L’acalasia esofagea è un disturbo di motilità dell’esofago, il primo tratto dell’apparato gastro-enterico che connette la bocca con lo stomaco, garantendo la progressione del bolo alimentare verso gli organi che saranno adibiti al suo assorbimento. Gli individui affetti da questa condizione presenteranno una difficoltà nell’ingestione di cibi liquidi e solidi, dovuta ad una mancata apertura del cardias (o sfintere esofageo inferiore), la valvola che si trova tra stomaco ed esofago, ed ad un’atonia delle pareti muscolari esofagee che compromettono il transito corretto del cibo.
Si può considerare una malattia rara (1 caso ogni 100.000 abitanti), interessando perlopiù individui con età compresa tra i 30 ed i 60 anni, con eguale prevalenza tra uomini e donne. La stima dell’incidenza in età pediatrica è di circa 0.1/100.000, con evidenze epidemiologiche di raddoppio negli ultimi anni.
Indice
Acalasia esofagea: quali sono le cause
La causa di questa condizione è ignota: alla base dell’acalasia vi è una compromissione di specifiche cellule nervose (gangli neuronali inibitori) presenti a livello dello sfintere esofageo inferiore e della parte distale dell’esofago, con un conseguente sbilanciamento tra attività “eccitatoria ed inibitoria”. La mancata funzionalità di queste fibre nervose indurrà un accumulo del bolo alimentare a monte della valvola, con conseguente aumento delle pressioni intra-esofagee, progressiva dilatazione dell’esofago ed azione irritativa del cibo sulle pareti dell’organo.
Nonostante la causa della malattia non sia nota, sono state descritti possibili cause auto-immunitarie alla base del disordine, oltre a cause infettive (malattia di Chagas, endemica nei paesi dell’America centro-meridionale, estremamente rara alle nostre latitudini) e/o degenerative. Nel bambino, l’acalasia può associarsi ad altre condizioni come il morbo di Hirschsprung, le miopatie infiammatorie ed il diabete.
I sintomi dell’acalasia esofagea
L’esordio della patologia può essere insidioso: il sintomo predominante è la disfagia ingravescente (la difficoltà a deglutire cibi solidi e liquidi), con conseguente sensazione di arresto dei medesimi in esofago a seguito dell’ingestione. I soggetti affetti potranno, inoltre, presentare rigurgito del cibo non ingerito con conseguente:
- alitosi;
- dolore toracico spesso con irradiazione alla schiena;
- scialorrea (ossia un’intensa salivazione);
- perdita di peso e relativa malnutrizione.
La presentazione della patologia nel bambino differisce da quella dell’adulto: nei primi anni di vita prevalgono i sintomi respiratori (tosse, rischio di polmoniti ab-ingestis, ostruzione alle prime vie aeree), l’anoressia ed il calo ponderale; solo successivamente si renderà manifesta la disfagia.
Spesso il ritardo nella diagnosi di quest’affezione è dovuto al fatto che il disordine viene scambiato per malattia da reflusso gastro-esofageo: la persistenza dei sintomi nonostante una corretta terapia con inibitori di pompa protonica (il comune “antiacido” omeoprazolo, per intenderci) dovrà spingere l’interessato ad ampliare la ricerca diagnostica per l’acalasia.
Gli esami da fare per diagnosticare l’acalasia esofagea
In caso di forte sospetto derivante dall’anamnesi e dall’esame clinico del paziente, bisognerà effettuare ulteriori accertamenti diagnostici che comprendono lo studio radiologico del transito esofago-gastrico con un mezzo di contrasto a base di bario (esame indolore, ma molto prezioso, in quanto permetterà al medico di visualizzare l’esofago ed il passaggio di mezzo di contrasto tra esofago e stomaco, fornendo un quadro radiologico fortemente suggestivo del disordine), l’esame endoscopico e la manometria.
L’endoscopia (esofago-gastro duodenoscopia) non è un esame specifico per l’acalasia, ma si rivela estremamente utile per osservare le conseguenze derivanti da quest’affezione (dilatazione del lume esofageo, eventuale presenza di residui alimentari, irritazioni delle pareti dell’organo con segni di esofagite) ma, soprattutto, risulta perentoria per escludere la presenza di una condizione neoplastica a livello dello sfintere cardiale (in quest’ultimo caso parleremo, in modo più preciso, di pseudoacalasia).
La manometria ad alta risoluzione (HRM) risulta, invece, l’esame fondamentale per la diagnosi di acalasia: si basa sull’inserimento di una sonda attraverso il naso in grado di misurare la dinamica pressoria che si verifica all’interno dell’organo a riposo e durante la deglutizione. In questo modo sarà possibile ottenere una valutazione precisa dell’attività peristaltica dell’esofago, delle pressioni e della capacità dello sfintere esofageo inferiore di rilasciarsi. Tale esame consentirà, inoltre, di stadiare la malattia (Classificazione di Chicago), con conseguente possibilità di valutarne la prognosi ed orientare la scelta terapeutica.
