Settembre 2019, Milano. Una signora viene trovata mezza svenuta dopo 10 giorni che si erano perse le sue tracce. Intervengono i vigili del fuoco e la salvano. Si scopre che nel condominio era proprietaria di ben tre appartamenti, tutti e tre stipati di oggetti e immondizia. Una delle abitazioni era proprio davanti alla portineria, ma il custode non si era mai accorto che c’era qualcosa di strano. Come può essere possibile? La risposta è molto semplice: c’è bisogno di orecchie per sentire e occhi per vedere il disagio. E molto spesso preferiamo voltarci dall’altra parte. Un’altra storia: è inverno, una donna viene trova in un box: vive lì, al freddo. Si riscalda il cibo usando le candele. Anche qui la rimessa risulta stipata di un numero incredibile di oggetti. La signora viene trasferita in un centro di accoglienza. In seguito ad accertamenti emerge che era proprietaria di un appartamento nello stesso stabile, ma era talmente stracolmo di cose che aveva preso un garage in affitto dove andare a vivere.
Moltissime volte dietro l’accumulo seriale ci sono storie di abbandono, violenza, grandi dolori. Queste persone vivono in case inabitabili, stipate di oggetti inutili, spesso anche di immondizia, liquami. Ne abbiamo parlato con un esperto. «Mi chiamo Giovanni Armando Costa, faccio il tecnico della prevenzione. È una figura sanitaria che all’interno dell’ATS di Milano effettua interventi di vigilanza, controllo e in generale atti autorizzativi e ispettivi in materia di igiene e sanità pubblica. Il servizio di cui faccio parte è quello di Igiene Pubblica, che tradotto significa che io e i miei colleghi ci occupiamo della salute dei cittadini».
Ci spieghi cos’è innanzitutto l’accumulo seriale
L’accumulo compulsivo è una patologia mentale che spinge le persone a trattenere in casa ogni sorta di oggetto pensando che torneranno in qualche modo utile, e non sono capaci di liberarsi di nulla. Da una parte c’è la tendenza ad accaparrarsi oggetti e portarsi a casa ogni sorta di materiale, dall’altra parte c’è l’impossibilità di liberarsene anche se questi beni sono di scarso valore o inutili, fino ad arrivare alla spazzatura, alimenti che si deteriorano.
Com’è possibile non rendersi conto che una cosa che si deteriora va buttata, perché puzza, perché fa la muffa, attira i topi, perché non è più buona?
La risposta è che le persone che soffrono di accumulo compulsivo non vedono le cose come le persone normali, non si rendono conto che all’interno di casa non c’è più la possibilità di sedersi sul divano, piuttosto che usare i servizi igienici comodamente, lavarsi, perché il soggiorno e il bagno sono completamente pieni. Non c’è possibilità di cucinare perché anche il piano cottura è pieno di cose. E in generale si stipa tanta di quella roba nelle stanze da rendere impossibile l’accesso nei locali. Si forma una barriera di sacchi, sacchetti, libri, giornali, contenitori.
Questa patologia può manifestarsi in modo più o meno accentuato?
La patologia può avere tanti gradi: c’è chi accumula oggetti specifici, ad esempio carta e quindi giornali, riviste, libri; altri preferiscono collezionare materiale in plastica; altri accumulano ogni sorta di materiale. Le persone che hanno un reddito hanno una tendenza allo shopping compulsivo, si comprano abiti, scarpe in grosse quantità che restano lì, senza nemmeno che venga poi tolta l’etichetta, non saranno mai indossati. Chi ha la possibilità di comprare in sostanza però si porta a casa degli oggetti puliti. Chi invece non ha un reddito che gli permetta di comprare, si porta in casa oggetti accaparrati con mezzi di fortuna e quindi nei vari centri tipo la Caritas, oppure nella peggiore delle ipotesi le cerca dentro i contenitori dei rifiuti, e quindi accumula oggetti sporchi. Rischia così di riempirsi casa di oggetti contaminati, di conseguenza va incontro a inconvenienti igienici.
Come vengono alla luce i casi?
Dalle segnalazioni dei vicini di casa, solitamente. Di recente abbiamo risanato un appartamento dagli scarafaggi. Anche dopo averlo pulito completamente, gli insetti uscivano a frotte dai muri rovinati di questa casa. Sono gli inconvenienti igienici che ci spingono a intervenire, perché i vicini di casa di queste persone sentono odori sgradevoli, piuttosto che insetti, e ci fanno la segnalazione. Si arriva davvero a situazioni al limite. Perché chi non riesce ad accedere al bagno si inventa soluzioni di fortuna come usare dei secchi, delle bottiglie. Potete facilmente immaginare che odori sgradevoli si possono sviluppare in una casa del genere. Tutto questo degrado produce effetti molesti: odori molesti, infestazioni da insetti e roditori, l’impossibilità di usare la rete idrica e fognaria, e quindi si danneggiano anche le tubature, e la persona che vive non si lava. Un accumulatore seriale che vive in situazione di degrado, quando prende l’ascensore condominiale lo rende inutilizzabile dalla puzza.
