Elizabeth Siddal, la tormentata esistenza di una musa

Il suo nome era Elizabeth Siddal, ma tutti la chiamavano Lizzy, la bellissima Ophelia del dipinto. Era musa e modella dei pittori preraffaelliti, ma era anche una donna fragile e tormentata, consumata nel corpo e nell'anima

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

È stata una poetessa e una pittrice, una modella e una musa. È stata la ragazza che ha rapito il cuore di Dante Gabriel Rossetti, ma anche la donna che ha tentato di emanciparsi in un’epoca in cui questo non era contemplato. Forte, ma al contempo fragile, la vita di Elizabeth Eleanor Siddal, conosciuta anche come Lizzy, è stata contraddistinta dalla bellezza e dal tormento. Resa immortale da un bellissimo quadro per cui fece da modella, Ophelia del pittore preraffaellita John Everett Millais. Questa è la sua storia.

Chi era Elizabeth Siddal

Nata a Londra il 25 luglio del 1829, Lizzy è la terzogenita di otto figli e cresce in un ambiente discretamente modesto. Da giovanissima inizia a lavorare insieme a tre delle sue sorelle come modista, del resto era sempre stata affascinata dal mondo della moda. È proprio nella bottega di Cranbourne Alley che viene notata per la sua bellezza dagli artisti del tempo, i pittori preraffaelliti. La sua carnagione candida, quei lineamenti così dolci e i suoi lunghi capelli rossi la rendono l’incarnazione degli ideali di bellezza di quel tempo.

Elizabeth Siddal, così, diventa la musa dei pittori del tempo. Ma non è solo una modella bellissima, è anche una donna dall’animo sensibile che subisce il fascino dell’arte. Si dedica nel suo tempo libero al disegno, alla pittura e alla scrittura di poesie. Quando viene scelta come modella da Dante Gabriel Rossetti, di cui poi diventerà moglie, inizia a studiare con lui per perfezionare la sua tecnica artistica.

Sui ritratti, Lizzy, è una musa bellissima. Traspare la dolcezza inafferrabile e quasi eterea che i pittori amano idealizzare, ma in realtà è una donna forte e decisa che cerca la sua emancipazione e che mostra, seppur nella sua raccolta opera, tutta la sua capacità.

La tormentata fine di una musa

Era una stella che brillava di luce propria, Elizabeth Siddal, e chissà quante cose ancora sognava di realizzare. Purtroppo, però, i tormenti che nascevano da dentro diventano sempre più prepotenti, acuiti anche dai continui rifiuti dell’uomo che gli aveva promesso amore eterno.

Lizzy, infatti, divenne l’amante del pittore preraffaellita Dante Gabriel Rossetti. La loro fu una storia d’amore fatta di arte e di passione, ostacolata però dalle paure e dalle insicurezze di lui. Il pittore, infatti, temeva che la provenienza modesta della ragazza potesse in qualche modo non essere ben vista dalla famiglia Rossetti che, invece, era benestante. Così le promesse d’amore venivano infrante e rimandate, mandando ogni volta in frantumi il cuore di Lizzy.

La modella arrivò a pensare di non essere abbastanza, ma soprattutto di non essere la sola ad albergare nel cuore di quell’uomo.

Non era solo il cuore di Lizzy a soffrire, ma anche il suo corpo. Posando come modella per Ophelia di John Everett Millais, la Siddal fu costretta a restare immersa nell’acqua gelida di una vasca per tutta la realizzazione dell’opera. La sua tenacia, nel restare, si trasformò nella sua condanna. Elizabeth, infatti, fu colpita da una forte bronchite che minò seriamente la sua salute e che fu il preludio a quella personale tragedia shakespeariana di cui divenne protagonista. Ad aggravare ancora di più la situazione era l’uso continuativo di laudano di cui Lizzy abusava per trovare sollievo.

Neanche il matrimonio con Rossetti, arrivato finalmente nel 1860, riuscì ad alleviare i tormenti del cuore e dell’anima. L’anno successivo alle nozze, la musa scoprì di essere incinta: era quella l’occasione per ricominciare insieme al suo amato Dante. Purtroppo, però, il bambino nacque morto, e da quell’episodio non si riprese mai più.

L’11 febbraio del 1862, a 32 anni, Lizzy viene trovata nel suo letto senza vita proprio dal marito. Secondo il referto medico a causare la morte era stata una dose eccessiva di laudano: Elizabeth si era tolta la vita.

«Sulle sponde del vicino fiumicello sorge un salice che specchia le sue pallide foglie nel cristallo dell’onda. Ella era andata là, recando con sé fantastiche ghirlande di ranuncoli, di ortiche, di margherite e di quei lunghi fiori che le nostre donzelle chiamano diti di estinti. Nel momento in cui cercava di appendere la sua selvaggia corona alle fronde piegate, l’invidioso ramo a cui appoggiava il piede, si ruppe, e tutti i suoi trofei di verzura caddero con lei nell’onda. Le sue vesti aprendosele intorno lo sostennero per qualche tempo sulle acque come una sirena; e allora ella cominciò a cantare squarci di mitiche canzoni, come se non avesse conosciuto il pericolo che correva, o come se fosse nata in quell’elemento, ma lo cosa non poteva gran pezza durare; in breve le sue vesti inzuppate dall’onda bevuta interruppero il canto melodioso, a trascinarono l’infelice in fondo alle acque, dove è spirata». (Amleto (Rusconi)/Atto quarto/Scena VII

Elizabeth Siddal
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Elizabeth Siddal