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Quando la collega ce l’ha con te: ecco come uscirne vincente

Critiche velate, frecciatine, sabotaggi, tentativi di metterci in cattiva luce davanti al capo e ai colleghi. Ecco come difenderci dall'ostilità di qualcuno a cui non piacciamo

Marina Mannino

Giornalista esperta di Lifestyle

Pubblicato:

Lavoro in un’azienda di marketing. Il posto mi piace, l’ambiente anche, tranne una collega che ce l'ha con me: tenta di mettermi in cattiva luce con il capo, favorisce ostilità e pettegolezzi nei miei confronti. Come ne esco?

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Tante di noi avranno sperimentato una situazione simile: siamo in ufficio o comunque in un posto di lavoro, cercando di svolgere bene i nostri incarichi e di valorizzare le nostre competenze. Ma c’è una collega, in apparenza così cordiale, che però sembra avere un mission precisa: screditarci con il capo (e con gli altri colleghi) rendendoci la giornata lavorativa un percorso a ostacoli.

Riconoscere i segnali di ostilità

È solo una nostra impressione o siamo davvero alle prese con una super nemica? Cerchiamo di essere obiettive analizzando il suo comportamento. Il rischio è di confondere atteggiamenti solo sgradevoli con intenzioni persecutorie. Attenzione insomma a non cadere nella reazione a catena di “Ce l’ha con me/Ce l’hanno tutti con me/Tutti mi odiano”, fuorviante per la nostra percezione della realtà. Niente vittimismo, quindi, ma impariamo a difenderci. Se una o un collega ci sono davvero ostili, possiamo capirlo da questi “segnali”.

  • Commenti sarcastici: fa battute che sembrano innocue ma contengono critiche precise.
  • Esclusione: tenta di tenerci fuori da riunioni, chat, decisioni importanti.
  • Colpevolizzazione: dà la colpa a noi di errori che non abbiamo commesso e tenta di accollarci responsabilità che non ci competono.
  • Screditamento: fa osservazioni negative sul nostro lavoro, magari davanti al capo.
  • Ostruzionismo: ci rende difficile reperire informazioni, accedere a risorse, rispettare i tempi.
  • Competizione malsana: tenta di mettersi in mostra a nostro discapito, anche su progetti condivisi.

Se notiamo questi comportamenti, in effetti, questa persona ci ha prese di mira. E dobbiamo reagire, ma astutamente, perchè la partita vogliamo vincerla noi.

Modi furbi di reagire

Vivere in un ambiente di lavoro in cui qualcuno ci è palesemente ostile è stressante e faticoso. Ecco cosa possiamo fare.

  • Calma: La collega ostile cerca di provocare una reazione scomposta in noi. Se ci arrabbiamo o ci difendiamo in modo aggressivo, rischiamo di alimentare il conflitto. Respiriamo e prendiamo tempo. Lasciamo scivolare le provocazioni e non cediamo all’istinto di… strangolarla, insomma! L’indifferenza è il primo segnale di forza.
  • Reputazione: Curiamo la comunicazione con il capo: aggiorniamolo sui nostri risultati senza ostentazione; chiediamo feedback ma senza pressare; mostriamoci collaborative, lucide, serene. Usiamo un tono professionale, propositivo, mai difensivo. La nostra competenza deve parlare per noi.
  • Relazioni: Cerchiamo di non isolarci ma di costruire alleanze sincere con i colleghi che si sembrano più simili a noi, affidabili, collaborativi, simpatici. Un ambiente positivo intorno a noi indebolisce le dinamiche tossiche.
  • Assertività: Se la collega ci provoca, rispondiamo con fermezza e gentilezza. Mai con aggressività, che è inefficace e spesso ci si ritorce contro. Frasi come: “Preferirei che ne parlassimo direttamente” invece di “Dimmelo in faccia, invece che alle spalle!”, “Mi sembra ci sia stato un fraintendimento” al posto di “Hai capito male!”, “Vorrei analizzare con te gli errori che hai notato” piuttosto che “Io non sbaglio, sei tu l’incompetente!” sono reazioni potenti. L’assertività ci permette di difenderci senza scendere al suo livello: ad esempio, una frase come “Ho notato che correggi i miei interventi davanti al capo, possiamo parlarne prima tra noi?” stabilisce confini chiari senza alzare muri.
  • Benessere: L’ostilità logora i pensieri e interferisce con il nostro equilibrio. Dedichiamoci a noi stesse: facciamo sport, pratichiamo meditazione, coccoliamoci in un beauty center, proviamo un hobby creativo, ma soprattutto curiamo le relazioni al di fuori dal lavoro: frequentiamo le amiche e gli amici veri, storici, affidabili, su cui possiamo contare. Più siamo centrate, meno ci lasciamo destabilizzare.
  • Risorse umane: Se la situazione diventa insostenibile, portiamo il problema alle HR, che tra i loro compiti hanno anche quello di favorire la creazione di un ambiente di lavoro positivo promuovendo la soddisfazione dei dipendenti. Facciamolo con professionalità e spirito costruttivo, ma stop all’emotività. Non è “fare la spia”, è tutelare il nostro diritto a lavorare in un ambiente sano. Evitiamo frasi generiche come “Ce l’ha con me” e preferiamo “Ho notato che in più occasioni sono state messe in dubbio le mie competenze e vorrei chiarire.” Così daremo di noi l’immagine di una persona matura, che sa gestire i conflitti.

