Global Sumud Flotilla, cos’è e perché tanti Vip la sostengono: da Elisa a Zerocalcare

Una flotta di oltre quaranta barche, con attivisti da 84 Paesi, partirà per Gaza: aiuti umanitari e un segnale di resistenza collettiva

Foto di Francesca Secci

Francesca Secci

Giornalista, esperta di lifestyle

Sarda, ma anche molto umbra. Giornalista pubblicista, sogno di una vita, scrive soprattutto di argomenti di attualità, lifestyle e cura della casa.

Pubblicato:

Ottanta morti al giorno, una media agghiacciante se si pensa che non sono morti naturali ma frutto di un genocidio. Tra loro, innumerevoli bambini. Questa è la quotidianità dei palestinesi nella Striscia di Gaza: un territorio martoriato dai bombardamenti di Israele, dove la sopravvivenza non è un diritto ma una lotta quotidiana.

C’è chi dice che non ci sarà mai uno stato di Palestina. Gli esperti di geopolitica, seduti dietro le loro fredde cattedre, sentenziano che storicamente e tatticamente è una zona dove agli stati “conviene” che rimanga instabile. Frasi su cui si può certamente discutere, dibattere, capire. Addirittura anche essere in accordo.

Ma per fortuna il mondo non è fatto solo di studiosi ed esperti di tattiche militari, ma anche di società civile, di persone. Ed è da qui che prende forma una flotta.

La Global Sumud Flotilla è una delle più grandi iniziative internazionali mai organizzate per rompere l’assedio di Gaza. Decine di imbarcazioni civili cariche di aiuti umanitari si preparano a salpare a fine agosto da Barcellona, poi da Tunisi e anche da altri porti del mediterraneo. Nessun blocco può durare per sempre, finché esistono coraggio e solidarietà.

Numerosi vip italiani stanno utilizzando i loro canali per parlare di questo evento che, si spera, cambi il corso degli eventi in meglio.

La Global Sumud Flotilla spiegata da Zerocalcare

Anche il fumettista Zerocalcare, attraverso un reel di Instagram, a spiegare con semplicità il senso della missione: “La Global Sumud Flotilla è un faro acceso su Gaza”.

Una definizione che racchiude lo spirito di questa spedizione: non solo portare cibo, acqua e medicinali a una popolazione allo stremo, ma anche spezzare il silenzio e colmare il vuoto lasciato da governi e istituzioni internazionali incapaci di aprire persino un corridoio umanitario. Un silenzio che in questi giorni è riempito da influencer americani che raccontano fake news su Gaza o da pubblicità disturbanti su Youtube o addirittura alla radio.

La flottiglia sarà composta da oltre quaranta imbarcazioni civili provenienti da 84 Paesi, dall’Italia alla Malesia, con migliaia di attivisti, medici, giuristi, religiosi, giornalisti e persone comuni a bordo.

La partenza è fissata da Barcellona e segnerà, per molti, il più grande tentativo coordinato della storia di infrangere l’assedio a Gaza. Si cercherà di andare laddove nessun governo ha voluto o ha mai avuto il coraggio di spingersi.

I rischi concreti e la memoria delle aggressioni

Non è una missione priva di pericoli. In passato, la marina israeliana ha già sparato contro barche di attivisti e artisti che cercavano di rompere il blocco. Parafrasando Le Coliche “Noi non andiamo perché abbiamo paura”.

Questo rende evidente che la sicurezza della Flotilla dipenderà dall’attenzione e dalla pressione internazionale: più occhi del mondo saranno puntati sulle navi, minore sarà lo spazio per la violenza.

Per questo gli organizzatori insistono: parlarne, condividere, creare un “ombrello mediatico” è parte integrante della missione. Non basta che le imbarcazioni salpino, serve che la loro rotta sia seguita, raccontata, difesa.

