Procreazione assistita, la legge 40 compie 20 anni: cosa ne resta oggi

La Legge 40 oggi, tra diversità regionali, difficoltà di accesso e detrattori: la procreazione assistita vent'anni dopo

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Giorgia Prina

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Nata 20 anni fa per regolare la fecondazione assistita, la legge 40 “vanta” una lunga storia di processi a suo carico. La Pma (Procreazione Medicalmente Assistita) è entrata a far parte, a partire da gennaio, dei nuovi Livelli essenziali di assistenza garantiti (Lea). Dal primo aprile 2024 infatti vi sarà l’entrata in vigore delle nuove tariffe per permettere ai centri pubblici o privati convenzionati di ogni regione di offrire alle coppie che hanno problemi di fertilità la possibilità di accedere alla fecondazione assistita totalmente a carico del Servizio Sanitario Nazionale, pagando un ticket. Occorre però aggiungere un condizionale a tale pratica, poiché la legge presente un vuoto normativo che non la rende in grado di garantire pari diritti e opportunità a tutti coloro che desiderano un figlio, nonostante la denatalità e i livelli sempre più bassi di fertilità.

Una legge “nata fallata”, nel 2004, e che ancora oggi si porta dietro gli strascichi di processi volti a scardinarne i punti ciechi che la regolano. Le richieste di cittadini ed avvocati sono arrivate nelle aule dei Tribunali, della Corte Costituzionale e della Corte di Giustizia. Il motivo fondante della sua approvazione fu la necessità di disciplinare la fecondazione assistita, cioè l’uso di tecniche scientifiche per ovviare alla sterilità di coppia. 

Cosa rimane oggi della legge 40

Come accennato, la legge 40 è comparsa numerose volte sui banchi dei Tribunali, durante processi che hanno abbattuto alcuni divieti contenuti nella sua versione originale. Questi sono, oltre a quello di fecondazione eterologa (Sentenza della Corte Costituzionale n.162/2014), il divieto di produzioni di più di tre embrioni e l’Obbligo di contemporaneo trasferimento in utero di tutti gli embrioni prodotti (Sentenza della Corte costituzionale n.151/2009). Il Divieto di diagnosi pre-impianto (per le sole coppie infertili). Il Divieto di accesso alla PMA alle coppie fertili ma portatrici di patologie genetiche (Sentenza della Corte Costituzionale n.96/2015). Il Divieto di selezione degli embrioniper finalità terapeutiche e diagnostiche (incostituzionalità n. 229/2015.) 

Ne restano appunto due: il divieto di utilizzo degli embrioni per la ricerca scientica e revoca del consenso e il Divieto di accesso alla fecondazione assistita per single e coppie dello stesso sesso.

Punti critici

Le legge poi, deve passare attraverso norme e le tempistiche regionali. Ma, nel caso in cui una coppia non possa accedere al percorso di Pma necessario a causa della mancanza di erogazione o di lunghe liste di attesa in una specifica regione, si ha anche il diritto di sottoporsi allo stesso trattamento in un’altra regione, a spese di quella di residenza.

Oltre ai divieti ancora in vigore che impediscono a molte persone di diventare genitori e di fare una famiglia, e a tante altre di beneficiare dei progressi della ricerca su patologie incurabili, per ottenere l’autorizzazione del tribunale ad accedere alla Pma da single, cosa che al momento viene preclusa dalla legge italiana, che esclude anche le coppie omogenitoriali e la gravidanza solidale per altri. Esistono associazioni che ad oggi portano avanti ricorsi giudiziari a sostegno delle coppie che hanno embrioni crioconservati non idonei a una gravidanza, affinché il tribunale li autorizzi a donarli ai centri di ricerca italiani. Seguendo poi il modello adottato da altri paesi da cui importiamo i gameti, si potrebbe includere indagini cliniche diagnostiche di preimpianto e rimborsi adeguati per le donatrici, sempre nel rispetto del divieto di commercializzazione, conforme alle norme comunitarie superiori in vigore in tutta Europa.