Indignate, addolorate, sfiduciate e molto spaventate: ci sentiamo così ogni volta (e accade ogni 3 giorni in Italia) che leggiamo di una ragazza uccisa da un ex geloso o di una donna adulta ammazzata da un partner violento. Possesso, gelosia, controllo, mascolinità tossica, patriarcato… i motivi di questi crimini sono diversi. Il problema può essere risolto solo con un vero cambiamento culturale e sociale, dicono gli esperti. Intanto la violenza sulle donne continua. E accade anche il 25 novembre, la Giornata mondiale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
Viviamo con il timore che domani possa toccare a un’altra, alla ragazza del bar che ci fa il caffè al mattino, alla collega simpatica che ha sempre la battuta pronta, alla farmacista che conosciamo da sempre. A nostra figlia. A noi. Siamo in guerra? Ovviamente no. Ma è meglio essere armate: di consapevolezza, informazioni, know how e una rete di aiuto su cui contare.
Indice
Molti tipi di violenza
La violenza non è mai colpa della vittima. Mai. E non sempre lascia lividi. A volte si insinua nelle parole, nei silenzi, nei controlli, nelle dipendenze. Attenzione a questi segnali, indicatori di violenza subdola o evidente. Eccoli:
- Se ti senti umiliata, controllata, isolata, svalutata.
- Se ti picchia, ti schiaffeggia, ti spintona, ti provoca lesioni.
- Se hai paura di parlare, di sbagliare, di essere te stessa.
- Se ti fa sentire piccola, stupida, inutile, in debito.
- Se ti tocca senza consenso, ti minaccia, ti costringe a rapporti o pratiche contro la tua volontà.
- Se ti impedisce di lavorare o gestire i tuoi soldi.
- Se controlla il tuo telefono, i tuooi social e vuole le tue password.
- Se ti segue, ti scrive di continuo, ti controlla online.
- Se ti danneggia la macchina o il motorino e se minaccia di uccidere i tuoi animali.
- Se diffonde le tue foto intime.
Se ti senti in pericolo, mettiti al sicuro
Se puoi, chiama subito il 112, numero unico per le emergenze che contatterà immediatamente i servizi di soccorso più adatti al tuo caso (Carabinieri, Polizia di Stato, Vigili del Fuoco, Soccorso Sanitario).
Allontanati dal luogo in cui ti senti minacciata.
Se non puoi parlare, cerca un luogo pubblico, un vicino, un negozio: chiedi aiuto, anche con uno sguardo, un messaggio, un gesto della mano.
Conserva prove di ciò che accade: messaggi, foto (anche dei lividi), registrazioni. Possono servire per denunciare.
Tieni sempre a portata di mano i tuoi documenti, il telefono, il caricabatterie, le chiavi, un po’ di soldi, biancheria di ricambio, i farmaci che assumi. Entra tutto in uno zainetto.
Parlane con qualcuno di cui ti fidi, come un’amica, una sorella, una collega, tua madre (che come tutte le mamme ha di sicuro capito cosa stai passando, solo guardandoti). Non tenere tutto dentro.
Non sentirti in colpa, perché la responsabilità è sempre di chi fa violenza, mai di chi la subisce. Ricorda che la tua sobrietà, i tuoi vestiti e la tua sessualità non c’entrano nulla. Insomma, NON te la sei andata a acarcare.
A chi chiedere aiuto concretamente
✔︎ 1522, Numero antiviolenza e antistalking: gratuito, attivo 24 ore su 24, anche via chat e online. Rispondono operatrici pronte ad ascoltarti senza giudicare e che possono indirizzarti al centro antiviolenza più vicino.
✔︎ Centri Antiviolenza: sono in ogni regione italiana. Offrono ascolto, sostegno psicologico, consulenza legale, accoglienza in case rifugio. Ti aiutano a costruire un piano per ricominciare. Cercali online.
✔︎ Forze dell’Ordine: oltre che chiamare il 112, puoi denunciare in qualsiasi momento recandoti di persona presso Carabinieri o Polizia. Troverai personale specializzato pronto ad aiutarti.
