Ci sono storie che si legano alla tua senza chiedere permesso. Si insinuano nella mente all’improvviso, il tempo che un video passi nella timeline dei tuoi social, ci clicchi sopra e in un attimo ti trovi catapultato in una vicenda che di umano non ha nulla. E da quel momento ci pensi giorno e notte, ti scervelli, elabori addirittura piani di fuga, ma sai che nulla di tutto quello che hai in mente riuscirà in quell’intento, perché l’unico autorizzato a farlo è lo Stato Italiano, che per adesso non ha preso una posizione, nonostante le svariate mail indirizzate alla Farnesina e i messaggi inviati al ministro delle pari opportunità Elena Bonetti.
Perché quello che sto per raccontarvi non è frutto di fantasia è purtroppo una tragedia vera che sta accadendo ai danni di una ragazza di Follonica e alla sua bambina, la piccola Aida. Elisa Claudia Ferro il giorno 12 dicembre perderà la patria potestà su sua figlia, detenuta contro la sua volontà in Egitto, se non verranno trovati i soldi per poter assumere un avvocato che durante l’udienza possa opporsi, se nessuno qui in Italia si assumerà la responsabilità di ricongiungere una madre a quello che è frutto del suo sangue, se nessuno deciderà di far seguire i fatti alle belle parole con cui i nostri rappresentanti politici si riempiono le bocche durante la giornata della violenza sulle donne, per poi dimenticarsene il giorno successivo.
Perché questa ragazza toscana di abusi fisici e psicologici ne ha davvero subiti troppi nel silenzio generale di uno Stato, che con la sua assenza diventa connivente e complice di un dramma ai danni di una bambina di quattro anni, che ha diritto di crescere insieme alla madre, e non nella casa degli aguzzini, che per oltre un anno l’hanno costretta a vivere in una stanza, senza avere il permesso di uscire di casa, utilizzata come schiava da tutta la famiglia per le pulizie domestiche, mentre il padre si trovava in Scozia. Quindi io oggi sono qui a chiedere l’aiuto di tutti voi per far conoscere la storia di Elisa e per far diventare virale l’hashtag #riportiamoacasaaida e dare finalmente un senso e una giustizia a questa famiglia.
Elisa partiamo dall’inizio, è il 2009 tu lavori come animatrice a Sharm el Sheikh, cosa accade?
Ho conosciuto il mio ex marito, lui lavorava già lì, ed è stato praticamente un colpo di fulmine. Eravamo innamoratissimi, o forse con il senno di poi, lo ero solo io. Per amor suo siamo rimasti in Egitto dal 2009 al 2012, dove ci siamo anche sposati, matrimonio che è stato legalizzato anche al consolato italiano. All’inizio eravamo un’unica cosa, complici e simbiotici, ma questa complicità nel giro di poco tempo si è trasformata in ossessione e possesso, nessuno poteva entrare in quello che avevamo creato. Nemmeno la mia famiglia.
Nel 2012 cosa accade?
Nel 2012 ci trasferiamo a Follonica, una convivenza forzata a casa dei miei, sicuramente un periodo non facile, ma a livello economico non ci potevamo permettere nulla di diverso. Poi un anno dopo, nel 2013, arriva l’opportunità di prendere un’attività già avviata, una piadineria. Da lì iniziano i primi problemi, perché lui comincia a esprimere una gelosia infondata, inizia a farmi terra bruciata con la mia famiglia ed i miei amici. È sempre stato molto intelligente e con astuzia è riuscito a metterci gli uni contro gli altri, andando a colpire i punti deboli di ognuno di noi, ci ha raggirati, e noi ingenui ci siamo caduti. Io più di tutti, e questo non potrò mai perdonarmelo. Ho iniziato la mia discesa verso l’inferno e la cosa grave è che non ho avuto bisogno che qualcuno mi ci accompagnasse, ormai ero talmente succube da non riuscire a pensare in maniera autonoma, è difficile da spiegare a chi non ci sia passato cosa possa accadere nella testa di una persona che viene plagiata a tal punto da credere di non valere nulla da sola.
Passa un altro anno, arriviamo al 2014, tu sei ancora al suo fianco, perché?
