Un mese di sleeve gastrectomy, vi racconto il mio percorso

A oggi ho perso 11 kg, ne dovrò perdere almeno altri venti, ma a distanza di un mese posso dire che è il regalo più grande potessi farmi.

Foto di Irene Vella

Irene Vella

Giornalista, Storyteller, Writer e Speaker

Scrive da sempre, raccogli emozioni e le trasforma in storie. Ha collaborato con ogni tipo di giornale. Ha fatto l'inviata per tutte le reti nazionali. È la giornalista che sussurra alle pasticcerie e alla primavera.

Pubblicato: 9 Giugno 2021 12:25

L’avevo promesso a me stessa e a tutte le lettrici di DiLei, una volta iniziato il percorso di rinascita con la sleeve gastrectomy, vi avrei informato sui cambiamenti, quelli visibili e quelli soprattutto invisibili all’occhio umano. Perché decidere di sottoporsi a quest’intervento, che in poche parole è una riduzione dello stomaco dell’ottanta per cento, non è una passeggiata, ma credetemi a distanza di un mese e cinque giorni è la decisione migliore che potessi intraprendere, per una questione di salute in primis, ma anche per una soddisfazione estetica personale che nessuno, a parte le persone in sovrappeso, possono capire.

Perché hai voglia a raccontartela che sei bella anche con trenta chili di più, parlo naturalmente per me stessa, ma quando il peso che ti porti appresso diventa un macigno sul cuore, e la testa non risponde più alle diete restrittive cui l’hai sottoposta per vent’anni, la chirurgia bariatrica diventa l’unica soluzione, e sottolineo non la scorciatoia, ma l’unico mezzo attraverso il quale poterti riappropriare della tua vita. Perché quando l’immagine che lo specchio ti rimanda non ti appartiene più, quando rifuggi il riflesso del tuo corpo dalle finestre troppo pulite di casa, e ogni pantalone lasciato nell’armadio diventa una ferita aperta, devi fare qualcosa per tornare a sorridere, quando il cibo diventa l’unico amico cui confidare il tuo dolore e da cui farsi coccolare, bisogna trovare il coraggio e la forza di rompere gli schemi.Quando questo è successo a me la prima cosa che ho fatto è stata quella di informarmi sia sull’intervento, con persone che vi si erano sottoposte, sia sulle tempistiche di ripresa e di degenza. Ho cercato anche on line sul sito della Sicob, che si occupa a livello nazionale della chirurgia dell’obesità segnalando i centri di eccellenza, così trovato proprio la clinica alla quale mi sarei voluta rivolgere io, Madonna della Salute a Porto Viro. Tramite il suggerimento di una paziente ho trovato anche il chirurgo Sergio Carandina, ho telefonato ed ho preso l’appuntamento.

Era il 26 settembre 2020 e per la prima volta dopo tanto tempo mi sono sentita capita, ho sentito un dottore che parlava di obesità come malattia, e non come scarsa volontà del paziente, ho visto un medico parlarmi con il linguaggio della cura, quello buono che capisce il dolore delle parole, anche di quelle non dette, una persona al di là del camice che sembrava anticipare i miei pensieri e soprattutto che mi ha presa ed accompagnata per mano lungo tutto il percorso.

Per chi non lo sapesse la chirurgia bariatrica è totalmente a carico dell’azienda sanitaria nazionale in due casi BMI> 40 (obesità di IIIa classe/gravissima) e BMI> 35 (obesità di IIa classe/grave), associato ad almeno una condizione patologica connessa all’obesità in grado di migliorare con la perdita di peso. Io facevo parte del secondo caso, un indice di BMI inferiore a 35, ma con la sindrome grave delle apnee notturne, e ho potuto così usufruire di tutte le visite e dell’operazione in convezione.

Ma torniamo a noi, oggi è il 9 giugno 2021, io mi sono operata il 3 maggio, quindi sono passati 37 giorni da quando ho deciso di riprendere in mano la mia vita, e sono orgogliosa di mostrarvi il primo risultato raggiunto, in attesa dei futuri step, ma soprattutto voglio raccontarvi tutto quello che accade dopo l’operazione, perché il percorso psicologico è molto più impegnativo della ripresa fisica, che avviene nell’arco di poche ore. Io sono scesa alle 8:30 in sala operatoria e alle 10 ero già nel letto a spararmi i selfie da mandare al marito per fargli vedere che stavo bene, dopo mezz’ora mi hanno fatto alzare dal letto per andare in bagno e il giorno dopo camminavo per il reparto avanti e indietro con la flebo come base d’appoggio, ma non ho mai avuto né drenaggi né sondino naso gastrico.

