Laura Santi, l’ultimo saluto del marito Stefano: “Così le ho detto addio”

Stefano Massoli è stato il marito di Laura Santi, l'uomo che l'ha sorretta fino alla fine e che ha appoggiato la sua scelta di ricorrere al suicidio medicalmente assistito

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Martina Dessì

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Una vita insieme, costruita giorno dopo giorno con amore, dedizione e coraggio. Anche quello di dire basta alla sofferenza. Una malattia lunga venticinque anni, quella di Laura Santi, affrontata in due. E infine, un addio che pesa come un macigno ma che la giornalista – scomparsa a Perugia il 21 luglio – ha voluto e deciso con la forza di una leonessa e una grande dignità. Così suo marito Stefano Massoli l’ha accompagnata nei suoi ultimi minuti, senza mai versare una lacrima per non dissuaderla dal suo intento di sottoporsi al suicidio medicalmente assistito. Ma ora che lei è finalmente libera, il suo insegnamento non può cadere nel vuoto.

L’ultimo saluto del marito di Laura Santi

Colpita da sclerosi multipla dal 2000, Laura Santi ha scelto consapevolmente di porre fine alla propria sofferenza tramite il suicidio medicalmente assistito. Una decisione maturata col tempo e che derivava dalla necessità di interrompere il dolore che provava ogni giorno, soprattutto da quando la “nemica” aveva iniziato a degenerare rapidamente rendendola diversamente abile al 100%. È morta il 21 luglio, nella sua casa, nel suo letto. Alle 11.52, nel silenzio di una mattina d’estate, si è spenta con lo sguardo sereno. “Le ho detto ‘vai amore, sei libera’ — racconta il marito a Corriere della Sera — e lei mi ha risposto ‘ciao amore, ciao vita’. Poi sono uscito dalla stanza. Era il suo momento, e io ho rispettato il suo desiderio di viverlo senza la mia presenza a condizionarla”.

Stefano, 63 anni, non è stato solo il compagno di vita di Laura. È stato il suo sostegno, il suo rifugio, la sua voce nei giorni in cui lei faticava anche a parlare. Un uomo che ha saputo trasformare la cura quotidiana in un gesto d’amore profondo, l’ultimo dei quali custodito per il giorno dell’addio che non aveva comunicato a nessuno. “Non era solo mia moglie. Era il mio tutto. Ma dire questo significa anche raccontare quanto ho dovuto imparare a esserci senza annullarmi, perché per essere il suo tutto, non potevo diventare un secondo malato. Dovevo restare lucido, presente”, ha spiegato.

Il futuro di Stefano Massoli

Benché atteso e voluto da tempo, il momento dell’ultimo saluto è stato lacerante. Quando è tornato nella stanza, il flussimetro non segnava più nulla. “Ho pianto come non avevo mai fatto. Un pianto vero, irrefrenabile. Di notte, in questi anni, avevo sempre pianto in silenzio, senza farmi sentire. Quel giorno, invece, ho lasciato che le lacrime andassero dove volevano”, ha raccontato con sincerità.

La decisione di morire non è arrivata all’improvviso. Laura Santi aveva preso contatti con una clinica in Svizzera, più volte, per poi disdire ogni volta nella speranza di ottenere una soluzione che fosse più vicina a casa. “Avevamo prenotato tre volte, e tre volte abbiamo disdetto. Ogni volta sembrava che qui in Italia si muovesse qualcosa. Voleva morire nel suo Paese, con dignità. E alla fine ci siamo riusciti”.

Pochi sapevano della data scelta. Nessuna cerimonia d’addio e nessun saluto allargato, come ha spiegato anche lei nella lettera pubblicata sul sito dell’Associazione Luca Coscioni, che le è stata a fianco in questo lungo e difficile percorso. Solo una cerchia ristretta, come lei desiderava, per proteggere la sua volontà da interferenze emotive. “Non voleva che qualcuno cercasse di fermarla. In quegli ultimi istanti, aveva sul volto un’espressione che definirei felicità. Sì, felicità. Imprigionata in un corpo che non le rispondeva più, Laura sognava la libertà, e l’ha raggiunta”.

Oggi Stefano vive in una casa che porta ancora i segni di lei. Ha riposto la carrozzina, il deambulatore, gli oggetti della malattia. Ma ha lasciato in bella vista i suoi libri, i suoi vestiti, una borraccia. “Non c’è più, ma è più presente che mai”.

Da questa esperienza estrema nasce ora in lui una nuova missione: “Voglio continuare a combattere per il diritto all’autodeterminazione. In suo nome, per chi come lei chiede solo di essere ascoltato. Abbiamo vinto insieme una battaglia, e io non mi fermerò qui”.