Neuroeducazione: se conosci l’attività cerebrale di tuo figlio puoi educarlo a essere felice

Ecco un approccio aperto e sensibile, utile per lo sviluppo delle capacità cerebrali dei più piccoli

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Redazione

DiLei è il magazine femminile di Italiaonline lanciato a febbraio 2013, che parla a tutte le donne con occhi al 100% femminili.

Pubblicato: 10 Febbraio 2019 10:00Aggiornato: 10 Febbraio 2019 10:00

Neuroeconomia, neuropsicologia, neuroeducazione: quante volte abbiamo sentito o letto questi termini che fanno ormai parte della nostra quotidianità?

Riguardano diverse sfere settoriali e la neuroeducazione in particolare, può interessare più da vicino una mamma e un papà che vogliono stimolare le capacità di apprendimento nei propri figli.

Essere genitori è il mestiere più bello del mondo, ma è anche tra i più difficili: non esiste una ricetta assoluta ed efficace valida per ogni bambino, ma ce ne sono diverse. Ed è compito del genitore entrare in empatia con il bimbo, riuscire a connettersi con il suo mondo e prendersi cura della sua delicata sfera emotiva che è soggetta ad evoluzione man mano che si trasforma in un adulto.

In questo senso la neuroeducazione può rivelarsi un valido supporto, in quanto si tratta di un approccio aperto e sensibile utile per lo sviluppo del cervello del bambino. Comprendere il funzionamento cerebrale può essere determinante per essere più felici e vivere al meglio, dando risalto alle capacità che contraddistinguono un individuo dall’altro.

Per raggiungere questi obiettivi bisogna però prima di tutto comprendere le fasi di sviluppo del piccolo, capire quali sono i suoi bisogni in ciascuna di esse e carpire le modalità per ottenere il potenziale massimo da queste fasi, e in cui i piccoli godono di una grande plasticità mentale.

I bambini fino ai sei anni hanno mostrato di possedere una grande neuroplasticità, che però necessita di accompagnamento e di un valido supporto. Ed è qui che entrano in gioco mamma e papà che possono educare alla felicità tramite la neuroeducazione, diventanto loro stessi dei neuroeducatori. Il cervello è sempre in funzione ed è pronto ad apprendere in ogni momento della giornata, dietro corretta sollecitazione.

Tutto a suo tempo quindi e anticipare di troppo i tempi, cercando di insegnare ad esempio a un bambino di tre anni a leggere e a scrivere, potrebbe rivelarsi un errore. Invece, è preferibile stimolare prestando un pizzico di attenzione alla fase e all’età del bimbo.

Per solleticare l’apprendimento del piccolo, può essere utile sviluppare sensazioni incentrate sulla fiducia, senza contare che in un contesto di tranquillità, i bambini sono ancora più ricettivi nell’apprendere ciò che li circonda.