Le strategie terapeutiche per l’acalasia esofagea
È importante essere consapevoli che l’acalasia è una patologia cronica che non prevede una possibilità di cura definitiva, con possibilità di recidive nel tempo, nonostante l’impiego di alcuni interventi specifici. Le opzioni terapeutiche più efficaci sono volte a ridurre le pressioni a livello della giunzione gastro-esofagea al fine di alleviare i sintomi, migliorare lo svuotamento esofageo e prevenire una futura dilatazione dell’organo.
Le strategie terapeutiche attualmente a disposizione sono molteplici, prevedendo altresì la possibilità di utilizzare dei farmaci (calcio-antagonisti e nitrati) con attività vasodilatatoria sulla muscolatura dello sfintere esofageo inferiore e conseguente rilasciamento di quest’ultimo, la cui efficacia è, però, gravata dai possibili effetti collaterali derivanti dal loro utilizzo in cronico (in primo luogo mal di testa ed ipotensione). Pertanto, il loro impiego dovrebbe essere limitato ai casi lievi o a quei casi che non possono trarre giovamento da altre terapie e necessitano di un trattamento sintomatico. Tra le terapie farmacologiche che possono essere adottate merita una menzione particolare la tossina botulinica.
L’inoculazione di quest’ultima per via endoscopica è una procedura semplice e caratterizzata da pochi effetti avversi, sebbene possa essere dominata da frequenti recidive e necessità di sedute ripetute. La tossina botulinica ha la capacità di bloccare la liberazione di un neurotrasmettitore (l’acetilcolina) a livello del sistema nervoso dell’apparato gastro-intestinale, avendo un effetto rilassante sulla muscolatura liscia dell’intestino e consentendo di ridurre la pressione a livello dello sfintere esofageo inferiore, con effetto, quindi, direttamente sui meccanismi alla base del disordine. Tale procedura non è raccomandata in età pediatrica in quanto l’efficacia registrata è del 50-60 % e vi è una ricaduta entro l’anno nella metà dei casi.
Altre possibilità terapeutiche sono di tipo più “invasivo”, ma indubbiamente con migliori effetti a lungo termine. Tra queste è opportuno citare la dilatazione pneumatica del cardias, la quale consiste nel posizionare sotto controllo endoscopico un dilatatore pneumatico esofageo (palloncino) a livello del cardias che, dilatandone le fibre, ne provoca il rilasciamento. La procedura è sempre condotta in sedazione e la sua efficacia è ottimale, sebbene il 25% dei pazienti necessiti di successive dilatazioni.
Tale approccio è preferibile per la popolazione più anziana, maggiormente gravata da comorbidità e che non può essere avviata ad intervento chirurgico, oppure per pazienti che, dopo essersi sottoposti ad un intervento chirurgico, presentano una recidiva. Il rischio maggiore connesso a tale metodica è la perforazione esofagea, sebbene in letteratura la sua incidenza sia riportata solo nell’1.9% dei casi.
La POEM (per-oral endoscopic myotomy) è una procedura mininvasiva ed innovativa, che consiste nella sezione per via endoscopica delle fibre muscolari dell’esofago. Si configura come una tecnica ibrida per integrare l’approccio chirurgico con quello endoscopico e risulta risolutiva per il sintomo della disfagia: la criticità connessa al suo impiego è relativa alla possibilità, a lungo termine, di insorgenza di reflusso gastroesofageo e conseguente esofagite. In età pediatrica esistono pochi casi descritti, sebbene nel complesso la procedura sia più breve ed egualmente efficace in bambini sindromici.
Infine, l’intervento chirurgico può essere considerato come una delle terapie definitive nel trattamento dell’acalasia, consentendo di ottenere risultati soddisfacenti in centri di riferimento specializzati. La miotomia secondo Heller viene eseguita in anestesia generale con tecnica miniinvasiva, videolaparoscopica e consiste nella sezione delle fibre muscolari dell’esofago a livello della giunzione esofagogastrica (5 cm sull’esofago e 2cm sullo stomaco). Alla miotomia, si associa una plastica antireflusso che protegge dall’insorgenza del reflusso post-operatorio.
Alla luce delle diverse possibilità terapeutiche attualmente in commercio, possiamo concludere come l’acalasia risponda perfettamente al tentativo di “medicina sartoriale” attualmente in voga: sarà compito del medico essere “sarto attento” nel prendere le “misure” del paziente che prende in carico, in modo da individuare il trattamento più adeguato, come un abito cucito su misura.
Fonti bibliografiche:
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- Le molte facce dell’acalasia esofagea: promemoria per il pediatra. Elisa Rizzello, Maria Chiara Pellegrin, Sara Dal Bo, Meta Starc, Giorgio Cozzi, Alessandro Ventura.
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- Burlo, Acalasia Esofagea