In seguito alla segnalazione dai vicini, quale iter si segue?
Ci rechiamo sul posto e facciamo un accertamento. Le assicuro che già fuori dalla porta si sente già l’odore molte volte, le maniglie e gli interruttori vicino all’ingresso sono sudici. Ci qualifichiamo e cerchiamo di stabilire un dialogo, che non sempre è semplice perché si tratta spesso di persone che hanno perso i contatti sociali, vivono in solitudine e soffrono. Hanno spesso alle spalle storie di violenza, separazioni, perdita di persone care, abbandoni, che hanno portato alla catastrofe generale che noi possiamo vedere quando facciamo i sopralluoghi. Queste case più che case sono magazzini sporchi e polverosi. Stabilire un dialogo è importantissimo perché non possiamo entrare nelle case di queste persone contro la volontà dei proprietari, salvo casi particolari di pericolo accertati.
Possiamo dire che gli oggetti accumulati danno loro l’illusione di riempire un vuoto affettivo?
Esatto. Perché come mi diceva una di queste persone “gli oggetti non ti abbandonano mai”. Ti sono sempre vicini. E queste persone si sentono spesso sole e abbandonate. È raccogliendo informazioni sui casi, riuscendo a farsi raccontare, che si capisce come si arriva a questo punto. Vivono nello sporco assoluto. Respirano un’aria irrespirabile, perché non amano aprire le finestre. Non tirano su nemmeno le tapparelle, regna una penombra perpetua e opprimente. Il primo impatto appena si entra ti lascia stordito: un tanfo di chiuso, muffa, polvere e sporco ti travolgono tutti insieme.
Solitamente gli accumulatori seriali sono quindi persone che vivono sole
Esatto, solitamente solitamente vivono sole. Raramente ho incontrato coppie come marito e moglie, madre e figlio. In queste situazioni duali solitamente uno dei due è succube dell’altro, uno dei due non riesce a fermare l’altro e ne subisce le conseguenze.
Sembra il passo precedente al diventare un homeless
Sì, infatti si usa anche la terminologia barbonismo domestico, ovvero vivere da senzatetto in casa propria. Ma se le posso dire, forse chi vive all’esterno per alcuni versi vive meglio, perché respira un’aria più pulita. Le assicuro che vivere su un giaciglio lurido, in lenzuola che non vengono lavate da anni, in un ambiente chiuso, è peggio che vivere sotto un ponte.
A livello di salute a quali rischi si va incontro vivendo così?
Ci sono materiali che si rovinano prima e altri che ci impiegano di più. La roba mai lavata, mai spolverata, mai spostata, nel tempo degrada, come per esempio la carta dei libri. Rovinandosi, degradandosi, gli oggetti emettono odori, producono muffe, batteri, attirano insetti. Vivere in un ambiente così non è salutare. Qualche anno fa con l’Università di Milano abbiamo fatto i campionamenti di aria dentro venti abitazioni di accumulatori seriali. I risultati emersi hanno rivelato che muffe e inquinanti di gran lunga sono superiori a quelle di un’abitazione normale. Non fa bene vivere in queste condizioni, aumenta il rischio di patologie respiratorie.
L’accumulo colpisce più donne che uomini?
Sicuramente è più femminile quando parliamo di accumulo di animali, che è un altro problema, cose tipo 30 gatti in un appartamento. I casi più tremendi sono accumulo di animali più accumulo di oggetti. Facile capire perché: animali come i gatti arrivano dappertutto, e in una casa stipata di oggetti lasciano i loro escrementi ovunque. Tornando alle differenze di genere, posso dire che in generale l’accumulo di oggetti riguarda in maniera molto simile sia uomini che donne.
Possiamo dire che si tratta prevalentemente un problema delle persone con basso reddito?
No. Ci sono persone che non hanno niente, vivono in case popolari, cercano espedienti per sopravvivere. Ma dall’altra parte ci sono anche persone ricche. L’accumulo seriale colpisce chi è disoccupato o è sempre stato nullafacente, come chi ha o aveva una professione. Le posso raccontare del caso di un professore universitario, un ingegnere bravissimo nel suo mestiere, che però non riusciva a sistemare la sua casa. Non riusciva nemmeno a chiamare un tecnico per sistemare l’impianto a gas e per cucinare si inventava cose pazzesche come togliere il termostato dal ferro da stiro e utilizzarlo come piastra.