Perché io credevo davvero nel nostro amore e nel nostro matrimonio, io sognavo di invecchiare con lui e di allargare la nostra famiglia. Così nonostante le piccole incomprensioni decido comunque di andare avanti e di giustificare ogni sua reazione. Ripeto, so che dall’esterno possa sembrare quasi impossibile, ma quando vieni plagiata non riesci a capirlo, non riesci a capire che quello che stai facendo è completamente sbagliato, pensi di non meritarti l’amore di nessuno, e l’unica approvazione che cerchi è quella del tuo aguzzino. Solo che ne sei inconsapevole. Con queste premesse cerchiamo una gravidanza, e il 26 dicembre del 2015 nasce Aida. Non avendo quasi più rapporti con i miei genitori e mio fratello, non riuscivo a lavorare con mia figlia piccola, era snervante sia per lei che per me, e quando lui mi propone di andare in Egitto io rispondo di sì. Ormai ero completamente in suo potere, sentivo di non avere niente da perdere, e soprattutto mi sembrava di essere rimasta sola contro tutti. Aveva fatto un ottimo lavoro di persuasione, mi sentivo inutile e abbandonata. La realtà è che lui mi aveva allontanato da tutto e da tutti. Quindi nel 2017 cediamo l’attività e partiamo per l’Egitto.
E da l’inizia l’incubo vero e proprio.
Esattamente, da lì inizia la sua vera e propria trasformazione. Non mi lasciava più fare niente, non uscivamo neanche come coppia o come famiglia e la maggior parte dei litigi erano proprio dovuti a quella cosa, io che chiedevo di uscire e lui che preferiva fare altro. Un giorno abbiamo avuto una discussione davanti ai suoi parenti finita con le mani, perché quando osava provare a picchiarmi mi sono sempre ribellata, rischiando la mia stessa vita. Con i soldi della vendita dell’attività in Italia, decide di aprirne un’altra ad Alessandria D’Egitto ma le cose non vanno bene e da li a poco, agli inizi del 2018, lui decide di trasferirsi in Inghilterra, mollandomi in Egitto. Io ancora abitavo in affitto da sola con la bimba, quasi in balia di me stessa, cercando di arrangiarmi per sopravvivere con mia figlia. Nel frattempo l’attività che aveva avviato fallisce e i soldi cominciano a scarseggiare. Quando lui decide di far ritorno, ho iniziato a pensare che non fosse un’ottima idea, riflettevo sul futuro di mia figlia e iniziavo ad essere disperata, perché lui in Inghilterra non aveva messo niente da parte. Dal giorno del suo ritorno è stato tutto una discesa del nostro rapporto, lui sempre più assente e io sempre più vittima dei suoi ritmi. Usciva di casa dopo cena e rientrava alle 6 di mattina, e magari si svegliava alle 18, non mi ascoltava più, anzi non voleva che nemmeno parlassi. Con lui era diventato impossibile avere delle conversazioni perché tutto si trasformava in discussione quando io osavo dire la mia opinione e quando quello che avevo da dire non gli stava bene (quasi sempre) scattavano le punizioni fisiche e psicologiche. Abusava di me come gli pareva ed io mi domandavo, e gli domandavo, come una persona che diceva di amarmi poteva provare piacere mentre mi vedere piangere e soffrire. Ero arrivata a tal punto di non saper più pensare da sola, aveva giocato così bene con il mio cervello che pensavo fossi una nullità senza lui. Ormai il nostro amore non era più travolgente ma sistematico.
Arriva il divorzio.
Sì, quando comincia a percepire la mia freddezza nei suoi confronti, mi butta là questa domanda, mi chiede se per caso volessi divorziare, non immaginava che stessi iniziando a rialzare la testa, non immaginava che rispondessi di sì. In un primo momento decide che avrebbe fatto il biglietto a me e mia figlia per far rientro in Italia ma subito dopo, succube della famiglia, mi sequestra il passaporto della bambina e minaccia di sbattermi per strada da un momento altro.
