Aprendo le pagine del Vecchio Testamento si possono trovare notizie su sui danni provocati dalla carenza di Vitamina C, ed in particolare sugli effetti dello scorbuto, patologia correlata a questa condizione. Poi, nel Medioevo, ci sono evidenti tracce storiche ed antropologiche dello scorbuto. Il quadro colpiva soprattutto le popolazioni del Nord Europa in inverno, stagione in cui non erano disponibili frutta e verdura fresch: i vichinghi chiamavano la malattia “skyrbjugr”.
Quella che fu inizialmente chiamata la “malattia dei marinai” è stata comunque individuata da James Lind, ufficiale medico della Royal Navy, che nel 1747 ha individuato nella mancanza dell’acido ascorbico l’origine del quadro. Sono davvero tanti i segreti nascosti in questa vitamina. E le scoperte si susseguono. Nel 1970 il Nobel per la fisica Linus Pauling ha scritto un libro. Titolo: “La vitamina C e il raffreddore comune”. Più che un semplice volume scientifico, l’opera di Pauling era una sorta di “credo”.
A cosa serve la vitamina C
La vitamina C è particolarmente abbondante negli agrumi e nei pomodori, ma è contenuta in numerosi altri alimenti. Il contenuto di vitamina C diminuisce notevolmente a causa della cottura e del tipo di conservazione (l’acido ascorbico è resistente al calore, ma si perde nei liquidi di cottura e si ossida in presenza di ossigeno).
La vitamina C viene assorbita nell’intestino ed eliminata con le urine. Svolge importanti funzioni in numerose reazioni enzimatiche di ossido-riduzione (reazioni durante le quali avviene la cessione di elettroni – ossidazione – da parte di una o più molecole e contemporaneamente acquisto di elettroni – riduzione – da parte di altre molecole), che utilizzano l’ossigeno. Le proprietà riducenti e la capacità di reagire con i radicali liberi sono alla base delle sue funzioni biologiche.
Per questo la vitamina C è coinvolta in numerosi e importanti sistemi biochimici, come ad esempio la sintesi del collagene, il nostro tessuto di sostegno, che non potrebbe avvenire in presenza di altri riducenti. La vitamina C favorisce l’assorbimento del ferro e previene l’accumulo di istamina (sostanza che controlla le diverse reazioni allergiche) e contribuisce sia alla sua degradazione sia alla sua eliminazione, prevenendo la risposta allergica e/o favorendone la risoluzione.
Infine è fondamentale per il buon funzionamento delle cellule del sistema immunitario ed ha un effetto protettivo sulla mucosa gastrica. È stato infatti riscontrato che in pazienti con gastrite affetti da Helicobacter pylori (microrganismo potenzialmente patogeno del tratto gastroenterico coinvolto nella patogenesi dell’ulcera) i livelli di vitamina C nello stomaco sono, non solo al di sotto della media, ma inversamente proporzionali alla gravità della patologia.
Perché abbiamo sempre bisogno di vitamina C
Spremute, succhi, centrifughe di frutta e verdura. Quando ricerchiamo il benessere, ci affidiamo naturalmente ai cibi ricchi di vitamina C. Il problema è che non servono overdose, visto che se si supera la quota di cui il corpo ha bisogno questa sostanza viene eliminata, né si può contare sulla possibilità di “mettere da parte” la vitamina. Le urine la portano via quando ce n’è a sufficienza.
E allora? Allora bisogna provvedere ad offrirla all’organismo giorno dopo giorno, in una condizione che ci vede molto vicini al pipistrello indiano della frutta e ad alcuni pesci. Come questi animali, infatti, anche noi abbiamo bisogno di rifornirci del composto. Ma allora, come dare all’organismo ciò di cui ha bisogno? Facile, si può pensare. Basta mangiare frutta a volontà. Ma purtroppo non è sempre così.
Se è vero che la vitamina C è contenuta in molti alimenti, in particolare frutta (agrumi, kiwi, fragole, frutti di bosco) e vegetali (peperoni e prezzemolo), è altrettanto provato che non sempre il quantitativo “promesso” dalle tabelle nutrizionali rimane nel piatto e può quindi essere disponibile per il nostro organismo. L’acido ascorbico è infatti estremamente sensibile ad una serie di elementi che, purtroppo, lo alterano. Capita dopo l’esposizione alla luce e la conservazione in frigorifero. Oltre che ovviamente, con la cottura. Qualche esempio per capire meglio. Poche ore di permanenza nei piattini arrivano a dimezzare la vitamina C di una macedonia. Cuocendo a vapore si può perdere anche il 40 per cento della vitamina C presente nella verdura. Con la cottura in acqua la percentuale di vitamina che “rimane nella pentola” arriva anche al 70 per cento.