Chi era Lucy Salani, la transgender italiana sopravvissuta all’olocausto

Lucy Salani è stata un'attivista italiana, nonché l'unica donna transgender a sopravvivere ai campi di concentramento nazisti. E questa è la sua storia

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Redazione

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Pubblicato: 25 Gennaio 2022 14:44Aggiornato: 9 Marzo 2024 20:30

È stata un’attivista italiana e antifascista, Lucy Salani, nonché l’unica donna transgender italiana sopravvissuta all’olocausto e ai campi di sterminio nazisti. La sua storia è troppo importante per essere dimenticata, motivo per cui è stata riportata in auge da scrittori e registi.

A raccontarla, per prima, la biografia scritta da Gabriella Romano, Il mio nome è Lucy, poi diversi documentari che si sono susseguiti negli anni, ultimo dei quali quello firmato da Matteo Botrugno e Daniele Coluccini, C’è un soffio di vita soltanto, che hanno seguito ogni giorno la donna a Bologna negli ultimi anni della sua vita.

Esempio di liberazione, di coraggio e di libertà, Lucy è diventata il simbolo di un’esistenza speciale, fiera e indipendente, piena di voglia di vivere e di combattere. Non ha mai dimenticato l’orrore che ha vissuto nei campi di concentramento, eppure da quelli è ripartita, diventando l’emblema della resilienza.

Chi era Lucy Salani

È impossibile dimenticare e perdonare. Ancora alcune notti mi sogno le cose più orrende che ho visto e mi sembra di essere ancora lì dentro e per questo voglio che la gente sappia cosa succedeva nei campi di concentramento perché non accada più

Nata a Fossano il 12 agosto del 1924 come Luciano Salani, Lucy cresce a Bologna dichiarandosi apertamente omosessuale. La sua infanzia non è delle più felici, nel documentario C’è un soffio di vita soltanto, è la stessa Lucy a raccontare di aver subito degli abusi da un prete pedofilo. È lei stessa a raccontare i drammi della sua esistenza, il lavoro da ballerina, il periodo della prostituzione, gli orrori subiti durante l’olocausto.

Durante gli anni del fascismo in Italia prende le distanze dal movimento politico in tutto e per tutto. A causa della diserzione dall’esercito fascista e da quello nazista, Lucy viene deportata a Dachau nel 1944, nel primo campo di concentramento nazista. Insieme a lei ci sono più di 10.000 persone provenienti da tutta Europa. Alcune riescono a sopravvivere, nonostante le drammatiche condizioni in cui sono costrette a stare, altre non ce la fanno.

Lucy, come molti, viene condannata ai lavori forzati all’interno di Dachau. È un compito ingrato quello che le viene affidato: raccogliere i cadaveri dei suoi compagni e portarli nel forno crematorio. È lei stessa che racconta quei momenti nel corso della sua intera esistenza, lo fa affinché nessuno perpetui mai più quegli orrori del passato che sono tragici e drammatici. Dimenticarli è impossibile.

Avevo la mansione di prendere i cadaveri delle persone che morivano nella notte, alcuni erano ancora vivi, e li caricavo su un carro per poi portarli al forno crematorio. Quello che ho visto è allucinante. Dentro ti senti schiacciata. Vivere per me è un miracolo. Sono già morta allora.

Alla fine, però, Lucy non muore. Sopravvive a Dachau per sei lunghi mesi, che sembrano un’eternità, fino all’arrivo degli americani. Quando i nazisti capiscono di aver perso, compiono l’ultimo atto drammatico: radunano i prigionieri al centro del campo di concentramento e sparano sui loro corpi senza pietà. Lucy viene ferita a un ginocchio, ma non muore. Si getta a terra e si nasconde in mezzo ai cadaveri fino all’arrivo degli americani.

Quel giorno, quello della salvezza e della liberazione, inizia per lei una nuova vita. Si trasferisce a Torino, dove lavora come tappezziera, e poi a Londra, dove negli anni ’80 ha scelto di sottoporsi all’intervento di chirurgia di riassegnazione del genere pur rifiutandosi sempre di cambiare il suo nome all’anagrafe.

Hanno provato tante volte a farmi cambiare nome; ho detto no perché il mio nome me l’hanno dato i miei genitori.

Finalmente, Lucy, poteva essere chi aveva sempre sognato di essere. Libera, come non lo era mai stata.

Gli ultimi anni di Lucy

Mi sono sempre sentita femmina fin da piccola, ma guai a dire che ero una donna. Mio fratello non riusciva a non chiamarmi Luciano. Mia madre quando mi ha visto vestita da donna, si è spaventata

Dopo Londra, Roma e Parigi, Lucy sceglie di trasferirsi a Bologna, dove trascorrerà il resto dei suoi giorni. Come ha vissuto la sua quotidianità lo ha raccontato lei nell’ultimo documentario sulla sua vita, quello che ricorda le giornate della donna transessuale più anziana d’Italia, nonché sopravvissuta all’olocausto.

Lucy, in quella casa popolare a Bologna, si è circondata di foto e dei ricordi del passato, alcuni bellissimi, altri meno, ma che comunque non potevano essere cancellati. Aveva tante passioni, Lucy, la sua preferita era la scrittura di poesie. Amava anche cucinare e ricevere gli amici, quelli che riempivano la sua casa e le sue giornate. Lei li ha sempre definiti “la sua famiglia“. Anche se non erano legami di sangue, erano comunque intensi e importanti.

Alla fine Lucy è tornata anche a Dachau. Lo ha fatto l’ultima volta all’età di 96 anni, proprio in occasione delle  celebrazioni del 75º anniversario della liberazione del campo. Lo ha fatto con tanta dignità, risolutezza e decisione, per affrontare i suoi demoni, per guardarli per l’ultima volta negli occhi.

Il ricordo di Lucy Salani, la preziosa custode della memoria

Lucy Salani è morta il 22 marzo del 2023 all’età di 98 anni nella città di Bologna, ma la sua storia, questo è chiaro, vivrà per sempre.

Lucy, infatti, è e sempre sarà una preziosa testimone della storia del Novecento, la donna che ha attraversato i decenni più significativi della nostra epoca e che, purtroppo, ha vissuto sulla propria pelle uno dei suoi momenti più bui. E la ricorderemo così.

Non solo come attivista, antifascista e voce della memoria, e neanche soltanto come colei che ha subito i peggiori soprusi senza mai smettere di lottare, cercando di rivendicare se stessa e la sua identità, prima nel campo di concentramento e poi in una società chiusa e binaria che non lasciava mai spazio di azione a chi sentiva “diverso”: la ricorderemo anche come una donna fiera, indipendente e orgogliosa. Semplicemente Lucy.