Sono quei trend di cui, la maggior parte delle volte, non ci spieghiamo la nascita ma che, in un modo o nell’altro, riescono a descrivere perfettamente una fetta di realtà che ci circonda. Delle etichette da appiccicare su ognuno di noi e permettessero agli altri di riconoscere il gruppo a cui apparteniamo.
That Girl, Gymgirl, Clean Girl… rappresentano un modo di vivere la vita che si può adottare, come se tutte dovessimo far parte di una specifica etichetta.
Indice
L’identità come brand: etichettiamo tutto
La nostra personalità sembra diventata una vetrina di ciò che dobbiamo essere. Molti dei trend virali sui social sono nient’altro che etichette dello stile di vita o di comportamento che decidiamo di avere.
Attraverso le etichette, non ci presentiamo più come persone ma come appartenenti a una determinata categoria.
Diventiamo il brand di noi stessi, poiché rispettiamo le “regole” del trend che vogliamo seguire.
Benché da una parte le categorizzazioni ci aiutino a capirci meglio, spesso risultano limitanti e tolgono la possibilità di essere più leggeri e di sperimentare tra più stili.
Le etichette più virali
Essere una Clean Girl ti etichetta come la ragazza acqua e sapone, che veste solo con colori neutri, ha una skincare formata da più e più passaggi e utilizza un make up leggero.
Oppure potresti optare per essere una perfetta That Girl, con la tua agenda super dettagliata e organizzata sempre in borsa.
Perché non essere coquette? Quell’estetica che esalta la femminilità attraverso l’uso di colori pastello, pizzo e fiocchetti.
Sono tutte estetiche che possono aiutare a comprendersi meglio, spingono le ragazze a individuare qual è lo stile che sentono più loro, il modo migliore in cui vogliono vivere.
Allo stesso modo, però, colonizzano i social: siamo invasi dalle etichette, e qualcuno non si riconoscesse in nessuna?
Dai un nome alla tua relazione
Non solo etichette personali, ma anche delle proprie relazioni.
Ci sono le famose situationship, il caso in cui tu e il ragazzo che stai frequentando non vi siete ancora definiti come coppia ma non vi comportate nemmeno da amici. La classica situazione in cui non c’è un impegno reale ma solo ambiguità.
Se non ti ritrovi in questo caso, potresti far parte di un’amicizia con benefici, o essere agli inizi del talking stage. Insomma, in qualsiasi caso, un nome da dare alla relazione in cui ti trovi ce l’hai.

Perché lo facciamo?
Le etichette sono scorciatoie che il nostro cervello applica per semplificare la complessità del mondo che ci circonda. I social sono sovraccarichi di informazioni, perciò categorizzare aiuta a diminuire il carico.
Sono una grande risorsa, poiché consentono di risparmiare energie altrimenti impiegate nell’osservazione di tutto.
Inoltre, dare un nome a relazioni, emozioni o situazioni permette di comprenderle meglio e dà poi la possibilità di parlarne. Definire il mondo che ci circonda serve per parlare e chiedere, di conseguenza, ascolto.
È un nuovo modo di comunicare, alla luce del sole, con meno zone di ombra possibili perché stanchi di vivere nell’incertezza.
Se ci pensiamo, dire “Io e lui siamo in una situationship” è ben più veloce di spiegare tutte le dinamiche ambigue che riguardano la vostra situazione.
Veloce è il termine corretto, è il modo di vivere i social e sui social: etichettare riflette perfettamente la situazione sbrigativa in cui ci ritroviamo a scrollare migliaia di video o post.
Le etichette aiutano davvero?
In parte. Benché riassumano le tante informazioni a cui ci esponiamo quotidianamente, riducono a un solo nome una vasta complessità di situazioni.
Etichettarsi come That Girl o Clean Girl fa sentire parte di una comunità e crea un sentimento di aggregazione, permette di conoscersi o scoprire la propria personalità.
Ma dall’altra parte è anche limitante. Non è detto che tutte le caratteristiche del trend di riferimento siano adatte a chi vi aderisce, ed etichettarsi non fa altro che rendere molto rigidi i confini, a delimitare zone che potrebbero essere più fluide.
Ci sentiremo spinte a dover appartenere a tutti i costi alla categoria che scegliamo, sforzandoci di adattarci ai canoni imposti.
Spesso, inoltre, vengono utilizzate erroneamente etichette psicologiche per semplici comportamenti comuni: ad esempio la timidezza, sui social, a volte viene categorizzata come ansia sociale, e ciò può innescare paura e un’autodiagnosi sbagliata nella persona che legge il post.
Identità frammentate
La moltitudine di etichette che possiamo trovare nei trend social rischiano di creare identità frammentate.
Siamo sia coquette, che Clean Girl, però mentre studio applico l’estetica tipica delle appartenenti allo #Studytok. Si crea un po’ di confusione attorno alla personalità, con possibile conseguenza il faticare a trovare il proprio filone di pensiero principale.
Spesso, chi non si definisce viene spinto dalla società a definirsi in qualche modo. Se non ti etichetti non esisti, poiché le etichette sono ovunque, è impossibile che non trovi quella adatta a te.
Questo è il pensiero di chi utilizza i social o vuole rientrare nei trend. Eppure non a tutti può andare bene vivere di personalità poco chiare: c’è a chi possono piacere i colori pastello indossati ma non comportarsi come una That Girl perché di sua natura un po’ disordinata, caratteristica assolutamente contro la mentalità del trend.
Etichettare tutto: il mondo dei social
Il nostro nuovo modo di comunicare e interpretare il mondo nasce come riflesso di ciò con cui siamo cresciuti e utilizziamo continuamente, i social.
Le etichette sono semplici, immediate, proprio come le app che quotidianamente ci ritroviamo a scrollare.
Per noi è fondamentale trovare un nome e un perché a tutte le situazioni che le vecchie generazioni non hanno tenuto in considerazione. Se gli diamo un nome allora siamo anche in grado di riconoscerle e sapere come affrontarle.
Non tutte le categorizzazioni però sono utili: spesso si generalizzano concetti complessi che non fanno altro che confonderci e diagnosticarci problemi, scavalcando chi di competenza.
Sui social in molti si sono dedicati a pagine di salute o psicologia, ma certe volte chi legge non è esperto del settore, e potrebbe lasciarsi influenzare facilmente. Utilizziamo le etichette ma sempre ricordandoci che possiamo essere chi vogliamo, quando vogliamo. E soprattutto, non ci sono scadenze per sperimentare nuovi stili o modi di vivere.