Il tema degli stereotipi di genere è un argomento caldo e delicato, che si intreccia con l’educazione, il rispetto ed il pregiudizio, per questo, affrontarlo con i bambini, sin dall’infanzia, anche a scuola, è decisivo per costruire una società più equa e civile. In questo articolo, con l’aiuto di una pedagogista, cerchiamo di capire cosa possiamo fare per sbrigliare i bambini da schemi rigidi e soffocanti.
Gli stereotipi di genere, spesso, sono stati oggetto di discussioni politiche e di speculazioni e ciò non ha aiutato a fare chiarezza neanche sul vero significato che c’è dietro. Eppure, con gli stereotipi combattiamo ogni giorno, più volte al giorno, anche in modo inconsapevole. Molte e molti di noi, sin dall’infanzia, hanno subito un indottrinamento sessista e patriarcale, le cui conseguenze, sia nella vita personale che professionale, sono sotto gli occhi di tutti.
Stereotipi e pregiudizi, sulle nostre capacità ed inclinazioni, sono ovunque, ci circondano nel quotidiano, dalle chiacchiere da bar persino a scuola, con l’effetto di limitarci e modificare la percezione che abbiamo di noi stessi. Pensiamo, ad esempio, anche all’intrattenimento come ad uno strumento in grado di influenzarci: le differenze di genere nel cinema, in tv, sui media sono presenti e quotidiane, subdole e pericolose.
Indice
Cosa si intende per stereotipi di genere
Possiamo definirli come quelle caratteristiche di genere che vengono attribuite ad ognuno di noi per il solo fatto di appartenere ad un determinato sesso. Esse, dunque, non tengono conto della nostra individualità ma solo del femminile e del maschile. Caratteristiche predefinite, prescindendo dal nostro valore, non possono che essere dannose, e restringendo il nostro campo di azione, minano la fiducia in noi stessi.
Secondo la dottoressa Margherita Cardellini, pedagogista: “si tratta di contenuti rigidi, trasmessi socialmente e culturalmente, di qui la rilevante difficoltà nel modificarli. In altre parole, gli stereotipi di genere sono quei pensieri – spesso poco espliciti o esplicitati – che riempiono di contenuti l’aggettivo femminile e maschile. Ciascuno di noi, se pensa al termine femminile attiverà determinate immagini come avviene anche per la parola maschile”.
Da questo, si evince che gli stereotipi sono nel linguaggio, nelle parole che decidiamo di usare o che usiamo in modo inconsapevole. L’attenzione al linguaggio è certamente recente ed accende molti dibattiti, rivelando il lavoro enorme che si deve fare e l’urgenza di intervenire, il prima possibile, per restituire ad ognuno di noi la propria identità scollata dal genere.
Gli Stereotipi nei bambini
Le differenze basate sul genere sovrastano il nostro quotidiano e quello dei nostri bambini. Pensiamo, ad esempio, quante volte sentiamo dire alle bambine di essere più calme, quasi statiche, a dispetto dei bambini, la cui fisicità viene annoverata come prima caratteristica, a prescindere dal bambino stesso. Quante volte sentiamo dire ai maschietti che non devono piangere o che devono essere forti e coraggiosi, mentre le bambine vengono definite principesse sensibili, educate.
Quante volte capita di ascoltare genitori che non vogliono comprare il passeggino o la bambola al maschietto, considerandoli giochi da femmina. Nei negozi di abbigliamento, poi, la situazione non migliora: una netta distinzione di colori e personaggi, sovrasta preferenze e gusti, mettendo un veto su ciò che possano desiderare i nostri bambini, influenzandone le loro scelte e quelle di noi genitori.
Nelle scuole e nelle università, seppur ci sia maggiore attenzione e qualche cambiamento, rispetto al passato, non c’è da gioire. I dati sul numero di maschi e di femmine iscritti alle facoltà scientifiche ed umanistiche è abbastanza decisivo, per capire il ruolo della differenza di genere sotto l’aspetto scuola-educazione. Il nostro approccio, come genitori ed educatori, è fondamentale, e moltissimo va fatto, per dare aria alle inclinazioni reali dei nostri figli, in modo da incanalarle nelle giuste materie; si pensi alla matematica appannaggio maschile, secondo la tradizione e la narrazione corrente.
Gli stereotipi di genere sono presenti in alcuni libri di scuola, che rappresentano ancora la donna come solo mamma-casalinga, o nella rappresentazione dei bambini e delle bambine nelle pubblicità. Assuefarsi a tutto ciò è più semplice di quanto possa sembrare.
Qualche numero sugli stereotipi nei giochi
Qualora le differenze di genere, di cui i bambini sono passivi spettatori prima e portatori inconsapevoli poi, avesse bisogno di essere validata dalle statistiche, ecco qualche numero sul panorama, frutto di uno studio dell’Istat sull’infanzia.
Per quanto riguarda la preferenza dei giochi, la ricerca ci restituisce una situazione piatta e sconfortante che vede le bambine e i bambini di tutta Italia appassionati, caso vuole, delle stesse attività, in base al sesso di appartenenza.
“I giochi preferiti dai bambini da 3 a 5 anni sono i giocattoli più̀ tradizionali: le bambole per le femmine (86,4%) e le automobiline, i trenini e simili per i maschi (77,3%), e seguono per entrambi puzzle e disegno. Tra i 6 e i 10 anni le differenze di genere emergono più̀ decisamente: il 77,7% delle femmine continua ad amare il disegno, mentre tra i maschi la quota di chi lo preferisce scende al 49,6%. La graduatoria vede, per i maschi, al primo posto giocare a pallone, seguito da videogiochi, giochi di movimento, automobiline e trenini. L’interesse delle bambine invece è rivolto al disegno, alle bambole, e dopo ai giochi di movimento, e ai videogiochi.