Il significato di “Sumud”: resilienza collettiva

Il termine “Sumud” in arabo, ricorda il professore medievalista Alessandro Barbero, significa resilienza. È una parola che racconta la capacità di resistere nonostante tutto, di rimanere saldi davanti all’ingiustizia. La stessa resilienza di Anas al Sharif  nel raccontare il massacro di Gaza e dei quasi 300 giornalisti palestinesi uccisi dalle bombe israeliane. Altri cinque cronisti hanno perso la vita nei giorni scorsi, con un doppio attacco nell’ospedale Nasser.

La Global Sumud Flotilla incarna questo spirito: un’iniziativa che nasce dal basso, senza l’appoggio di governi o partiti, ma dalla spinta collettiva di individui che vogliono cambiare le cose.

Attivisti indipendenti, medici pronti a salvare vite, giornalisti intenzionati a raccontare verità scomode, religiosi e cittadini comuni. Non una coalizione politica, ma una comunità globale che usa la disobbedienza civile e la non-violenza come strumenti di resistenza.

Per chi la sostiene, questa missione è più di un viaggio via mare: è un atto politico che può innescare un cambiamento. Quando le navi verranno fermate, perché è certo che accadrà, quello sarà il momento, dice Adrian Fartade, in cui la società civile dovrà chiedere ai governi di prendere finalmente posizione.

L’iniziativa chiede anche un coinvolgimento diretto: non basta guardare da lontano come spettatori di un dramma trasmesso in tv. Serve esserci. Scendere in piazza, parlare nelle scuole e nelle università, trasformare la solidarietà in pressione politica. Ogni voce, ogni luogo pubblico può diventare un argine contro l’indifferenza.

Aiuti umanitari: la vita nelle stive delle imbarcazioni

L’aspetto più immediato e concreto della Flotilla è l’urgenza umanitaria. Le stive delle barche sono cariche di tonnellate di alimenti, acqua potabile, medicinali e beni di prima necessità. Risorse che, per oltre due milioni di persone intrappolate nella Striscia, rappresentano letteralmente la differenza tra la vita e la morte.

Il sostegno dei volti noti italiani

A rafforzare l’impatto della missione c’è anche il contributo di artisti e personaggi pubblici italiani. Negli ultimi giorni, numerosi appelli sono comparsi sui social: cantanti, attori, scrittori e performer hanno scelto di “metterci la faccia” e di invitare a non restare indifferenti.

Tra loro Elisa, Ditonellapiaga, Pablo Trincia, Alessandro Gassmann, Elena Sofia Ricci e Paola Michelini. Le loro voci, diverse per percorsi e sensibilità, si uniscono in un messaggio comune: parlare della Global Sumud Flotilla, diffondere i suoi contenuti, impedire che la missione venga oscurata.

Come ha ricordato più di un artista, l’impegno intellettuale non è fatto solo di parole o spettacoli: il vero artista, oggi, è chi mette il proprio nome e la propria voce al servizio delle battaglie di civiltà.

Un punto di partenza, non un episodio isolato

La Global Sumud Flotilla non è solo una spedizione navale. È un atto prima di tutto simbolico e politico che potrebbe diventare il punto di partenza per un movimento globale più ampio. Una crepa nell’inerzia internazionale, che aspetta solo di trasformarsi in frattura. Un momento dove la gente comune decide di entrare a gamba tesa nella storia.

La Global Sumud Flotilla ricorda, in piccolo, l’eco di quelle spedizioni di civili che hanno segnato la storia: come Garibaldi con i suoi Mille, persone comuni che presero il mare non con la forza degli eserciti, ma con l’idea che l’unità in quel momento storico valesse più delle proprie vite. Se i Mille potevano contare sull’appoggio di uno Stato nascente, il Regno d’Italia, qui a muovere le imbarcazioni è la sola spinta della società civile internazionale.

Ma oggi non c’è nessun Garibaldi a guidarci, purtroppo, siamo una società povera che ha bisogno di eroi, come diceva il poeta tedesco Brecht. Ma il Mediterraneo, da sempre, non è soltanto la rotta di una flotta: può diventare il mare che porta solidarietà, resistenza e, forse, una speranza di giustizia.