Questo accadeva nel gennaio del 2019, da lì inizia il tuo inferno
Sì un inferno in terra. Io praticamente vivevo in una stanza, potevo solo andare in bagno e mi lasciavano il cibo fuori dalla camera, Aida stava perennemente con me perché aveva notato che ero praticamente da sola. Quando anche quegli ultimi e pochi soldi che erano rimasti finiscono, decide di ripartire per la Scozia e questo accade nel febbraio 2019. Lui decide che io potevo rimanere lì con Aida alla sola condizione di fare la schiava, quindi dovevo pulire tutti i giorni casa di sua madre. Io pur di stare con mia figlia accetto, immaginando che sarebbe stata dura, ma non potevo abbandonare Aida. In questi mesi di reclusione sono riuscita a imporre che Aida frequentasse il nido e io, cronometrata e controllata a vista, l’accompagnavo e andavo a riprenderla. Quando mi hanno tolto pure quell’unica uscita che avevo, dentro di me finalmente scatta qualcosa e contatto la mia famiglia. Questo accade a metà giugno 2019 all’incirca. Chiedo il loro aiuto per tornare a casa in Italia con mia figlia. Quando i miei parlano con la Farnesina e fanno una denuncia per sequestro di persona, mi arriva la prima doccia fredda: io potevo tornare ma la bambina no. Il 30 giugno bussano alla porta dei poliziotti egiziani in borghese, Aida aveva già capito tutto e incomincia a piangere tra le mie braccia implorando di non andare.
E a quel punto cosa è successo?
La mia ex suocera comincia a inveire contro di me, dicendo ai poliziotti di un mio tradimento presunto con il fratello di mio marito. In quel momento mi è passata tutta la mia vita davanti. Ero anche e soprattutto concentrata a calmare mia figlia che continuava a piangere disperatamente e quando i poliziotti mi chiedono se fosse vero quello che lei diceva io rispondo semplicemente sì, mentendo per salvarmi. Avevo paura di morire, perché comunque i poliziotti se ne sarebbero andati e io sarei rimasta lì, nella tana del lupo e probabilmente se avessi resistito alle sue parole non ne sarei mai uscita viva. Quando mi passano il comandante dei poliziotti egiziano e mi chiede se fossi al sicuro rispondo di no. Due giorni dopo era pronto il biglietto d’aereo fatto da loro, che mi avrebbe portato via da mia figlia. Erano le 02:36 di notte, quella è stata l’ultima volta che ho assaporato l’odore di Aida e incrociato i suoi occhi, quegli occhi che mi stavano dicendo “mi stai abbandonando”. Ma io sapevo che l’unico per salvarla era quello di rimanere in vita, da morta come avrei potuto aiutarla? Chi avrebbe pensato a lei? Questo è l’unico motivo che mi ha convinto a rientrare, la consapevolezza che solo tornando libera sarei riuscita a liberare anche lei.
Cosa chiedi all’Italia?
Chiedo che venga fatta rientrare una minore italiana, prima che sia veramente troppo tardi, prima che l’Egitto emetta una sentenza nella quale mi venga levata la patria potestà. Chiedo all’Italia anche di aiutarmi economicamente in questa causa legale, perché non ho disponibilità, mio marito ha preso tutto quello che avevo, e in questo momento ho bisogno di un avvocato egiziano che mi rappresenti nell’udienza del 12 di dicembre, altrimenti non potrò più essere legalmente la madre di mia figlia. Sono disposta a fare qualsiasi cosa per lei, anche incatenarmi davanti alla Farnesina e iniziare lo sciopero della fame. Vi prego aiutatemi prima che sia troppo tardi.
#riportiamoaidaacasa
NB: Grazie al filmmaker Alessio Mida per averci concesso l’utilizzo del video dove racconta la storia di Elisa Ferro e della piccola Aida.
**Nella giornata di ieri è stata attivata sulla piattaforma Eppela la raccolta fondi per Elisa Ferro, la somma è destinata a coprire le spese legali dell’avvocato egiziano che seguirà la causa civile il 12 dicembre ad Alessandria d’Egitto**
“Chiedo che venga fatta rientrare una minore italiana, prima che sia veramente troppo tardi, prima che l’Egitto emetta una sentenza nella quale mi venga levata la patria potestà. Chiedo all’Italia anche di aiutarmi economicamente in questa causa legale, perché non ho disponibilità, mio marito ha preso tutto quello che avevo, e in questo momento ho bisogno di un avvocato egiziano che mi rappresenti nell’udienza del 12 di dicembre, altrimenti non potrò più essere legalmente la madre di mia figlia. Sono disposta a fare qualsiasi cosa per lei, anche incatenarmi davanti alla Farnesina e iniziare lo sciopero della fame. Vi prego aiutatemi prima che sia troppo tardi.”
C’è bisogno dell’aiuto di tutti, anche del tuo