
Indice
Cos’è la timidezza?
Iniziamo con una definizione di timidezza che va oltre quello che è il pensiero comune.
«La timidezza non è né un disturbo, come troppo spesso si tende a pensare, né un tratto della personalità, ma una modalità di stare in relazione. Una modalità connotata dal disagio di socializzare perché non ci si sente all’altezza e si teme il giudizio negativo dell’altro. “Dire questa cosa mi farà sembrare stupido/a”, “Non è una battuta abbastanza brillante”, sono alcuni dei pensieri che affollano la mente di una persona timida, spesso accompagnati da sudorazione, rossore, mani sudate e umide, battito accelerato» spiega la Dott.ssa Alfano.
Timidezza e introversione
«È evidente, a questo punto, che la timidezza non abbia nulla a che fare con l’introversione: se nel primo caso la persona ha il desiderio di coinvolgimento sociale ma non si sente in grado di avvicinarsi all’altro e dunque lo evita, nel caso degli introversi semplicemente c’è una maggiore tendenza alla solitudine, vissuta come una scelta armonica con i propri bisogni e necessità» afferma l’esperta.
Anche la fobia sociale è qualcosa di profondamente differente dalla timidezza. «È fondamentale distinguere la timidezza da ciò che definiamo fobia sociale: quest’ultima si caratterizza per la presenza di un’intensa paura, relativa a una o più situazioni sociali nelle quali la persona potrebbe essere osservata o giudicata dagli altri. Per esempio, spesso chi soffre di fobia sociale teme situazioni quali mangiare con altre persone, parlare in pubblico, conversare con sconosciuti o essere osservati dagli altri mentre si arrossisce o si trema» spiega la Dott.ssa Alfano.
«Spesso, il timore spinge chi soffre di fobia sociale a evitare i contesti temuti, con conseguente compromissione della qualità di vita e del benessere globale della persona. Le giovani che soffrono di ansia sociale, infatti, spesso finiscono per abbandonare la scuola, evitano le uscite con gli amici e le relazioni sentimentali. Potremmo dunque porre timidezza e fobia sociale lungo un continuum. La timidezza, a differenza della fobia sociale, solo di rado porta ad un massiccio evitamento delle situazioni sociali» spiega l’esperta.
Timidezza e adolescenza
L’adolescenza non è un periodo “semplice” ma è la fase dei mutamenti. E, per questo, può essere anche la fase delle opportunità, della conoscenza, degli esperimenti e… della timidezza!
«L’adolescenza è una fase di enormi cambiamenti, ed è possibile che chi sta attraversando questa fase appaia improvvisamente più timida perché sta affrontando un compito evolutivo importantissimo e spesso faticoso: riconoscersi e farsi riconoscere. Per darvi un’idea pensate al dialogo di Alice di Lewis Carrol con il bruco: “Chi sei? chiese il bruco. Alice rispose, intimidita “io…ecco…in questo momento non lo so…però so chi ero quando mi sono alzata, stamattina, ma da allora ci sono stati molti cambiamenti”. Spiegati! disse il bruco “mi dispiace, ma non posso farlo, perché vedi, io non sono più io”. “Io non vedo niente” disse il bruco. “Mi dispiace di non poter essere più chiara di così” replicò gentilmente Alice, “perché neanche io capisco granché di questa faccenda. Ma è comprensibile: aver cambiato statura una quantità di volte in un solo giorno confonderebbe chiunque”» spiega la Dott.ssa Chiara Alfano.
Il mondo è anche dei timidi
«Le ragazze si trovano dunque in un momento che può generare confusione e che può portarle a non essere sicure di sé e di ciò che si vuole mostrare all’altro. C’è da aggiungere che viviamo in una società nella quale la performance e l’estroversione sembrano essere imperativi fondamentali per diventare dei vincenti, nella quale se non si appare sui social, se non si è “memorabili”, si rischia di sentirsi inesistenti. Non c’è spazio per i timidi, o almeno così sembra. Personalmente non la penso così e lo dimostrano tutti coloro tra artisti e menti brillanti che della loro timidezza sono riusciti a fare una potente risorsa. Avreste mai detto che Charles Darwin, Oliver Sacks o Morrissey, il leader degli Smiths, fossero timidi?» prosegue l’esperta.
La timidezza si deve superare?
Nel pensiero comune, chi è timido dovrebbe in qualche modo impegnarsi a “guarire” per vivere meglio. Meglio però sempre secondo canoni imposti da una società unidimensionale.
«Non credo che la timidezza vada necessariamente superata. Il timido, una volta familiarizzato con il contesto può essere perfettamente in grado di stringere legami profondi con l’altro, può raggiungere i suoi obiettivi e diventare un leader se lo desidera. Può farlo attraverso la valorizzazione di tutte quelle competenze che si affinano anche grazie alla timidezza: la capacità di osservare l’altro, l’empatia, l’attenzione ai dettagli, l’introspezione e la predisposizione all’ascolto» spiega la Dott.ssa Alfano.
Il tuo spazio safe
Può capitare che la timidezza, però, diventi invalidante a livello sociale o, per esempio, in ambito scolastico. E sia, quindi, particolarmente “sofferta”. Ma c’è una soluzione: cercare uno spazio safe per conoscersi e riconoscersi con l’aiuto di un professionista.
«In questi casi è fondamentale rivolgersi ad un professionista: un percorso di psicoterapia può rivelarsi uno spazio sicuro nel quale sperimentarsi e riconoscersi, due condizioni che facilitano l’uscita dal guscio ed il contatto con il mondo esterno tanto agognato quanto temuto. Permetterebbe, inoltre, proprio di rielaborare quei modelli di riferimento che rischiano di farci sentire inadeguati sviluppando consapevolezza e accettazione di sé, delle proprie risorse e peculiarità» spiega la Dott.ssa Alfano.
Teatro o uno sport di squadra possono aiutare chi è timido?
È capitato più o meno a ogni persona timida nella vita, di sentirsi dire “Perché non provi con la recitazione o con uno sport di squadra?”.
«Molto spesso si suggerisce ai timidi di praticare sport di squadra o attività teatrali per superare la timidezza, non mi sento di dare un consiglio univoco a tal proposito. Ogni adolescente è a sé, per alcuni potrebbe funzionare diventando uno spazio nel quale mettersi in gioco e trovare un canale per esprimere se stessi, per altri potrebbe invece rappresentare l’ennesima conferma del proprio senso di inadeguatezza» spiega l’esperta.
L’ascolto diventa spesso più importante di una ricerca di soluzioni per chi è timido. «Comprendo perfettamente l’urgenza, soprattutto dei genitori, di trovare soluzioni, ma molto spesso ciò che conta è ascoltarli attivamente, rispettare i loro tempi e le loro attitudini, rassicurandoli e spronandoli nella giusta misura, senza sminuire il disagio che provano o iperproteggendoli. La parola d’ordine è FIDUCIA: nei nostri figli, nelle loro risorse e capacità di trovare il proprio posto nel mondo, ma anche in noi stessi come genitori o insegnanti e, perché no, nella vita che per ogni caduta ci offre un’opportunità di rialzarci» conclude la Dott.ssa Alfano.