Sabato 27 gennaio 2024, un neonato di sei mesi è stato abbandonato all’interno del pronto soccorso dell’ospedale di Aprilia, nel Lazio. La madre del bambino, una donna ancora sconosciuta, ha lasciato il piccolo nella sala d’attesa, dichiarando di dover andare al bagno prima di scomparire nel nulla. Il tutto sotto l’occhio attento delle telecamere di sorveglianza. Questo gesto ha suscitato preoccupazione e curiosità, ma ciò che è ancora più inquietante è la decisione di alcuni media di trasmettere il video delle telecamere di sicurezza dell’ospedale che ha ripreso la scena. Un gesto che ha scatenato un acceso dibattito sulla violazione della privacy e sulla dignità umana. Se esistono dei limiti alla diffusione di immagini, quali sono? Il Garante della privacy si è espresso in merito.
Il fatto ormai è noto e da giorni non si parla d’altro, non solo per l’accaduto, ma per le implicazioni che il riconoscimento di un volto potrebbe avere a livello mediatico, in un mondo dove è semplicissimo risalire all’identità di una persona e rintracciarla online. A maggior ragione dopo la tragica morte di Giovanna Pedretti, la ristoratrice che aveva denunciato una recensione rivelatasi poi falsa.
Neonato abbandonato ad Aprilia, cosa è successo
Il neonato è stato trovato da solo da un’infermiera del 118 che ha iniziato a cercare la madre, ma invano. Fortunatamente, il piccolo è stato subito visitato dai medici ed è stato trovato in buone condizioni di salute, con solo alcune irritazioni cutanee. All’interno del passeggino c’erano pannolini e latte, suggerendo che la madre aveva cercato di prendersi cura del bambino, considerato anche il fatto che l’abbandono è avvenuto in un posto sicuro come la sala d’attesa di un locale sanitario.
I carabinieri di Aprilia hanno avviato un’indagine per risalire all’identità della donna, il cui volto era coperto da una mascherina e da un foulard sulla testa. Le immagini delle telecamere di videosorveglianza sono state esaminate attentamente nella speranza di ottenere indizi utili per identificarla. Nel frattempo, il neonato è stato affidato a una casa-famiglia.
Certamente lasciare un minore in ospedale è considerato penalmente come abbandono, ma in ogni caso, una volta trovata la donna, ci saranno delle visite approfondite che andranno a valutare le sue condizioni psico-fisiche. In questo specifico caso si pone l’ulteriore problema di violazione della privacy, con un tam-tam dello stesso video rimbalzato di canale in canale e una caccia all’uomo di derivazione pressoché western.
La nota del Garante sul video della mamma
Il Garante della Privacy ha dichiarato che le immagini delle telecamere di sicurezza “non avrebbero dovuto essere trasmesse, in quanto lesive della dignità della donna, in un momento di particolare fragilità”. Le istituzioni, compresi gli ospedali e le testate giornalistiche, sono tenute a rispettare le leggi sulla privacy e anzi, adottare misure per proteggere le informazioni sensibili delle persone coinvolte, pur raccontando un fatto di importanza sociale che vale la pena sviscerare per riflettere sulle conseguenze dell’abbandono di minore, che secondo la legge italiana è reato.
Ci sono delle alternative, come il parto in anonimato o le culle per la vita, che al contrario sono due misure sicure che consentono alle donne in difficoltà di prendere decisioni responsabili e di proteggere la vita dei neonati, senza mettere a rischio la loro privacy.
La trasmissione delle immagini e il ruolo dei media
Viviamo in un mondo dove arrivare per primi e poter dare quella notizia o informazione in più, soprattutto sul web, è fondamentale. La trasmissione delle immagini delle telecamere di sicurezza dell’ospedale che hanno ripreso l’abbandono del neonato solleva importanti questioni sulla privacy, sulla dignità umana, ma anche su quanto potremmo spingerci per uno scoop. Questo caso non è un incidente isolato, ma si inserisce in una tendenza preoccupante di diffusione di informazioni sensibili senza alcuna considerazione per le conseguenze.
Infine, problema da non sottovalutare, un pronto soccorso dovrebbe essere un ambiente in cui i diritti alla privacy e alla riservatezza vengono rigorosamente garantiti, sempre. La diffusione delle immagini dalle telecamere ha sollevato dubbi anche sulla gestione delle informazioni sensibili all’interno di un posto come un ospedale.