Questo non dobbiamo farlo mai

Non dobbiamo mai parlare male della collega-killer: evitiamo di cadere nella trappola del pettegolezzo o della lamentela. L’obiettivo non è screditare lei, ma difendere noi stesse. Mostriamoci estranee al conflitto e alla competizione velenosa. E tutti, dagli altri colleghi al dirigente, ci vedranno come una risorsa affidabile. Inoltre, se il capo ci considera come una persona positiva e orientata ai risultati, sarà meno influenzabile da chi cerca di metterci in cattiva luce.

Il caso peggiore: il capo sembra credere alla collega

Niente panico. Chiediamo un confronto costruttivo: “Mi piacerebbe capire se ci sono aspetti del mio lavoro che posso migliorare.” Mostriamo apertura, non vulnerabilità: questo ribalta la narrazione e ci restituisce autorevolezza. E soprattutto no a lacrime e scatti d’ira. Se riusciamo a mantenere il self control, dimostriamo di essere una professionista solida. E chi cerca di screditarci finirà per rivelare la propria fragilità.

I motivi dell’ostilità: perchè lo fa

Capire perché una collega abbia un atteggiamento ostile nei nostri confronti può aiutarci a gestire la situazione in modo più efficace. Ecco alcuni motivi comuni:

  • Gelosia: Forse la collega si sente minacciata dalle nostre abilità o successi.
  • Insicurezza: A volte, l’ostilità nasce da insicurezze personali che la collega proietta su di noi.
  • Competizione: Se la collega si sente (o è realmente) in competizione con noi per promozioni o riconoscimenti, questo potrebbe portarla a comportamenti negativi che travalicano l’educazione e il rispetto.
  • Incomprensioni non risolte: A volte, piccoli conflitti non chiariti possono ingigantirsi e diventare rancore. Proviamo a chiarire con lei, magari davanti a un caffè.

Comunque, qualunque sia il motivo non dobbiamo farcene carico: è un suo problema che non deve gravare su di noi. Insomma, disponibilità al chiarimento sì, resa al suo attacco no. E anche se non servirà mai, manteniamo una documentazione delle nostre realizzazioni e successi per poterli mostrare se necessario, oltre che il materiale relativo agli episodi di ostilità.

Essere impaurite, scontente o a disagio sul posto di lavoro ci rende la vita difficile: cerchiamo dunque di risolvere le tensioni rimanendo positive e concentrate sui nostri obiettivi. Avere a che fare con una collega-killer è un’opportunità per crescere e migliorare, non per amareggiarsi e sentirsi perdenti. Ma se proprio non riusciamo a fronteggiare la situazione, consideriamo la possibilità di farci aiutare da una psicoterapeuta. Si tratta della nostra vita e del nostro lavoro. abbiamo il dovere di proteggerli nel modo più sano ed efficace.