Sono giorni colmi di rabbia e dolore, giorni di urla e di silenzio. Giorni che hanno coinvolto e continuano a coinvolgere scuole, atenei e l’Italia tutta in memoria di Giulia Cecchettin e di tutte le vittime di femminicidio. Sabato 25 novembre cade la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, istituita dall’ONU nel 1999, e uomini e donne si preparano a scendere in piazza e nelle strade per gridare a gran voce: “Basta!”.
Da Treviso a Padova, scuole e atenei si mobilitano per Giulia Cecchettin
La scomparsa di Giulia Cecchettin ha avuto l’epilogo più doloroso che potessimo aspettarci: il suo corpo è stato ritrovato senza vita e l’unico indagato è l’ex fidanzato Filippo Turetta, arrestato in Germania e presto estradato in Italia. Ancora una volta un uomo che professava amore, mentre cercava di mantenere il controllo su una giovane donna impegnata a realizzare i propri sogni e a realizzarsi, nella professione come nella vita.
Tanti tra città, scuole e atenei italiani si sono già mobilitati contro un sistema che sembra insistere a guardare il dito, quando la luna che indica è ben più grande, pesante e luminosa. È sempre più urgente sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della violenza di genere che miete vittime spesso silenziose che meritano di avere una voce affinché tutto questo non accada più. Il Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, si è mosso in prima persona promuovendo per il 21 novembre un minuto di silenzio in tutti gli Istituti d’Italia, seguito dal rettore dell’Università di Bologna, Giovanni Molari, che ha chiesto di estendere l’iniziativa a tutta questa settimana.
Ma non è tutto. Lontani dalla formalità delle istituzioni, giovani e studenti non sono rimasti a guardare. “Se domani non torno, distruggi tutto”, recitava lo striscione del corteo organizzato sempre il 21 novembre da Sinistra universitaria nei viali della Sapienza di Roma, riprendendo un verso della poetessa e attivista peruviana Cristina Torre Cáceres. Nello stesso giorno si sono mobilitati anche i giovani del comitato Pandora a Venezia al grido di “Basta morti per femminicidio”, così come gli studenti della Capitale che hanno promosso per il 22 novembre una “una giornata di rabbia” nelle scuole e nelle università.
A Padova, città in cui Giulia Cecchettin ha frequentato la facoltà di Ingegneria, centinaia di studenti si sono radunati lo scorso 20 novembre per un flashmob rumoroso in sua memoria e contro i femminicidi, una grande manifestazione contro la violenza di genere a cui ha preso parte anche la sorella della vittima, Elena. E l’onda non accenna a fermarsi.
I cortei nazionali contro la violenza di genere a Roma e Messina
Questi giorni carichi di rabbia e dolore trovano il culmine il prossimo 25 novembre, una data importante perché dal 1999 rappresenta simbolicamente il cuore della lotta alla violenza sulle donne e di genere. Dal 2016 il movimento femminista e transfemminista Non Una di Meno si battono in prima linea in tal senso e domenica per la prima volta la manifestazione nazionale si fa in due: un corteo si tiene a Roma, nella Capitale, l’altro invece coinvolge strade e piazze di Messina.
“La rabbia sale contro la violenza che evidentemente non è un fenomeno emergenziale, ma strutturale e in continuo aumento, e che conosciamo bene in quanto donne, persone non binarie e LGBTQIAPK, con disabilità, persone razzializzate, migranti e seconde generazioni, sex workers e detenutə, che la vivono quotidianamente in tutti gli ambiti delle proprie vite – si legge sul profilo Instagram delle attiviste di Palermo -. (…) Insieme siamo più forti e solo unitə possiamo organizzarci e immaginare insieme come distruggere la violenza patriarcale, che è il fenomeno sociale strutturale più duraturo e pervasivo che conosciamo”.