Braccialetto guasto ignorato: l’ex marito uccide Tiziana Vinci

Il dispositivo non funzionava da dieci giorni. Nessuno è intervenuto. L’uomo l’ha attesa sul lavoro e l’ha colpita con tre coltellate.

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Irene Vella

Giornalista, Storyteller, Writer e Speaker

Scrive da sempre, raccogli emozioni e le trasforma in storie. Ha collaborato con ogni tipo di giornale. Ha fatto l'inviata per tutte le reti nazionali. È la giornalista che sussurra alle pasticcerie e alla primavera.

Pubblicato: 21 Agosto 2025 10:37

Tiziana Vinci aveva 54 anni e da mesi viveva in uno stato di paura costante. Si era separata dall’ex marito Umberto Efeso, 57 anni, e aveva deciso di lasciare la sua regione per trasferirsi a La Spezia, dove aveva trovato lavoro come collaboratrice domestica. Il suo obiettivo era semplice: ricominciare da capo, lontano dalle minacce e dallo stalking che l’uomo le riservava ormai da tempo.
Lo scorso giugno, dopo le sue denunce, era stato attivato il Codice Rosso: nel giro di poche ore, l’uomo si era visto notificare un divieto di avvicinamento e l’obbligo di indossare un braccialetto elettronico. La misura avrebbe dovuto impedirgli di avvicinarsi a Tiziana e garantire a lei un minimo di protezione. Eppure, da circa dieci giorni, quel dispositivo non funzionava, il guasto era stato segnalato alle autorità competenti, ma il problema non è mai stato risolto. Una falla nel sistema che si è rivelata fatale.

La mattina di mercoledì 13 agosto 2025, intorno alle 11, Efeso ha raggiunto la villa in via Genova, dove Tiziana lavorava come collaboratrice domestica. Ha atteso il momento giusto, l’ha affrontata e, dopo un diverbio, ha estratto un coltello a serramanico. Tre fendenti, al torace, al fianco e all’addome, hanno posto fine alla vita della donna.
Un testimone ha assistito alla scena e ha allertato i soccorsi, ma quando i sanitari sono arrivati Tiziana era già morta. L’aggressore, dopo la fuga, si è presentato spontaneamente nella caserma dei carabinieri di Ceparana, dove ha confessato l’omicidio ed è stato arrestato.
Il caso ha suscitato enorme indignazione pubblica: nonostante le denunce, le misure restrittive e l’applicazione del Codice Rosso, Tiziana è stata lasciata indifesa. Le indagini hanno subito confermato che il braccialetto elettronico non era operativo da giorni e che le autorità ne erano a conoscenza. Un malfunzionamento che, di fatto, ha reso inutili i provvedimenti giudiziari.

Il fascicolo ora si concentra non solo sull’omicidio, ma anche sulle responsabilità istituzionali: chi doveva garantire il corretto funzionamento del dispositivo, e perché non è intervenuto?

Un’altra vittima, l’ennesimo femminicidio, nonostante un Codice Rosso attivo, un divieto di avvicinamento e un braccialetto elettronico. Tiziana Vinci, 54 anni, è stata uccisa lo stesso.
La sua storia dimostra ancora una volta quanto sia fragile il sistema che dovrebbe proteggere le donne. Perché denunciare, se poi le istituzioni non sono in grado di garantire misure efficaci? Tiziana aveva fatto tutto ciò che la legge le chiedeva: aveva denunciato, ottenuto il Codice Rosso, il divieto di avvicinamento, persino il controllo elettronico sull’ex marito. Ma nessuna di queste misure è bastata.
E adesso? L’uomo avrà attenuanti: si è costituito, non aveva precedenti, la premeditazione difficilmente verrà riconosciuta, la crudeltà non lo è stata neppure in casi ben più efferati. Alla fine resterà la sensazione che la vita di Tiziana valesse meno delle falle di un sistema che avrebbe dovuto proteggerla.

È qui che dobbiamo fermarci a riflettere: cos’è che non funziona davvero? Non basta scrivere leggi e sigle su un codice. Non basta imporre misure restrittive che restano sulla carta. Serve la certezza che quei provvedimenti vengano fatti rispettare. Serve un impegno concreto, immediato, reale.
Perché ogni volta che un braccialetto elettronico non funziona, ogni volta che una segnalazione resta lettera morta, non parliamo di burocrazia, ma di vite appese a un filo.
Non possiamo più accettare che un Codice Rosso resti solo un’etichetta, non possiamo più tollerare che una donna, dopo aver denunciato, venga lasciata sola.
Quante dovranno morire ancora prima che si comincino a cambiare davvero le cose?