✔︎ Pronto Soccorso: se sei stata picchiata, ferita, stuprata, recati il prima possibile in Ospedale per sottoporti a una visita medica. Puoi essere assistita anche senza denunciare subito. Troverai personale solerte e attento, in aree dedicate. Se ti rivolgi a un medico entro 72 ore dall’aggressione, potrà somministrarti la profilassi adeguata nel caso esista il rischio di esposizione a infezioni sessualmente trasmesse, compreso l’HIV.
Ricorda che hai diritto di…
• Essere ascoltata e creduta.
• Ricevere protezione immediata e assistenza legale gratuita.
• Avere accesso a una casa rifugio o un luogo sicuro.
• Ottenere ordini di allontanamento contro chi ti fa del male.
• Ricevere supporto psicologico e sociale per ricominciare.
• Vivere libera dalla paura.
E hai diritto di bere un drink
…senza essere drogata e stuprata: In farmacia trovi gli stick (kit CYD – Check Your Drink, da 3 a 12 euro) che ti permettono un controllo rapido e discreto di ciò che stai bevendo. Basta una goccia di bevanda sull’area reattiva per vedere subito un evidente cambio di colore in presenza delle sostanze ricercate. Il kit riconosce un’ampia gamma di sostanze, con accuratezza fino al 98% per chetamina, GHB, cocaina, benzodiazepine e scopolamina.
Per sicurezza, preferisci contenitori sigillati da aprire personalmente, non lasciare mai le bevande incustodite e non consumarle in caso di dubbio, fai attenzione a improvvisi sintomi di malessere o difficoltà di movimento e cerca subito aiuto.
Con chi parlarne, a chi rivolgersi
La paura, la vergogna, la sensazione che tanto sia inutile denunciare o difendersi, non ti proteggono dal dolore ma ti espongono a ulteriori sofferenze. Devi convincerti che non sei sola: c’è una rete di persone pronte a aiutarti. Ecco alcune associazioni a cui puoi rivolgerti, anche solo per parlare.
- D.i.Re. Donne in Rete contro la Violenza.
- Casa di Accoglienza delle Donne Maltrattate di Milano (CADMI).
- Casa delle Donne per non subire violenza di Bologna.
- Casa Internazionale delle Donne di Roma.
- Fondazione Giulia Cecchettin.
- Associazione Donne X Strada.
- Una Nessuna Centomila.
- Casa delle Donne Lucha Y Siesta.
Una legge che cambierà
Il 13 novembre scorso era stato approvato alla Camera, con un accordo bipartisan, un emendamento che modificava l’articolo 609-bis del codice penale sul reato di violenza sessuale. Cambiava quindi il presupposto dei reati sessuali: non più solo la costrizione, ma è l’assenza di consenso “libero e attuale” a determinare il reato. “Attuale” significa che il consenso dev’essere dato nel momento in cui avviene il rapporto. L’emendamento ampliava poi i confini della violenza sessuale, prevedendo la punibilità anche di chi approfitta della vulnerabilità della vittima. La legge è stata bloccata dopo la discussione in Senato e non vedrà la luce prima di febbraio 2026.
Il dovere di tutte noi: ascoltare le sopravvissute
Quando una donna condivide la sua storia di violenza, fa il primo passo per rompere il ciclo di abusi. Tocca a tutte noi darle lo spazio sicuro di cui ha bisogno per parlare e farsi sentire.
Combattiamo chi dà la colpa alle vittime dicendo che è compito delle donne evitare situazioni che potrebbero essere “pericolose” . L’aggressore è l’unico colpevole e deve assumersi la responsabilità da solo.
Le sopravvissute alla violenza hanno il diritto di raccontarsi, e tutte noi abbiamo il dovere di garantire che possano avere giustizia.
Non diciamo mai: “Perché non te ne sei andata?”. Diciamo invece: “Ti ascoltiamo. Ti crediamo. Stiamo con te”.