Ma è soprattutto per i giochi meno diffusi che emergono differenze di genere, che aumentano al crescere dell’età̀. Il 24,8% delle bambine da 3 a 5 anni e il 30,3% di quelle da 6 a 10 anni preferiscono i giochi di ruolo (mamma e figlia, venditore e cliente o altro), mentre le rispettive quote per i coetanei maschi sono più basse. Lo scarso interesse maschile per il gioco che attiene alle attività̀ svolte quotidianamente in casa, viene solo in parte compensato da una maggiore preferenza per i giochi che prevedono il costruire o riparare oggetti”.
Da questi numeri, come fossero la palla di cristallo, ci si può azzardare ad immaginare il futuro di questi bambini: uomini e donne, papà e mamme, con una decisa linea di demarcazione fra mansioni ed intessere per l’area della cura domestica e non solo.
Giochi da maschi, giochi da femmine
Possibile che i giochi dei bambini abbiano un genere? Da quello che abbiamo appena visto, pare di sì, sebbene così non dovrebbe essere, proprio per il grande valore del gioco come strumento dei bambini per conoscere, apprendere, imparare.
“I giochi e i colori da maschi e da femmine esistono come prodotti della nostra società e della nostra cultura. Di riflesso a questi, emerge un mercato enorme di prodotti, giocattoli, abbigliamento che si muove orientato da queste direzioni stereotipiche. È importante ricordarci che le direzioni possono essere utili a noi adulti e ai bambini per intravedere un sentiero, che guida il proprio percorso evolutivo; parallelamente, se esse divengono rigide e immutabili, si trasformano in prigioni di sofferenza. In altre parole, non c’è nulla di male (o di bene) se una bambina esprime una preferenza nei confronti del colore rosa e delle bambole, ma è sicuramente un male se altre preferenze/attitudini vengono soffocate dal doversi vestire di un’etichetta, per compiacere la società”.
Benché alcune aziende e marchi stiano cominciando a non classificare più i propri prodotti in base al genere, la meta da raggiungere è ancora molto lontana. Basti pensare alle immagini sulle scatole dei giochi di cucina e della cura della casa, dove campeggiano bambine, nelle vesti di piccole casalinghe, di rosa vestite, a dispetto di quanto avviene per i giochi scientifici.
Stereotipi: come educare i bambini a casa e a scuola
Abbiamo chiesto alla dottoressa Cardellini, il cui più ampio campo di azione si svolge principalmente nell’età dell’infanzia, come parlare ai bambini di questo argomento, e se il parlare sia la strada giusta.
“Ciò che è veramente importante non è tanto parlare di stereotipi di genere, ma educare i bambini alla libertà, partendo da una maggiore consapevolezza di noi adulti. La consapevolezza deve sostenere l’educatore, l’insegnante e/o il genitore, in modo da evitare lo sguardo o la frase di disapprovazione quando, e se, si ritiene che il bambino/a non si stia rispecchiando nei riferimenti di genere imposti dalla società. L’adulto, a scuola come a casa, non deve limitare il senso di curiosità, di desiderio, di scoperta o il piacere del bambino, ma deve dargli la possibilità di potersi muovere tra le diverse possibilità. A scuola come a casa, educare il bambino vuol dire sostenerlo nelle scelte di “cosa mi piace, cosa voglio e cosa desidero” senza limitarlo, imbrigliarlo, indirizzarlo, o addirittura deriderlo. A tal proposito, tante sono le favole, i libri che possono aiutarci, per percorrere questa strada. Scegliamo con cura le letture contemporanee che individuino nella libertà di scelta il valore di ognuno di noi, scardinando i ruoli dei protagonisti dalle solite gabbie. Anche i giochi possono guidarci ed aiutarci per educare, sin dalla infanzia, alla libertà e al rispetto delle scelte reciproche”.
Pensiamo, in qualità di genitori, insegnanti e educatori, quanto soffochiamo alcuni talenti, nei bambini, condizionandoli nella scelta di giochi e sport, ed altre attività ludiche ma anche nei corsi extra scolastici.
“Il suggerimento che sento di condividere con qualsiasi adulto che ricopra un ruolo di responsabilità educativa ed affettiva, nei confronti di un bambino, è quello di auto-osservarsi, in maniera consapevole. Se ne avete la volontà e il desiderio, prendetevi una settimana di tempo, e scegliete di dedicarla ad un’auto-osservazione dei vostri stereotipi di genere. Dalla televisione, al discorso sentito al bar, alla conversazione con il collega. Ciascuno di noi, anche le persone più educate sul tema, è imbrigliato negli stereotipi di genere, e la prima arma che si possa usare è la consapevolezza. Guardando una maglietta rosa, forse, il mio cervello continuerà a richiamare la parola femminile, mentre guardando un pallone da calcio, forse, si attiverà sempre la parola maschile, ma la vera differenza è l’essere consapevoli di questo automatismo che, più diviene consapevole, meno sarà automatico”.
Possiamo concludere, dunque, con questo esercizio suggerito dalla Cardellini, per scoprire come possiamo lavorare su noi stessi, per poi aiutare i bambini ad essere liberi dai pregiudizi e dagli stereotipi di genere come noi, forse, non lo siamo stati nell’infanzia.