C’è una fascia d’età più colpita?
La tendenza all’accumulo si può manifestare già nell’adolescenza ma in quel caso il vivere coi genitori pone un freno. Questa tendenza esplode quindi da adulti. Ho conosciuto accumulatori seriali dai 45 ai 90 anni.
Chi ha la tendenza di riempire la propria casa di oggetti, per esempio tanti soprammobili, possiamo dire che è predisposto a diventare un accumulatore seriale?
Credo vada fatta una differenziazione tra collezionismo e accumulo. Nella casa di ciascuno di noi ci possono essere oggetti che agli occhi di altri altri risulterebbero inutili, da buttare. Ciascuno di noi vive come meglio gli pare. Il problema nasce quando il vivere in un certo modo provoca problemi seri alla salute altrui, oltre che sulla propria. C’è chi colleziona ma si cura dei propri oggetti, li cataloga, li ordina. L’accumulatore tiene qualunque cosa, anche la scatola della pizza mangiata la sera prima.
In una città come Milano, quante persone vivono in questo modo?
Posso dirle che ogni anno facciamo tra i 200 e 300 sopralluoghi che riguardano degrado abitativo e accumulo compulsivo. E sono sempre di più. Forse perché le persone in una grande città sono sempre più sole. Ma anche perché siamo più bravi ad accertare queste situazioni. Io ho iniziato questo lavoro nel 1996 e nulla sapevo di accumulo seriale. Solo nel 2010 mi è capitato di avere a che fare per la prima volta di accumulo compulsivo, era un caso che riguardava una famiglia di quattro persone. Una stanza della casa era adibita a discarica, con rifiuti e liquami. Ero davvero sconcertato. Ho cercato di capire cosa spinge un essere umano a ridursi così e ho costruito una rete coi servizi sociali, CPS (Centri Psicosociali, ndr.), il medico di medicina generale, i veterinari, la polizia, i gestori delle case popolari. Oggi lavoriamo tutti insieme e possiamo aiutare queste persone meglio che in passato. Prima tutto si firma a un’ordinanza. In seguito se necessario, nel caso di pericolo per la salute pubblica, facciamo ordinare al sindaco la pulizia dell’appartamento. Poi segnaliamo il caso agli enti sociali che possono aiutare e sostenere la persona. L’esito non è sempre scontato e uguale. Chi decide di farsi aiutare entra in contatto con assistenti sociali, psichiatri e psicologi e può arrivare a una soluzione del problema. Chi non si fa aiutare rifiuta ogni tipo di supporto, e a un certo punto se la casa resta nel degrado totale, viene sgomberata e viene fatta la pulizia forzatamente per risanare l’appartamento e liberarlo dai rifiuto. Questi casi di solito sono rari. Il più delle volte emergono parenti, amici e conoscenti che affiancano la persona e la supportano, insieme ai servizi sociali.
Si guarisce dall’accumulo seriale?
Negli anni ho avuto a che fare con casi irrecuperabili. Posso raccontare di una signora che usava i balconi come piccionaia. Faceva entrare i piccioni anche in casa. Questa signora non ha mai accettato di essere aiutata. La sua casa è stata pulita con la forza ma è tornata di nuovo a un livello di degrado. Chi vive così fa subire una situazione insostenibile ai suoi vicini di condominio. La soluzione è riconoscere di avere bisogno di aiuto. Nel 2013 ho fatto un intervento a casa di una signora che viveva con un fratello disabile e una decina di gatti. Tutto era contaminato e sporco. La custode dello stabile popolare e i vicini, si sono coalizzati per aiutarla, portando alla risoluzione felice di questo caso. Sono andata da lei poco tempo fa. Ora la signora ha una caregiver che si occupa di lei, pulisce e cucina, e il degrado in cui ha vissuto è solo un brutto ricordo. Oggi nella sua casa c’è profumo di pulito e cibi ben cucinati. E la signora è felice.
Quali sono i contatti per segnalare casi di malessere abitativo?
I nostri contatti sono infoaccumulatori@ats-milano.it oppure il numero telefonico 0285787670. Come ATS abbiamo una competenza territoriale su Milano, ma rispondiamo anche a chi ci chiama da fuori per fornire informazioni. Riceviamo spesso chiamate da fuori, in quel caso mi attivo per spostare la richiesta verso la ASL della zona di appartenenza di chi mi contatta.