Come compagne d’avventura due ragazze che sono state operate il mio stesso giorno di bypass gastrico, con le quali siamo diventate subito amiche e abbiamo creato il gruppo whatsapp Rinascita, dove ci scambiamo dettagli sui nostri pasti e sui nostri progressi. La parte più difficile per me è arrivata una volta a casa. Perché la realtà è che con l’operazione cambi la meccanica del tuo corpo, ma la testa rimane la stessa di prima, e quando mi sono resa conto che davvero non riuscivo a mangiare più di due cucchiaini di semolino, ho avuto un crollo psicologico. Avevo appena finito di cucinare la carbonara per la mia famiglia e quando ho realizzato di non poterla nemmeno assaggiare mi sono messa a piangere.

Fondamentale è stato il supporto da parte di mio marito che mi ha fatta ridere e mi ha lasciata sfogare, successivamente anche le parole della psicologa, la dottoressa Laura Beltrame, che fa sempre parte del percorso ospedaliero: “Cara Irene, il suo stomaco è stato modificato ma dobbiamo dare tempo al cervello e alla mente di sincronizzarsi con lui, lei non sente la fame fisica ma il desiderio di mangiare che è un’altra cosa ed è legato ad aspetti emotivi di gratificazione e ricompensa di cui ha avuto esperienza durante tutta la vita. Il nostro cervello funziona così e non è certo colpa nostra . Tutto ciò che prova va bene e lo accolga come una parte di sé che sta imparando a conoscere meglio, quindi è un processo molto importante. Per qualsiasi cosa mi scriva quando vuole.” 

Ed io allora mi sono data e presa tempo, in queste settimane ho imparato ad ascoltare il mio nuovo stomaco, ho sentito la fame, ho imparato a riconoscere il senso di sazietà, e incredibilmente ho iniziato a preferire una sogliola al vapore alla pasta al ragù, che non riesco più a digerire bene. Ho avuto il desiderio di assaggiare un’insalata o la verdura, ho ricominciato a cucinare piatti sani e colorati e a sorridere allo specchio, perché se è vero che un mese di dieta semiliquida e semisolida è davvero duro, è altrettanto vero che quando riesci nuovamente a infilarti le scarpe senza fatica, a dormire di fianco o a togliere l’estensore del reggiseno, ti senti quasi invincibile, ed ogni piccolo progresso è un traguardo verso la nuova te.

E allora oggi guardando le foto del mio cellulare ho trovato quella scattata il giorno del ricovero e quella fatta ieri, e vi assicuro che non sono modificate, nella seconda ho solo aggiustato i colori, ma la faccia è davvero la mia, sia nella prima che nella seconda immagine, ma mentre la prima mi provoca dolore la seconda mi dà un senso di gratitudine e gioia, per aver creduto in me stessa ed essermi data questa possibilità. Il dottor Carandina al primo colloquio mi disse: «Si ricordi che noi facciamo parte della stessa squadra, l’operazione è un assist, ma dovrà essere lei a credere nel suo cambiamento, solo così potremmo vincere la partita».

Io a oggi ho perso 11 kg, ne dovrò perdere almeno altri venti, ma a distanza di un mese posso dire che è il regalo più grande potessi farmi. Sappiate che intorno a voi ci saranno persone che cercheranno di dissuadervi, prospettandovi scenari disastrosi, con quelle parole del cazzo a chiusura di ogni frase: «Se vuoi, puoi dimagrire. Basta chiudere la bocca e muovere il culo».

No, non è così, o almeno non è sempre così, ci sono tanti motivi per cui uno non riesce a chiudere la bocca, o non riesce più a chiuderla, e nessuno ha il diritto di giudicare il vostro percorso o la vostra vita, la sleeve non è una scorciatoia, è un percorso che metterà a dura prova la vostra anima, ma se avete preso questa decisione, non permettete a nessuno di portarvi via il diritto a rinascere. Andate a riprendervi la vostra vita, sarà l’inizio di una grande storia d’amore. Quella con voi stessi.